Francesco Gaeta, Il Sole 24 Ore 23/12/2010, 23 dicembre 2010
SE MARRYLEAKS INGOLFA IL NOSTRO PC
Sono giorni difficili per i computer. Di lavoro supplementare e surriscaldamenti. Ad avvertirci, ogni mattina, è la ventola del raffredamento: il pc arranca, sbuffa, stride sotto un peso che è come una malattia asmatica. Soffre il carico delle e-mail di auguri. Più che un carico, una carica. Una febbre di stagione che sale di anno in anno. Erano poche decine qualche anno fa, sono oggi centinaia. Il cartoncino si è fatto virtuale, dietro il paravento ideologico dell’ambientalmente corretto. Si risparmia carta, si eccede in accorgimenti.
C’è l’augurio elettronico che ti avverte di un’iniziativa di beneficenza a cui sei stato associato «a tua insaputa» (ma perché?). Quello che disegna auguri a forma di stella o albero di Natale. C’è il biglietto minimal: nome e cognome di ufficio stampa o ente universitario su sobrio fondo rosso costellato di renne felici e luci stroboscopiche modello anni 70 (con audio di Jingle bells in formato reggae).
Il computer sbuffa, e anche a chi guarda lo schermo sale la pressione. Non solo per ovvi motivi d’intasamento della posta. Tutto questo - e vale per quel che di analogo viaggia via sms - suona quasi come una presa in giro. Un augurio è un augurio se non diventa troppo facile. Se non è fatto in forma di lettera circolare e ai limiti dello spam. Se non setaccia le frontiere del buon gusto alla ricerca della formula più simpatica che è spesso la meno elegante. Un augurio è un augurio se è fatto personalmente, e meglio ancora di persona. Se si rivolge proprio a te, a me, ed è sintesi di una storia che c’è dietro. Se la storia non c’è, meglio farne a meno. Anche se basta nulla, un clic, per invadere tutti del proprio ottimismo per il Natale e l’anno che viene.
Allora, la nostra proposta è semplice: fermare questa emorragia di MerryLeaks, di cable non richiesti di auguri che dicono poco o nulla proprio come quelli di Assange & Co. Volete essere originali? Non mandate nulla per e-mail. Andate in una buona cartoleria e munitevi di pennino e inchiostro (nero). Prendete della carta di Amalfi, di quella che scrocchia sotto le dita, e buste, bianche e senza svolazzi. Vergate i vostri biglietti di auguri uno per uno. Unite all’esercizio di callifgrafia l’allenamento del cuore: per ciascuno un pensiero diverso. E poi uscite, vento o pioggia che sia, e recatevi personalmente alla buca delle lettere. Insomma fate qualcosa di romantico, ottocentesco, sanamente agé, inattuale, letterario. Qualcosa che costi, dunque non scontato. Scoprirete per magia che tra i soldi da spendere, l’attenzione richiesta dal vostro biglietto, e la fatica di affrancare e spedire, le persone a cui riserverete l’onore degli auguri sono davvero poche. Quelle che contano. Avrete vinto la battaglia del cattivo gusto, guadagnato punti presso i vostri (veri) amici, sconfitto MerryLeaks. E vi sarete affrancati dall’oblio a cui la tecnologia spesso costringe, nel guanto di velluto della sua facilità.