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 2010  dicembre 23 Giovedì calendario

VOLO PER VENERE AL GATE 2

Il primo aprile 2011, nemmeno fosse uno scherzo del destino, la navicella Endeavour partirà per l’ultima missione, che chiuderà per sempre la semigloriosa epopea dello Space Shuttle Program. Il Discovery, l’Atlantis e l’Endeavour (il Challenger e il Columbia se ne sono tristemente andati col loro equipaggio) finiranno in tre diversi musei: sono in dieci a competere per ospitarli.

Un giorno ancora ignoto del 2011, la Virgin Galactic di Richard Branson farà il lancio inaugurale della sua VSS Enterprise, con a bordo i primi sei passeggeri da 200mila dollari a biglietto. Qualora la Virgin fosse in ritardo sulla tabella di marcia (nel 2009 aveva detto «fra due anni»), l’era del turismo cosmico va comunque a incominciare. Adesso che anche la Boeing ha annunciato di voler entrare nel business, sono almeno sette le società pronte a voltare una pagina nella Storia.

I due eventi, in realtà, sono collegati. Lo scorso febbraio, Barack Obama ha "ucciso" il Constellation Project voluto da Bush, il programma spaziale che avrebbe dovuto rimpiazzare uno Shuttle ormai primordiale, ma che faceva a pugni col bilancio federale. Per la Nasa è stato un terremoto, che s’è riverberato fino al Congresso: come faranno gli astronauti americani a raggiungere il laboratorio orbitante a bordo della Iss, la stazione spaziale internazionale?

La risposta è arrivata dal presidente in persona: o facendosi dare un passaggio dalla Soyuz russa, o pagando il biglietto sulle spaceships commerciali. Se Obama intendeva focalizzare la Nasa sulla scienza e incentivare il business privato c’è riuscito: all’agenzia spaziale si lavora comunque per immaginare l’uomo su Marte. E intanto c’è gente del calibro di Boeing che risponde subito all’appello.

Che nello spazio ci sia spazio anche per i profitti è fuor di dubbio: nel 2011, un biglietto andata e ritorno a bordo della Soyuz costerà alla Nasa 51 milioni di dollari. Contro i 26 dell’anno scorso. «I russi alzano il prezzo ogni anno, perché ormai hanno il monopolio», ha detto al Telegraph di Londra Mark Sirangelo, numero uno di Sierra Nevada, una start-up spaziale che punta a fornire servizi di navetta per la Iss. «Perché dovremmo dare soldi ai russi e investire sulle loro tecnologie, quando un sacco di aziende americane si preparano a offrire lo stesso servizio?».

Il biglietto da 200mila dollari della Virgin Galactic sembra low-cost, rispetto a quello della Soyuz. Ma le navicelle di Branson porteranno i turisti solo a 100 chilometri di quota, dove galleggeranno nel vuoto per 5 minuti per poi atterrare nel New Mexico, nel primo spazioporto commerciale della storia.

In Virginia c’è la Space Adventures, che promette voli sub-orbitali e sta già facendo il training ai suoi primi clienti. La Xcor ha già raggiunto un’intesa con la Klm, che venderà biglietti per lo spazio tramite la sua rete commerciale. Ma non è escluso che un biglietto per vedere la Terra dall’alto sarà presto in vendita anche su Amazon: il fondatore Jeff Bezos ha creato anche la Blue Origin, che effettuerà i primi lanci nel 2011 e, solo nel 2012, aprirà le porte ai turisti spaziali. A regime ci sarà un lancio alla settimana, dicono.

Ma qui non si parla solo di turisti. Issare gli uomini e le donne della Nasa a bordo della Iss è un po’ più complicato dei lanci suborbitali della Virgin. Nel 1998, Robert Bigelow, già proprietario della catena alberghiera Budget, fonda la Bigelow Aerospace con idee stravaganti, tipo il turismo lunare. Fatto sta che oggi, Bigelow e Boeing stanno fabbricando insieme le prime stazioni orbitanti "private", della storia. Nel 2015, dicono, sarà lanciata la prima. Costo dell’affitto: 95 milioni di dollari all’anno, più 25 milioni per astronauta. «Un affare - ha commentato Bigelow in un’intervista - se si pensa a quanto spende la Nasa per spedire un uomo sulla Iss».

Un nuovo business sta per spalancarsi al mondo. Sarà spaziale.