Paolo Foschi, Corriere della Sera 23/12/2010, 23 dicembre 2010
I SACCHETTI DI PLASTICA DIVENTANO ILLEGALI
«La maggior parte delle aziende si sta preparando da tempo per la messa al bando degli shopper in plastica, ma senza la fase transitoria che era prevista anche dalla legge Finanziaria del 2007 approvata dal governo Prodi, ci saranno problemi per le imprese e per i consumatori. Chi non troverà le buste biodegradabili, che cosa dovrà fare? Dovrà rinunciare a fare la spesa?»: Federdistribuzione, associazione che rappresenta oltre 46 mila grandi esercizi commerciali in tutta Italia, lancia l’ allarme. Ieri mattina il testo del cosiddetto «milleproroghe» è entrato a Palazzo Chigi con la norma che rinviava di un altro anno l’ entrata in vigore già slittata dal 2010 al 2011 del divieto di commercializzazione delle buste di plastica. Ma il ministro Stefania Prestigiacomo litigando, sbraitando, urlando, alla fine ha ottenuto lo stralcio della proroga. Risultato: dal primo gennaio sarà vietata appunto la commercializzazione delle classiche buste da spesa in plastica. Le associazioni ambientaliste, il centrosinistra e anche ampia parte del centrodestra esultano per il «provvedimento di portata storica». Ma c’ è già chi parla di «pasticcio all’ italiana». «La legge prevedeva un decreto interministeriale Sviluppo Economico e Ambiente per fissare i criteri per la fase di transizione. Il provvedimento non è mai stato varato. E sulle modalità della messa al bando degli shopper, c’ è il caos. «Il divieto così come è formulato è generico. Nessuno sa quali sono i parametri che definiscono quali buste siano legali e quali illegali. Inoltre il mercato non è pronto a far fronte alla richiesta di buste biodegradabili necessarie se da un giorno all’ altro nessuno può più utilizzare quelle in plastica. Era meglio prevedere una gradualità permettendo lo smaltimento delle scorte, dando tempo alle aziende produttrici di rispondere alle nuove richieste», spiega Federdistribuzione. E Pier Paolo Maschiocchi, responsabile Ambiente di Confcommercio, aggiunge: «Non si capisce per esempio se il divieto valga anche per gli imballaggi da banco. E poi come faranno i commercianti, penso soprattutto ai piccoli esercenti, e i clienti a capire se la busta è a norma oppure no? Noi, come credo tutte le associazioni di categoria, siamo assolutamente favorevoli all’ adozione di provvedimenti per la sostenibilità ambientale. Ma servono percorsi trasparenti, serve informazione, serve chiarezza. Altrimenti si rischia solo una grande confusione». Perplessità, ma ancora nessuna posizione ufficiale, dalla Federazione Gomma Plastica, l’ associazione confindustriale che rappresenta molte aziende produttrici. E nei negozi? Nei supermercati? Nei grandi centri commerciali? Anche chi già da tempo si stava preparando all’ era «no plastica», con l’ accelerazione imposta dal ministro rischia di restare in fuorigioco. Da Esselunga, per esempio, osservano che «nei nostri punti vendita 141 nel centro-nord già da tempo incentiviamo l’ utilizzo di borse riciclabili e buste biodegradabili, ma da un giorno all’ altro sostituire tutti gli shopper in plastica forse non sarà possibile». E anche le Coop, impegnate nella sostenibilità ambientali, storcono la bocca. «Molto soddisfatti per il mancato rinvio, ma ci aspettavamo che venissero fissate le norme per la fase transitoria». In realtà alcuni comuni, fra cui Torino, avevano già anticipato il divieto di commercializzazione delle buste di plastica con proprio ordinanze, «è i risultati sono stati molto confortanti», dicono dallo staff del sindaco Sergio Chiamparino. Legambiente e Coldiretti hanno espresso soddisfazione per la decisione presa dal ministro Prestigiacomo. E dal centrodestra, commenti positivi sono arrivati da Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, e dalla giunta del sindaco di Roma, Gianni Alemanno: «Si va nella giusta direzione». Nel Pdl, però, molto dura la posizione del senatore Andrea Fluttero, segretario della commissione Ambiente di Palazzo Madama: «È un provvedimento di facciata e demagogico, finalizzato a metterci la coscienza a posto nel nome di un ambientalismo politicamente corretto. E rischiamo l’ apertura di una procedura di infrazione da parte della Ue».
Paolo Foschi