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 2010  dicembre 24 Venerdì calendario

Il «derby» col pandoro dura da cento anni - Panettone o pandoro? Tra­dizione o innovazione? Canditi e uvetta o niente? Sono gli eter­ni, grandi dilemmi che tornano attuali a ogni Natale, anche se i produttori artigianali oggi cer­cano, un po’ come l’industria del gelato, di destagionalizzare i consumi dei dolci natalizi con proposte di piatti dalle note più morbide, validi anche nei mesi caldi

Il «derby» col pandoro dura da cento anni - Panettone o pandoro? Tra­dizione o innovazione? Canditi e uvetta o niente? Sono gli eter­ni, grandi dilemmi che tornano attuali a ogni Natale, anche se i produttori artigianali oggi cer­cano, un po’ come l’industria del gelato, di destagionalizzare i consumi dei dolci natalizi con proposte di piatti dalle note più morbide, validi anche nei mesi caldi. Però questo appartiene a una nicchia estrema dei consu­mi anc­he perché alla grande di­stribuzione, che usa panettone e pandoro come prodotti civet­ta a dicembre, non interessa cu­rare il mercato negli altri mesi. Tradizione e innovazione perché il panettone affonda le sue radici, come ben ricostrui­sce Stanislao Porzio nel libro Il panettone , sottotitolo «storia, leggende e segreti di un prota­gonista del Natale », Guido Tom­masi Editore , nelle liturgia cri­stiane, ai tre pani di sola farina preparati secoli e secoli fa per Natale anche alla corte degli Sforza, pani che nel tempo si sa­rebbero arricchiti di burro, uo­va, zucchero e uva passa. Ma siamo già verso la metà dell’Ot­tocento quando Francesco Cherubini, nel suo dizionario milanese-italiano, parla di «Pa­nattón o Panatton de Natal». Nel Cherubini, siamo nel 1839, mancano lievito e canditi. Nien­te lievito niente altezza: il panet­tone nacque basso e tale rima­se a lungo. Però è anche vero che il Luraschi, già nel 1853, an­nota una ricetta con «once quat­tordici di lievito di semola». Il panettone comincia a innalzar­si e a discostarsi dalle focacce dolci. Oggi la grande disputa è tutta attorno a canditi e uvetta. I buongustai evitano i prodotti farciti con creme, tollerano in­vece quelli con la frutta. Di cer­to, se si tolgono quei tocchetti non abbiamo affatto un pando­ro, perfetto esempio di innova­zione perché figlio del genio del veronese Domenico Mele­gatti che lo propose per la pri­ma volta nel 1894. I due cugini vantano gli stessi ingredienti di base, ma il pandoro è più ricco di burro e di uova, ed è lievitato più a lungo, non foss’altro che nasce da un dolce chiamato «le­và », in origine solo di farina, lat­te e lievito. Oggi vi sono pastic­cieri che, pensando a chi dete­sta uvetta e canditi, propongo­no un panettone «pulito». Per Iginio Massari, massimo interprete del panettone nella sua Pasticceria Veneta a Bre­scia tanto da avergli dedicato un sito per la vendita in inter­net, il panettone o ha canditi e uvette o non è panettone, come togliere lo zafferano al risotto al­la milanese o l’aglio al pesto. Pe­rò poi chi ha bottega deve an­che far quadrare i conti ascol­tando i desideri dei clienti, e al­lora ecco le cento varianti del panettone (con il pandoro si gioca molto meno, probabil­mente perché è più facile sosti­tuire o levare che aggiungere a chi non prevede arricchimen­ti) come il pesto senza aglio del resto. È l’innovazione.