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 2010  dicembre 28 Martedì calendario

LA TORTURA CINESE DELLA BANCA DEL POPOLO


Nei grandi alberghi di Pechino, Hong Kong e Shanghai nei giorni di Natale risuonano ossessive le musichette occidentalì per un festa che in Cina non è prevista. E una conferma è arrivata dalla Banca del popolo cinese, la Banca centrale, che il 25 dicembre a mercati sigillati in tutto il mondo ha di nuovo operato una stretta sui tassi di interesse. E ieri, alla riapertura dopo le festività, i mercati borsistici di tutto il mondo hanno reagito negativamente con perdite diffuse.
La manovra della Banca centrale non è stata enonne visto che si è limitata a un aumento di 25 punti base (lo 0,25%) sia dei tassi sui prestiti (che è stato portato al 5,81%) che quello sui depositi (al 2,75%). Si tratta, tuttavia, del secondo rialzo in poco più di due mesi e, soprattutto, è la conferma di quanto annunciato (un paio di settimane fa) dal comitato politico del partito comunista secondo il quale il 2011 sarà caratterizzato da una politica monetaria «prudente» rispetto a quella «moderatamente accomodante» adottata fin qui.
L’ultimo rialzo dei tassi deciso a Natale va anche letto alla luce dei continui aumenti (sei in totale) della riserva obbligatoria imposta alle banche (con una percentuale che per alcune banche arriva al 19% dei depositi) con i quali si cerca di frenare la creazione di nuova liquidità.
La politica monetaria meno espansiva è stata decisa per cercare di bloccare un paio di emergenze. La prima è l’inflazione che a novembre è salita al tasso del 5,1%, il livello più alto degli ultimi 28 mesi. Per il 2010 nel complesso si attende un aumento dei prezzi al consumo del 3,3%, ma con una forte tendenza al rialzo negli ultimi mesi. Il che lascia presumere che nel 2011 l’inflazione potrebbe crescere ulteriormente. E questo preoccupa lo stesso leader Wen Jiabao che teme l’inflazione sia dal punto di vista economico, ma soprattutto per gli aspetti sociali, visto il basso livello dei salari.
Preoccupazione sociale che è fortemente avvertita anche per gli immobili. In Cina, in particolare nelle grandi città, si sta gonfiando una bolla immobiliare alimentata dalle massicce iniezioni di liquidità con le quali Pechino ha cercato (riuscendovi) di contrastare la crisi economica globale. Il prezzo della case sta crescendo troppo e questo rischia di scatenare reazioni sociali, ma anche rivendicazioni salariali incontrollate da parte di lavoratori non più in grado di pagare gli affitti o di acquistare una abitazione. Insomma, in Cina, si stanno avvertendo le stesse deformazioni dei paesi più avanzati, con il problema che la Cina è ancora un paese con forti squilibri e la necessità di un controllo rigido della politica dei redditi.
L’aumento dei tassi cinesi dovrebbe portare a una rivalutazione dello yuan e dovrebbe servire a frenare l’inflazione. Lo sostengono molti analisti, che prevedono per il 2011 un forte aumento del renminbi nei confronti del dollaro. Lo yuan, secondo alcuni osservatori, si apprezzerà il prossimo anno di circa il 6%, attestandosi a 6,25 yuan per dollaro alla fine del 2011. Nel 2007-2008, quando la Cina combatteva per contenere l’inflazione, lo yuan è stato lasciato apprezzare del 7% in sei mesi. Ora le pressioni inflazionistiche sono inferiori e l’apprezzamento sarà più limitato. «Il governo sembra aver inviato il segnale di voler utilizzare sia i tassi di interesse sia i tassi di cambio per combattere l’inflazione», spiegano alcuni analisti. Il presidente cinese Hu Jintao si recherà a Washington il prossimo 19 gennaio, dove incontrerà il presidente americano Barack Obama. All’ordine del giorno dell’incontro potrebbero esserci i tassi di cambio, con gli Stati Uniti che hanno più volte attaccato la Cina per una moneta sottovalutata. Da ricordare che Pechino è il maggiore creditore estero americano e detiene circa 900 miliardi di bond statunitensi.
Il rialzo dei tassi ha condizionato l’andamento delle borse. Quelle cinesi in primo luogo: chiusa Hong Kong per festività, sono state Shanghai e Shenzhen a far registrare pesanti cali. Il «composite» della borsa di Shanghai ha chiuso con una perdita del1’1,9%. In negativo anche le borse europee (Piazzaffari -1,25%) e le borse Usa che a un paio di ore dalla chiusura registravano, però, perdite più contenute.