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 2010  dicembre 23 Giovedì calendario

NO-GELMINI: I VERI INFILTRATI SONO I BARONI

Tutto, piuttosto che perdere un privilegio antico: la cattedra familiare. Tutto, compreso l’impensabile, cioè confondersi per una volta tanto con quei casinisti degli studenti, infiltrarsi nei cortei, magari turandosi ben bene il naso, dando l’impressione di essere stati folgorati sulla via di Damasco, nella speranza che la riforma Gelmini dell’Università si infranga sugli scogli della protesta. Devono aver pensato questo i baroni che, dopo una vita passata nella torre eburnea dei loro istituti, inaspettatamente una mattina si sono svegliati contestatori. Perché quella riforma piena di pecche, prima tra tutte la stravagante pretesa di rinnovare le università statali affamandole con i tagli, un merito ce l’avrebbe, un pregio che, però, per loro baroni, suona come una campana a martello: spuntare le unghie proprio ai professoroni delle università in una faccenda a cui tengono quanto al bene della vista, le assunzioni in famiglia.
Da questo punto la legge è perentoria (anche se c’è chi ne mette in dubbio la costituzionalità): assunzione vietata nello stesso dipartimento per i parenti legati fino al quarto grado ai professori in cattedra. Con una vistosa incongruenza, però: il tassativo divieto non vale, chissà perché, tra marito e moglie. Per cui anche in futuro nessuno potrebbe aver niente da ridire se ricapitasse un caso come quello svelato ieri dal Corriere della Sera che riguarda la facoltà di Scienze della Sapienza di Roma. Protagonista una coppia sposata, appunto: lui, Paolo De Bernardis, astro-fisico di livello internazionale, e lei, Silvia Masi, laureata a pieni voti, sollevata dal purgatorio dei ricercatori a vita e assunta nel cielo degli associati, giudicata idonea nel concorso per un posto nel dipartimento del marito.
Ma, se per assurdo, la legge Gelmini entrasse in funzione con valore retroattivo, gli atenei italiani si svuoterebbero di colpo. Perché in questi decenni le facoltà sono state uno degli incubatori più accoglienti della mala pianta del nepotismo. Vista dalle cattedre baronali, la riforma fa così paura che perfino i magnifici rettori hanno deciso di sfidare in questi giorni il pubblico ludibrio aggirandola in contropiede. Il caso più clamoroso è quello romano, dove due magnifici su tre hanno piazzato parenti in zona Cesarini. Luigi Frati, emerito della Sapienza e preside di Medicina, già bersaglio di critiche per casi di favoritismi familiari, è entrato di nuovo nel vortice delle accuse perché proprio due giorni fa in facoltà, dipartimento di Scienze e Biotecnologie, è arrivato un altro di casa sua, Giacomo, il secondogenito. Prima di lui era stata la volta dell’altra figlia, Paola, ordinaria di Scienze anatomiche, e della moglie, Luciana Rita Angeletti, Storia della Medicina. Con l’ingresso di Paolo i Frati, insomma, hanno fatto poker. Idem a Tor Vergata: il rettore, Renato Lauro, anche lui preside di Medicina, ma ex, ha assistito soddisfatto alla decisione del consiglio di facoltà di far assurgere al ruolo di associato la nuora, Paola Rogliani. Prima dei due rettori attuali, un altro magnifico romano, Renato Guarini, era finito sotto inchiesta per abuso d’ufficio, sospettato di uno scambio di favori con un docente di Estimo ad Architettura , che secondo l’accusa avrebbe agevolato la carriera della figlia del primo, Maria Rosa.
Anche a Siena, ateneo prestigioso, ma ben protetto dalle critiche e forse per questo poco indagato, i rettori che si sono succeduti dagli anni Ottanta fin quasi ad oggi sono sospettati di avere avuto un occhio di riguardo per quelli di casa. Luigi Berlinguer, ai tempi in cui era ministro dell’Istruzione con il centrosinistra, ebbe la soddisfazione di vedere il figlio Aldo vincitore della cattedra di professore associato in Diritto privato comparato all’Università di Cagliari ad appena 29 anni, ancor prima di concludere il dottorato. Ora Aldo insegna nell’ateneo toscano dove il padre fu rettore. Il successore di Berlinguer, Piero Tosi, già presidente della Conferenza dei rettori, ordinario di Anatomia e Patologia, ha visto con soddisfazione il figlio Gian Marco calcare le sue orme nella stessa facoltà, vincitore di un concorso per ricercatore per le malattie dell’apparato visivo.
Da Torino a Messina gli alberi dinastici in facoltà sono così tanti che solo per citarli ci vorrebbero i volumi dell’elenco telefonico. Alla Federico II di Napoli due anni fa un gruppo di studenti presentò una ricerca secondo la quale “almeno il 15 per cento di professori è imparentato”, con punte nella facoltà di Economia (32 casi). A Messina un anno fa il rettore Franco Tomasello è finito davanti ai giudici assieme ad altri 23 tra docenti e ricercatori con svariate accuse, dall’abuso d’ufficio in concorso a tentata truffa. Dalle indagini venne fuori che a Veterinaria dei 63 docenti 23 erano parenti, a Medicina e Chirurgia su 531 professori i parenti erano poco meno di un centinaio, a Giurisprudenza 27 su 75. Anche nell’ateneo di Cosenza un ex rettore, Giuseppe Frega, si è messo in mostra nell’ambito dei giochi familiari, con il figlio Nicola, ricercatore nella stessa facoltà di Ingegneria che era stata la casa del padre. A Lettere l’ex preside Franco Crispini prima di andare in pensione volle lasciare un’impronta passando il testimone alla due figlie, Ines e Alessandra.
A Catania si sono imposte all’attenzione le dinastie mediche degli Zanghì e dei Basile. Nella prima accanto al padre Michelangelo, si sono fatti avanti i figli Antonino e Guido; nella seconda il chirurgo Attilio ha generato tre figli ordinari, Francesco, Guido e Filadelfio, i primi due luminari medici come il padre, il terzo professore di Agraria ed ex senatore di Forza Italia. A Firenze ha fatto epoca il caso del rettore, Augusto Marinelli, che ebbe la fortuna di avere il figlio, Nicola, promettente ricercatore nell’ambito della stessa materia paterna, Economia agraria. A Bari, facoltà di Economia, ai tre Massari fondatori della dinastia accademica, Lanfranco, Giansiro e Gilberto, si sono affiancati altri 7 familiari. I Dell’Atti, invece, sono solo quattro.
In Basilicata nella facoltà di Agraria, Francesco e Bruno Basso, padre e figlio, hanno lavorato fianco a fianco nello stesso dipartimento come ordinario e associato. A Scienza delle produzioni animali l’impronta l’hanno data i Langella , Michele padre e professore, Emilia, ricercatrice. Un censimento nell’ateneo di Palermo ha individuato a Medicina 24 famiglie di professori e 58 parenti, a Ingegneria 18 famiglie e 38 parenti, a Scienze 11 famiglie e 25 parenti.