Marco A. Capisani, ItaliaOggi 23/12/2010, 23 dicembre 2010
FELTRI, LIBERO DI CRITICARE TUTTI
«Un’esperienza eccitante, in cui avremo le mani libere di criticare ogni parte politica senza risparmiare nessuno. Anche Silvio Berlusconi. Saremo berlusconiani senza essere pagati da Berlusconi e contro chi ci accuserà di questo partiranno richieste di enormi risarcimenti».
Ha descritto così, ieri a Milano, Vittorio Feltri la sua nuova avventura da editore incaricato e direttore editoriale del nuovo Libero assieme al direttore responsabile Maurizio Belpietro, che come lui è entrato nella Editoriale Libero con un 10%.
«Faremo un giornale snello, moderno, di opinione, con più chiavi d’interpretazione, giocato sul binomio edizione cartacea-sito web con tanti video», ha aggiunto Feltri. «Che senso hanno quotidiani di 72 pagine, con sette articoli sulla stessa unica dichiarazione di Fini? I quotidiani generalisti hanno poca ragion d’essere». Prima di tornare operativo, però, Feltri deve aspettare i primi di marzo quando finirà la sospensione imposta dall’Ordine dei giornalisti per il caso Boffo, l’ex direttore di Avvenire, inchiesta pubblicata sul Giornale dal quale «me ne sono andato senza polemiche», ha proseguito Feltri. «Il rapporto con Silvio Berlusconi non si è deteriorato, semplicemente perché non c’è nessun rapporto.
Gli ho scritto un bigliettino natalizio, comunicando espressamente la mia decisione. Ho parlato solo con l’editore Paolo Berlusconi».
Feltri e Belpietro tornano a fare coppia professionale, dopo un’amicizia «di quasi trent’anni», e si reinventano editori con una quota del 10%, «ma con l’ambizione di salire, non dico alla maggioranza», è intervenuto Belpietro, «ma di avere la gestione e qualcosa in più». Quote pagate in parte e in parte coperte con «la nostra prestazione d’opera. Siamo vincolati per altri dieci anni». I patti con Feltri? «Una stretta di mano», ha ironizzato Belpietro, «e un in bocca al lupo».
I due giornalisti siedono nel cda della casa editrice di proprietà della Fondazione San Raffaele, di cui è presidente onorario Giampaolo Angelucci, la cui famiglia è a sua volta proprietaria della testata Libero (e tramite la Tosinvest anche di quella del Riformista, dove il direttore Antonio Polito è dato in uscita a fine anno). «Nel cda di Libero», ha precisato Belpietro, «avremo anche una maggioranza. Patti parasociali ci garantiscono, invece, il potere decisionale».
«Libero ha venduto a novembre circa 100 mila copie e», spera il suo direttore responsabile, «a dicembre qualcosa di più. Il 2010 si dovrebbe chiudere con ricavi in linea e un leggero utile», dopo che il 2009 è stato archiviato con ricavi per 37,6 milioni di euro e un utile di 11,8 mila euro. La raccolta pubblicitaria dovrebbe chiudersi quest’anno, invece, intorno ai 7,6 milioni, mentre la nuova concessionaria Publikompass (che ha preso l’incarico lo scorso ottobre) ha concordato un budget garantito di 13,5 milioni di euro per il 2011.
Belpietro punta in particolare sull’online: «Libero dà risultati soddisfacenti in rete. Dal punto di vista pubblicitario prevediamo di raddoppiare la raccolta curata dalla concessionaria Sole 24 ore system. Avvieremo poi un restyling del sito».
Il nuovo quotidiano di viale Majno sarà in continuità con quello «vecchio», a giudizio di Feltri, ma già adesso Libero ha ridotto la foliazione di otto pagine per far fronte al crescente costo della carta e, probabilmente, a causa dei contributi all’editoria fermi a quelli inerenti il 2007. Tra le firme in arrivo è stato confermato dal prossimo gennaio Massimo De Manzoni, vicedirettore-uomo macchina del Giornale, e Giampaolo Pansa con la sua rubrica Il bestiario, ora in esclusiva per Libero dopo l’esperienza all’Espresso e al Riformista. Al momento, i due direttori hanno definito sufficiente l’organico di Libero, escludendo in aggiunta anche una prossima edizione del lunedì per il giornale milanese.
Quante copie pensa di guadagnare il nuovo Libero? «Almeno una in più», ha risposto con ironia Belpietro; «circa 5-6 milioni di più», gli ha fatto eco Feltri.