Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 15 Mercoledì calendario

Carlo Bergonzi. Considerato il più grande tenore verdiano. Ha ricevuto il premio “Una vita nella musica – Arthur Rubinstein”

Carlo Bergonzi. Considerato il più grande tenore verdiano. Ha ricevuto il premio “Una vita nella musica – Arthur Rubinstein”. L’agosto scorso a Verona ha anche ricevuto l’Oscar della lirica. In quell’occasione, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto aggiungere un suo premio personale, una medaglia d’oro con una dedica, che lui stesso ha dettato: “Al maestro Carlo Bergonzi, interprete sommo del repertorio verdiano, e custode illustre della tradizione belcantistica italiana”. Ha cominciato a cantare «da bambino. Mio padre faceva il casaro e io, dopo la quinta elementare, seguii le sue orme. Si iniziava a lavorare alle quattro del mattino e per vincere la fatica, il sonno e il freddo si cantava. Le nostre canzoni erano le arie delle opere verdiane e io a otto, nove anni le conoscevo tutte. Mi dicevano che ero bravo e cominciai a sognare di diventare un tenore. […] Non avevo mezzi per studiare, così mi arrangiavo da solo. Vi dedicavo tutto il tempo libero e verso i 17 anni riuscii a superare l’esame di ammissione al Conservatorio. Ma arrivò la guerra e nel 1943 fui chiamato sotto le armi. A settembre, ci fu l’armistizio, tutti i miei compagni scapparono a casa, ma io, che ero a letto ammalato, fui preso dai tedeschi e portato in un campo di concentramento. Vi rimasi per 26 mesi, costretto ai lavori forzati e tormentato dal freddo, dalla fame e dalla febbre. Quando arrivarono i russi a liberarci fu organizzata una festa in loro onore. Ero febbricitante, ma volli cantare lo stesso alcune romanze. In prima fila c’era un capitano sovietico, amante della lirica, che rimase colpito dalla mia voce. Saputo che ero malato, mi fece visitare da un medico di sua fiducia e mi fece curare, salvandomi la vita. Tornai a casa che pesavo 35 chili».