Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 27 Lunedì calendario

Quel palazzinaro romanista sempre in affari con la politica Del «sor Sergio», come a Roma chiamano il costruttore Sergio Scarpellini (classe 1937), si sono occupati un po’ tutti, dagli inviati dei grandi giornali al Romanista per finire ai segugi di Reporter

Quel palazzinaro romanista sempre in affari con la politica Del «sor Sergio», come a Roma chiamano il costruttore Sergio Scarpellini (classe 1937), si sono occupati un po’ tutti, dagli inviati dei grandi giornali al Romanista per finire ai segugi di Reporter . Lui, titolare di un piccolo impero im­mobiliare, controllato da alcune società finanziarie, non ama trop­po mettersi in mostra. Al contrario vanta un basso profilo piuttosto in­solito nella genìa romanesca. Nei primi anni Novanta la sua società immobiliare navigava in acque dif­ficili (per non dire tempestose). Erano gli anni della crisi del matto­ne. Come già riportato dal nostro giornale (16 giugno 2007), la socie­tà Milano 90, controllata del grup­po Scarpellini, chiuse il peggiore bilancio della sua storia nel ’95 con perdite di oltre 12 miliardi di lire. Tanto che il Banco di Napoli aveva avviato un’istanza di falli­mento nei confronti della capofila Immobilfin srl. È stato forse il pun­to più difficile della carriera del «sor Sergio». Poi le cose cambiaro­no, grazie anche al ritorno in auge del mattone come migliore investi­mento anticrisi. Il punto di svolta è il ’97 con la firma del primo contrat­to di affitto in favore della Camera dei deputati (allora presieduta da Luciano Violante dei Ds). Nelle pa­gine della Casta di Rizzo e Stella un capitolo è dedicato proprio al coup de foudre tra Scarpellini, de­sc­ritto come palazzinaro e proprie­tario di una delle più grandi scude­rie italiane, e Montecitorio. È l’ini­zio di una grande amicizia tra il co­struttore e la politica. Un rapporto forte e intenso, ma trasparente. Un’amicizia capace di vincere an­che le iniziali diffidenze degli ulti­mi arrivati nello scenario politico: i parlamentari della Lega Nord. Scarpellini è infatti un munifico so­stenitore. A 360˚, però. E tutto alla luce del sole, con tanto di ricevute e dichiarazioni pubbliche. Conso­lidato il ménage con la Camera, la liquidità in cassa aumenta e il grup­po Immobilfin può iniziare a fare «shopping». Nel suo portafoglio entrano anche i terreni della Ro­manina e quelli della Monachina (130 ettari) dove dovrebbe sorgere il nuovo stadio della Roma, il cui progetto è stato approvato in ma­niera bipartisan nel settembre del 2009 da Piero Marrazzo (presiden­te della Regione Lazio) e Gianni Alemanno (sindaco di Roma). Insomma, il rapporto con la poli­tica di Scarpellini è schietto e so­prattutto trasparente. Ma non pri­vo di insidie. A cominciare dal già citato contratto per il «Marini 1» che la Camera ha deciso di rescin­dere. Intervistato il 13 ottobre scor­so dal Sole24Ore , l’immobiliarista non si scompone: «Non credo che la Camera scinderà il contratto. E anche se lo facesse, affitteremo quell’immobile ad altri clienti». E sul fatto che i contratti dei quattro immobili siano stati fatti a trattati­va privata, senza evidenza pubbli­ca, Scarpellini tira fuori la comples­sità del servizio fornito. «Il global service chiavi in mano - spiega l’immobiliarista-è parte essenzia­le dell’accordo, con vantaggi per la Camera: confrontando i costi del contratto global service con quelli che la Camera avrebbe so­stenuto aderendo alla convenzio­ne Consip, Montecitorio ha rispar­miato in 12 anni oltre 67 milioni. Per non parlare dei costi che la Ca­mera dovrebbe affrontare se al po­sto dei miei 400 dipendenti con contratto alberghiero utilizzasse suo personale. Un commesso del­la Camera guadagna almeno tre volte di più». Il costruttore ha un solo rimpianto: proprio la politica. Se avesse quindici anni di meno scenderebbe in campo, confessa al cronista del foglio economico. Mentre Dagospia sostiene che il suo ultimo flirt è con la nuova crea­tura di Fini, dandolo come spetta­tore attento durante la convention di Futuro e libertà di Bastia Umbra del 7 novembre scorso.