Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 24/12/2010, 24 dicembre 2010
INDONESIA, FILIPPINE COREA È LA CORSA DEI NUOVI BRIC
Un tempo c’erano i Bric. Erano i quattro paesi inseguitori delle economie ricche. Ancora oggi se ne parla, ma la "r", la Russia, ha perso il suo appeal: la sua politica ha fallito e la sua economia non è decollata.
Di quel gruppo, solo Brasile, India e Cina stanno mantenendo le loro promesse. Anche se non è chiaro fino a quando il loro modello di economia - un capitalismo di stato o elitario, oligarchico - potrà reggere la sfida dell’innovazione. La ricerca in Cina, la più avanzata, oggi punta solo a reinventare le tecnologie occidentali, solo per non pagare le royalties... Non è una ricetta molto promettente (anche se segnala quanto possano essere dannosi i brevetti)..
E dopo, chi verrà? Chi prenderà il posto della Russia? L’Indonesia forse, che già a metà decennio appariva - agli economisti più avvertiti - l’outsider che avrebbe stupito: geopoliticamente importante (e quindi coccolato dagli Usa), ricco di risorse naturali, sia pure mal gestite, con una minoranza cinese intraprendente (e odiata), il paese ha molte chance di emergere e persino di surclassare India e Brasile. Anche se la corruzione endemica, le cattive interferenze governative e le tensioni etniche e religiose fanno da freno. Nell’area, però, anche le Filippine meritano qualche attenzione in più: paese occidentalizzato, ex colonia degli Usa, con una popolazione abbastanza istruita, e in inglese...
Attenti però a fare troppe previsioni. Chi aveva puntato su questi due paesi era la Goldman Sachs che, dopo aver individuato per prima i quattro Bric, aveva anche proposto "i successivi undici", tra i quali la Corea del Sud - ormai frenata solo dai rischi di guerra con il Nord -, la Turchia dal lungo miracolo economico, il Messico alla continua ricerca di una sua indipendenza dal ciclo economico statunitense e i due paesi asiatici, affiancati dal rinato Vietnam. Di questi paesi si parlerà sempre di più, nel 2011. Sono solo sei, però, della lista originaria. Gli altri cinque non appaiono più così promettenti: se il Bangladesh ha deluso subito, il feudale Pakistan ha fatto tanti passi indietro, mentre l’Iran resta sempre, ancora una volta per motivi politici, ai margini. Non ha ancora trovato pace la Nigeria, che pure - con i paesi africani del Golfo di Guinea - siede su un tesoro di oro nero. Un occhio, forse, merita l’Egitto insieme al "grande assente", il Sud Africa.
Non è escluso, allora, che qualche paese della Nuova frontiera - il gruppetto subito alle spalle - possa fare il salto. Uno di questi, la Romania, era pronta nel 2007 a lanciarsi all’inseguimento dell’Italia, ma la crisi l’ha fermata... I candidati, a questo punto, diventano però troppi. La lista più affidabile - perché legata ai mercati - è elaborata da Morgan Stanley e contempla per esempio i ricchi stati del Golfo Persico, microstati di successo come Mauritius e l’Estonia, ormai quasi "promossi", vecchie glorie come l’Argentina - all’inizio del 900 era la settima potenza economica - lo Sri Lanka, che riusciva a crescere a ritmi del 6% persino durante la guerra civile, paesi che si considerano europei e non più africani come la Tunisia, insieme però ai casi dubbi di Serbia, Kazakhstan, Ucraina. Se proprio si vuole apparire originali, meglio puntare alle scelte di qualche anno fa della Hsbc: oltre a Mauritius, anche Nepal, Mongolia e Fiji. Prima o poi - anche se forse non proprio nel 2011 - faranno parlare di sé.