Luca Tremolada, Il Sole 24 Ore 24/12/2010, 24 dicembre 2010
IL WEB AVANZA IN ORDINE SPARSO
Una famiglia italiana su due naviga su internet. L’indagine dell’Istat su "Cittadini e nuove tecnologie" condotta a inizio 2010 infrange una importante barriera psicologica. A quindici anni dalla nascita del Web la rete finalmente entra nelle case della maggioranza degli italiani e più precisamente nel 52,4% delle famiglie. Un traguardo emblematico se pensiamo che solo dieci anni fa gli internauti, come allora venivano chiamati, erano poco più di dieci milioni. Eppure, la crescita appare ancora troppo lenta e resta alto il divario con gli altri paesi europei. Nelle classifiche elaborate dall’Istat il confronto con le altre democrazie appare impietoso. Sopratutto se si guarda alla qualità delle connessioni. In termini di banda larga continuiamo a restare sotto la media europa (49% contro 61%) classificandoci al 22esimo posto. In pratica peggio di noi solo solo Grecia, Bulgaria, Romania. Il che non vuol dire che tutto è fermo. Anzi, rispetto al 2009 il nostro paese ha registrato un incremento dell’accesso ad internet dell’11,3% e della connessione a banda larga del 25,6 per cento. Ma evidentemente questi progressi non riescono a colmare il gap con paesi che sono partiti prima con l’internet veloce e che hanno una cultura e dotazione tecnologica più ricche delle nostre.
Sotto questo aspetto, sono altri i numeri interessanti contenuti nel rapporto. Come ad esempio l’ingresso sempre più massiccio di tecnologia nelle nostre case. Il pc è un «oggetto» che è entrato in sei famiglie su dieci, le console raggiungono il 21% mentre per televisori e cellulari si confermano percentuali bulgare (rispettivamente il 95% e l’85 per cento). Molti di questi gadget oggi consentono l’accesso alla rete. Il che potrebbe stimolare ulteriormente la domanda di internet e magari indurre osservatori e centri di ricerca a concentrarsi sui comportamenti degli internet users.
Qualche indicazione significativa è già contenuta tra le pagine del rapporto Istat diffuso ieri. «Il 45% degli utenti di internet – si legge nello studio – utilizza siti di social networking, il 36,7% inserisce messaggi in chat, blog, newsgroup o forum di discussione online e il 26,8% utilizza i servizi di instant messaging». In sostanza, il web viene usato molto per comunicare: reti sociali come Facebook, Twitter e Myspace cominciano anche in Italia a diventare rilevanti. Altre attività che descrivono il "consumo" di web sono legate all’informazione e ai servizi. Ad esempio, interessanti le percentuali di chi accede al web per informarsi sui viaggi (45,1%), per leggere o scaricare giornali, news, riviste (44%) o giocare (41,2%). Meno diffuso – sottolinea il rapporto – l’ascolto della radio e la visione di programmi televisivi sul web (31,3%) e l’uso di servizi bancari via internet (30,2%).
In ogni caso per interpretare questi numeri occorre partire dal dato anagrafico. «Tra le famiglie si osserva un forte divario tecnologico da ricondurre a fattori di tipo generazionale, culturale ed economico», recita lo studio. Ad esempio, le famiglie con almeno un minorenne possiedono il personal computer e l’accesso ad internet rispettivamente nell’82% e nel 75% dei casi e vantano il più alto tasso di banda larga (63%). In sostanza, gli adolescenti si confermano portatori "sani" di tecnologia. Sotto il profilo territoriale, inoltre, l’Italia di internet si conferma divisa tra nord e sud sia in termini di beni tecnologici e che di connessioni. In particolare, il 46% di connessioni a banda larga al nord si confrontano con il 37% del sud, quasi dieci punti di differenza. Parallelamente, si accorcia (ma di poco) la distanza tra poveri e ricchi in termini di accesso. Nell’ultimo anno le famiglie degli operai connesse (59%) sono aumentate più velocemente di quelle dei dirigenti (84%). Certamente, sono tutti dati da analizzare con attenzione anche alla luce di due fenomeni che sfuggono spesso alle statistiche. La percentuale degli italiani possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo e la bassa digital litteracy. Come ha spiegato Laura Sartori, sociologa all’università di Bologna: «Anche una volta che hai portato internet nelle case occorre mettere tutti nelle condizioni di usarlo». Detto in altri termini il problema non è solo l’accesso ma anche la comprensione. Da qui il pericolo, avvertito anche in Europa, di andare incontro a forme di disuguaglianza digitale. In sostanza, un forma nuova ma ugualmente grave di digital divide.