Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 24/12/2010, 24 dicembre 2010
UNA, NESSUNA E CENTOMILA ECONOMIE AMERICANE
Fragile o incoraggiante? La crescita Usa ha suscitato interpretazioni opposte sui due grandi giornali economici in lingua inglese. «La lenta crescita Usa rivela fragilità», ha titolato il Financial Times (Ft); «La crescita Usa mostra segni di accelerazione», ha sottolineato il Wall Street Journal (Wsj).
Qualcosa non va, si dirà. Non è così. Nessuno sta imbrogliando, nessuno manipola i dati. La contraddizione è facile da spiegarsi: la divergenza non è sui fatti. I due giornali hanno avanzato analisi, su basi esplicite, che entro un mese potranno trovare una conferma oppure una smentita. Il resto è contorno.
Il pretesto - la notizia, in gergo giornalistico - è stata la pubblicazione, mercoledì, della terza versione dei dati sulla crescita del terzo trimestre. Cose importanti, ma relative al passato: il quarto trimestre ormai è vicino alla fine e dicembre, si sa, è molto importante per i consumi. Il Wall Street Journal ha puntato proprio sul Natale. Nella scorsa estate - a quel periodo si riferiscono le statistiche di mercoledì... - l’economia Usa è cresciuta del 2,6% (annualizzato: corrisponde a uno 0,6% trimestrale, appena più dello 0,5% irlandese e dello 0,4% di Eurolandia) e non del 2,5% come era stato annunciato un mese fa. È inoltre in accelerazione rispetto all’1,7% della primavera. Potrebbe diventare ancora più veloce?
Qui il Wsj fa scattare la sua previsione: i dati, spiega il giornalista, dicono di sì. Le aziende spendono e stanno riempendo i magazzini, segno che prevedono una buona domanda, scrive il Wsj che non nasconde il fatto che i dati estivi abbiano un po’ deluso proprio sul fronte delle spese dei consumatori, più lente rispetto a quanto calcolato in un primo momento (+2,4%, e non il +2,8%). Poco importa: la stagione natalizia promette un balzo degli acquisti, che potrebbe rivelarsi duraturo «grazie in parte all’ampio pacchetto di tagli fiscali federali».
È l’anima repubblicana del Wsj a emergere in questa frase? Forse sì, forse no: e in fondo non è così importante. Il ragionamento fila e un sondaggio tra otto analisti indica per il quarto trimestre - spiega l’articolo - una crescita del Pil del 3,5 per cento.
Come fa allora il Financial Times a giungere a conclusioni opposte? Semplice: sottolineando la debolezza del settore immobiliare. «Il mercato delle case è ancora estremamente debole, malgrado prospettive in stabile miglioramento. C’è un’enorme quantità di case invendute e circa un terzo delle case esistenti sono vendute sotto qualche forma di stress finanziario, o per pignoramenti o a un valore inferiore a quanto dovuto alla banca», si può leggere: sull’ottimista Wall Street Journal, però, che non nasconde nulla ai suoi lettori.
È su questa debolezza, riconosciuta anche dal concorrente, che l’Ft basa la sua analisi. Anche in questo caso il ragionamento fila: l’analisi empirica mostra - ma l’Ft non lo ricorda - che i consumi, e soprattutto quelli Usa, dipendono dalla ricchezza delle famiglie, e quindi dal valore delle case, in misura superiore a quanto si pensi. L’articolo si dilunga molto sulle difficoltà a rifinanziare i mutui, ora che i tassi a 30 anni superano il 5%: un livello insostenibile per la metà dei debitori. L’Ft può aggiungere allora che gli analisti avevano previsto, per il terzo trimestre, un robusto +3%, ben lontano dal 2,5% emerso mercoledì, e riferisce l’opinione di Richard Berner, economista di Morgan Stanley: senza nuovi interventi statali sui mutui, il mercato resterà intrappolato in un «circolo vizioso».
Nessuno dei due giornali nasconde i numeri sul mercato immobiliare, che in altri paesi sarebbero diventati un bollettino di vittoria: un aumento del 5,6% mensile, a novembre, delle vendite di case esistenti - il 90% del mercato - che restano però, secondo l’Ft, a livelli ben lontani (-28%), da quelli di un anno prima. Divergente solo l’andamento dei prezzi: il Wsj sceglie quello medio (+0,4% annuo), l’Ft ricorre all’indice Fhfa (-3,4%).
A due brevi articoli non si può chiedere di più. Chi ha ragione? Si capirà a fine gennaio, quando il Pil del quarto trimestre potrà confutare una delle due analisi e aprire nuove interpretazioni. È così che le cose funzionano. La giornata di ieri, intanto, ha dato un punto al Wsj: i consumi di novembre sono saliti dello 0,4% mensile, contro l’atteso 0,3%, e l’incremento è compatibile con una crescita del 3,5 per cento. Poi si vedrà.