Gianni Trovati, 24/12/2010, 24 dicembre 2010
SERVONO 47 INTERVENTI PER ATTUARE IL RIORDINO
Addio immediato al riconoscimento automatico dei crediti per chi vuole «laureare» la propria esperienza professionale, stop al reclutamento dei parenti (con l’eccezione segnalata qui a fianco) e avvio delle commissioni disciplinari interne agli atenei. Sono le principali regole che debutteranno davvero insieme con la riforma dell’università approvata ieri in via definitiva dal Senato: per tutto il resto, dalla valorizzazione della qualità agli stipendi meritocratici ai professori, dai fondi per il merito degli studenti alla contabilità aziendale, c’è da aspettare.
Tra deleghe al governo, rinvii a decreti ministeriali e provvedimenti vari, le caselle della riforma sono quasi tutte da riempire; un censimento curato da Roberto Zaccaria, ex presidente Rai e deputato del Pd, conta 47 provvedimenti attuativi, ma all’appello possono essere aggiunte le riforme dello statuto che ogni università dovrà approvare entro fine giugno (sei mesi dall’entrata in vigore della riforma) per introdurre rettori a tempo, consigli di amministrazione aperti agli esterni e direttore generale. «Entro sei mesi faremo tutti i provvedimenti attuativi», ha garantito ieri il ministro dell’Università Mariastella Gelmini, ma per centrare l’obiettivo dovranno collaborare attivamente anche il resto del governo e le commissioni parlamentari (per l’attuazione della delega), il ministero dell’Economia (protagonista in molti provvedimenti), quello della Salute e gli altri ministeri chiamati a fare la loro parte. Una drastica accelerata dovrà riguardare anche l’Anvur, l’agenzia di valutazione, che sta scaldando ora i motori e sarà chiamata a fissare i parametri per le varie svolte «meritocratiche» declinate dalla riforma su distribuzione dei fondi, valutazione dei docenti e incentivi agli studenti.
Non servono decreti attuativi per aumentare i premi del fondo di finanziamento ordinario alle università più efficienti, ma qui il problema è un altro: la discussione sui criteri con cui assegnare gli incentivi si è incagliata quest’estate (il problema è soprattutto sulla ricerca, ferma a valutazioni del 2001/2003), con il risultato che gli atenei aspettano ancora la quota del 2010.
Per la nuova governance degli atenei, incentrata sulla divisione dei compiti fra senato accademico e consiglio di amministrazione e guidata dai «rettori a termine», bisognerà aspettare che le università riscrivano i propri statuti. Chi non ce la fa avrà un tempo supplementare di tre mesi, scaduti i quali dovrà affidarsi a una commissione di tre componenti, nominati dal ministero, che scriverà le modifiche statutarie.
I provvedimenti ministeriali diventano invece essenziali per due pilastri della riforma, l’abilitazione nazionale indispensabile ai futuri docenti e i parametri di giudizio sui docenti per distinguere i meritevoli da premiare e gli inattivi da punire. Entro 90 giorni, una serie di decreti concertati fra Istruzione, Economia e Pubblica amministrazione dovranno definire le procedure, mentre sono 60 i giorni di tempo per ridisegnare la geografia frastagliata dei settori disciplinari in cui sono divisi i concorsi.
Per ritoccare gli stipendi ci sono sei mesi di tempo e l’obiettivo è duplice. Prima di tutto bisogna decidere chi sottrarre al blocco triennale degli aumenti fissato dalla manovra estiva e poi bisogna disegnare le modalità per gli aumenti meritocratici ai professori del futuro. Il governo avrà invece un anno per attuare la delega contenuta nell’articolo 5, che lo incarica di trovare il modo di valorizzare l’efficienza e la qualità degli atenei, riscrivere le regole contabili sul modello aziendale e fissare i livelli essenziali delle prestazioni e del diritto allo studio. • Il confronto fra vecchio e nuovo
G Com’era
Fino a oggi le regole per disciplinare i mandati dei rettori sono state affidate alle singole università. In genere, gli statuti degli atenei prevedono un tetto ai mandati, ma anche una serie di deroghe che permettono di dribblare il limite: una formula usata spesso, per esempio, è di prevedere un solo mandato, ma concedere i rinnovi a chi ottiene la maggioranza assoluta oppure i due terzi dei voti nelle elezioni successive
A Come sarà
I nuovi statuti dovranno prevedere un mandato unico, della durata di sei anni. Il testo finale propone dunque una formula più rigida rispetto alle ipotesi iniziali (due mandati di quattro anni ciascuno) e non permette deroghe locali. Il tetto di sei anni si applica anche ai rettori attuali: chi ha già raggiunto il limite dovrà lasciare entro l’anno successivo alla riscrittura degli statuti, gli altri potranno rimanere in carica fino al raggiungimento dei sei anni
G Com’era
Oggi i ricercatori a tempo indeterminato sono uno dei tre ruoli in cui sono divisi i docenti universitari. Le regole per il loro reclutamento seguono quelle previste per gli altri ruoli. Accanto a loro, lavorano nelle università anche i ricercatori a tempo determinato, introdotti dalla legge Moratti del 2005. La disciplina della legge Moratti, pero, non è mai stata completata con tutte le previsioni attuative
A Come sarà
Abolito il ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato. I nuovi ricercatori avranno contratti triennali (al massimo due, il primo dei quali prorogabile per due anni), in cui sono specificati anche gli obblighi per la didattica. Al contratto si accede tramite selezione su titoli e pubblicazioni. Chi ottiene l’abilitazione da associato viene valutato dall’università, che in caso di giudizio positivo è tenuta ad accantonare le risorse per l’assunzione
GCom’era
Il fondo di finanziamento ordinario, istituito dal 1994, è composto da una quota largamente prevalente, distribuita in base alle dimensioni dell’ateneo, e da una piccola quota «di riequilibrio» per attenuare il sottofinanziamento di alcuni atenei. Dal 2008, 550 milioni (il 7% del fondo) sono distribuiti in modo «meritocratico», in base alle performance ottenute dagli atenei in ricerca e didattica.
La quota 2010 non è ancora stata assegnata
ACome sarà
La riforma prosegue nella direzione introdotta nel 2008 e prevede che la quota «meritocratica» debba crescere di una misura compresa fra lo 0,5% e il 2% ogni anno. Nell’assegnazione degli incentivi bisognerà tenere conto anche del numero e del valore dei progetti di ricerca nazionali e internazionali messi in campo dagli atenei. La misurazione della ricerca, finora ancorata ai giudizi del 2001/2003, è la parte più problematica
G Com’era
Dopo l’avvio delle iniziative per «laureare l’esperienza», valorizzando nel curriculum le esperienze extra-universitarie, una prima limitazione è stata introdotta nel 2006. In questo sistema, in vigore ancora oggi, si prevede la possibilità di riconoscere in automatico fino a 60 crediti a chi si iscrive all’università e proviene da determinate categorie professionali. Il riconoscimento è regolato spesso da convenzioni fra atenei e professionisti
A Come sarà
Per evitare abusi e riconoscimenti «automatici» di crediti in grado di accorciare drasticamente il percorso verso la laurea, la riforma prevede che le università non possano riconoscere più di 12 crediti ai nuovi iscritti. Il riconoscimento deve seguire a una valutazione individuale. Per il resto, il sistema dei crediti rimane quello attuale, e prevede 180 crediti per la laurea triennale e 120 per quella magistrale
G Competenza disciplinare
Oggi la competenza disciplinare sui professori universitari è affidata al loro organo di autogoverno, il consiglio universitario nazionale (Cun). All’interno del Cun è istituito un collegio di disciplina, composto da tre ordinari, un associato e un ricercatore. L’azione disciplinare spetta al rettore, che al termine del procedimento irroga la sanzione sulla base del parere conforme del collegio di disciplina
A Come sarà
Con la riforma l’azione disciplinare si sposta all’interno delle università, che dovranno costituire un collegio di disciplina composto esclusivamente da docenti a tempo pieno. Al termine del procedimento, la sanzione è inflitta dal consiglio di amministrazione, sulla base del parere del collegio. Le fattispecie e le sanzioni continuano a essere quelle previste dal testo unico dell’istruzione superiore (Rd 1592/1933)
G Com’era
La disciplina attuale affidava alle singole università il compito di bandire i concorsi per il reclutamento di professori e ricercatori. Negli ultimi anni è stato inserito un sistema di «quote», che imporrebbe di dedicare il 60% delle risorse al reclutamento di ricercatori, e di non offrire più del 10% agli aspiranti ordinari. In molti atenei i concorsi già banditi non hanno rispettato le quote (introdotte successivamente), di fatto bloccando la macchina del reclutamento
A Come sarà
Per arrivare alla cattedra in uno dei due ruoli della nuova università (ordinari e associati) occorrerà passare dall’abilitazione nazionale, che sarà bandita ogni anno e avrà durata quadriennale. L’abilitazione si baserà prima di tutto sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche dei candidati. Chi ottiene l’abilitazione può aspirare alle chiamate (sempre con procedure selettive) nei vari atenei
GCom’era
Fino al 2008 ricercatori a tempo indeterminato e professori godevano di uno scatto biennale automatico. A fine 2008 si è prevista una valutazione, basata sull’anagrafe dei docenti che avrebbe dovuto individuare i professori «inattivi» da sanzionare. L’anagrafe non è però mai partita. La manovra correttiva ha bloccato per tre anni tutti gli scatti, con effetti più pesanti su ricercatori e docenti più giovani
ACome sarà
Gli scatti diventano triennali e sono concessi a chi ottiene una valutazione positiva sulla relazione della propria attività, da presentare ogni tre anni. I risparmi ottenuti dai mancati scatti per chi non riceve il giudizio positivo confluiscono in un fondo per la premialità dei professori e dei ricercatori migliori. La riforma prevede anche un superamento selettivo del blocco triennale agli aumenti disposto dalla manovra estiva
GCom’era
Nel sistema attuale gli atenei vedono una distribuzione dei poteri che accentua il ruolo del senato accademico rispetto a quello del consiglio di amministrazione.
I bilanci seguono il criterio
della contabilità finanziaria, che caratterizza tutta la pubblica amministrazione. La contabilità finanziaria si basa sugli accertamenti di cassa.
La gestione economica
è affidata al direttore amministrativo
ACome sarà
La riforma prevede una separazione piuttosto rigida fra i compiti del senato accademico (gestione della didattica e della ricerca) e quella del consiglio di amministrazione (sostenibilità finanziaria delle iniziative, programmazione triennale, bilanci preventivi e consuntivi). Si prevede anche l’introduzione della contabilità economica, mutuata dal modello privato, e l’introduzione del direttore generale, con compiti più forti rispetto all’attuale direttore amministrativo
G Com’era
I fondi e la gestione delle iniziative per il diritto allo studio sono di competenza regionale; i finanziamenti locali sono affiancati da una quota nazionale, che negli anni è andata riducendosi. I criteri per il riconoscimento delle borse di studio sono omogenei, ma non i livelli di finanziamento, con il risultato che in alcune regioni (in particolar modo, nel Centro-Sud) una quota importante di studenti è riconosciuta «idonea» ma non riceve la borsa
A Come sarà
La riforma assegna una delega al governo per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) delle università e per rimuovere gli ostacoli nel riconoscimento effettivo delle varie forme di diritto allo studio. Previsto anche un «fondo per il merito», che dovrà erogare premi, buoni studio e finanziamenti agevolati ai migliori. Per essere operativo, però, il fondo avrà bisogno dei decreti attuativi e degli stanziamenti
GCom’era
Agli atenei non statali è riconosciuto un contributo statale, in base alla presentazione dei bilanci preventivi e consuntivi e di una relazione sulla struttura e sul funzionamento dell’università. I fondi statali coprono circa il 10% dei bilanci degli atenei e negli ultimi anni si sono aggirati intorno a una media di poco superiore ai 100 milioni all’anno (il fondo ordinario per le statali è intorno ai 7 miliardi)
ACome sarà
La riforma intende introdurre anche nel finanziamento delle università non statali i criteri «meritocratici» sperimentati nella distribuzione della quota premiale fra gli atenei statali. I criteri, sempre basati sui risultati ottenuti nella didattica e nella ricerca, dovranno essere fissati dal ministero con il contributo dell’Anvur: la quota premiale dovrà essere inferiore al 20% dei fondi totali e crescere fra il 2% e il 4% ogni anno