Lorenzo Salvia, Corriere della Sera 24/12/2010, 24 dicembre 2010
RETTORI A TEMPO E ADDIO AI BANDI. PASSA LA RIFORMA DELL’UNIVERSITA’ —
Una nuova riforma dell’Università dodici anni dopo quella firmata da Luigi Berlinguer. Nel mezzo c’è stata quella di Letizia Moratti, rimasta in gran parte lettera morta perché la legislatura era agli sgoccioli e non ci fu tempo per scrivere i decreti attuativi. Anche la riforma Gelmini ha bisogno di numerosi decreti, più di quaranta. Il ministero ha un anno di tempo per emanarli, mentre le università hanno sei mesi per modificare gli statuti. Nell’immediato, insomma, non cambia nulla. Anzi, le università restano in attesa dei soldi per il 2010, che a pochi giorni dalla fine dell’anno non sono stati ancora assegnati. E sanno che l’anno prossimo ce ne saranno di meno, visto che il miliardo previsto dalla legge di stabilità ha solo ridotto ma non eliminato il taglio fissato per il 2011 dalle passate finanziarie. Ricercatori Oggi il ricercatore è di fatto un professore sottopagato con un contratto a tempo indeterminato. Con la riforma il ricercatore entrerà con un contratto a termine, che tra rinnovi e proroghe può arrivare fino ad otto anni. Al termine di questo periodo o riesce a salire di grado, e diventare professore associato, oppure lascia l’università accontentandosi di qualche titolo in più per i concorsi pubblici. Molto dipenderà da quanti soldi ci saranno nei prossimi anni. Se saranno sufficienti, il sistema potrebbe eliminare lo sfruttamento dei ricercatori, altrimenti non farà altro che aumentare il precariato. I vecchi ricercatori a tempo indeterminato, invece, sono ad esaurimento, cioè non saranno rimpiazzati mano a mano che andranno in pensione. Per venire incontro alle loro proteste, nei prossimi tre anni ci saranno concorsi per 4.500 posti da professore associato. E loro sono tra i probabili vincitori. Concorsi Non ci saranno più i concorsi locali banditi dalle singole università, che spesso hanno fatto discutere per la loro correttezza. Per ogni materia ci sarà una commissione nazionale di professori ordinari che, scelti per sorteggio, giudicherà titoli e pubblicazioni dei candidati. Chi supera la prova non sale in cattedra ma entra nell’abilitazione nazionale, una listone di idonei che resta valida per quattro anni. Da questa lista le singole università potranno chiamare chi vorranno. I concorsi locali non ci sono più ma il rischio del localismo c’è ancora. Secondo molti osservatori si tratta di un passo intermedio verso quello successivo: la possibilità che le università chiamino chi vogliono. Parentopoli Dalla lista nazionale le università non possono chiamare parenti di chi già lavora nell’ateneo. Nata da una proposta dell’Italia dei valori, l’incompatibilità arriva fino al quarto grado, i cugini. Riguarda tutti i professori per le assunzioni nello stesso dipartimento, mentre nell’intera università il limite si applica solo a rettore, direttore generale e componenti del consiglio d’amministrazione. Rettori e cda Aumentano i poteri del rettore che però potrà restare in carica al massimo per sei anni. Il senato accademico, composto da soli docenti, diventa meno importante del consiglio d’amministrazione che potrà decidere, ad esempio, quali corsi aprire e quali chiudere. Nel cda devono esserci anche componenti esterni, almeno tre su undici, di «comprovata esperienza in campo gestionale» . Chi critica la riforma parla di privatizzazione degli atenei, chi la difende di apertura al mondo del lavoro. A prescindere dalla legge, già adesso diverse università hanno scelto liberamente di avere degli esterni nel loro cda. Borse di studio La legge prevede un fondo per il merito, cioè borse di studio assegnate per concorso ai più bravi a prescindere dal livello del reddito. Chi vuole accedere a questo sussidio dovrà essere valutato con un test nazionale. Anche qui, però, c’è un problema di soldi: le legge non prevede uno stanziamento ad hoc per il fondo che dovrà essere finanziato a parte. Mentre i fondi delle borse di studio riservate a chi è a basso reddito, previsti nella legge di stabilità, sono stati ridotti. Stipendi Lo stipendio può crescere con gli scatti di merito, voluti dai finiani. A decidere quali professori premiare saranno nuclei di valutazione composti da professori interni ed esterni, che giudicheranno il loro lavoro di ricerca, mentre gli studenti potranno giudicarli per l’insegnamento. Il meccanismo degli scatti d’anzianità, come per buona parte dei dipendenti pubblici, è stato cancellato fino al 2013. Taglio delle sedi All’interno di un singolo ateneo non ci potranno essere più di dodici facoltà. Diminuiranno anche i cosiddetti settori scientifico disciplinari, dagli attuali 370 fino alla metà. Facendo marcia indietro rispetto alla totale autonomia degli ultimi anni, le università vengono spinte a chiudere le sedi periferiche e anche a fondersi tra loro. Una razionalizzazione che dovrebbe servire a recuperare soldi che dovrebbero restare sempre alle università. Meno prof a contratto I contratti a titolo gratuito non potranno superare il 5%dei docenti e ricercatori di ruolo in servizio nell’ateneo. Quella dei contratti a costo zero è una pratica molto diffusa per coprire buchi in organico, richiamando in servizio chi è già andato in pensione oppure facendo salire in cattedra i ricercatori che per legge non dovrebbero insegnare.
Lorenzo Salvia