Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 23/12/2010, 23 dicembre 2010
LA CRISI DELLA CIPOLLA MANDA IN TILT L’INDIA
In India si usa dire che non sarai mai davvero povero finché potrai permetterti un tozzo di pane e una cipolla. Per molti l’acquisto di questo umile bulbo – che tra l’altro costituisce la base di innumerevoli ricette indiane – è improvvisamente diventato un lusso: nel giro di una settimana, a causa del maltempo che ha rovinato i raccolti, il prezzo di un chilo di cipolle è raddoppiato, arrivando fino a 70 rupie, circa 1,20 euro. Una cifra che può essere insostenibile in un paese in cui 420 milioni di persone – un quarto della popolazione – vivono sotto la soglia di povertà. Per il caro-cipolla si può morire di fame. La gente lo sa. E lo sa anche il governo, che trema di fronte alla prospettiva che anche stavolta possano verificarsi violente proteste – come già avvenuto nel 2007 – e magari "vendette elettorali": la sconfitta del Bharatiya Janata Party alle amministrative di Delhi del 1998, ad esempio, viene attribuita dalla maggior parte degli osservatori ad un rialzo del 600% del prezzo delle cipolle. Il governo federale, già sotto pressione per una crescente inflazione di origine agricola, non ha risparmiato gli sforzi, anche se sulla stampa indiana già emergono critiche per l’incapacità di intravvedere in anticipo il rischio di rincari. Il primo ministro Mammohan Singh – apparentemente in allarme più per le cipolle che per lo scandalo corruzione che ha scosso il partito di maggioranza, il Congress Party – ha ordinato ai ministri dell’Agricoltura e delle Finanze di mettersi immediatamente al lavoro per riportare i prezzi a livelli più accettabili. Detto fatto. Nel giro di quarantott’ore l’India ha chiuso le frontiere all’esportazione dei bulbi, dapprima fino al 15 gennaio, poi a tempo indefinito. E nello stesso tempo ha cancellato il dazio del 7% sulle importazioni, che hanno già ripreso a fluire copiose dal vicino Pakistan. Due cooperative a controllo statale sono inoltre state incaricate di distribuire cipolle al prezzo politico di 35-40 rupie al kg, prezzo che comunque è superiore a quello prevalente un paio di mesi fa, che era intorno alle 20 rupie/kg.