Massimo Gaggi, Corriere della Sera 22/12/2010, 22 dicembre 2010
INTERNET, LA RETE SARA‘ «NEUTRALE». NUOVE REGOLE PER IL MOBILE —
«Un passo verso la nazionalizzazione di Internet» gridano alcuni parlamentari repubblicani, convinti che non servono regole per regolare il traffico in rete. Le società che producono contenuti digitali (come Amazon o Netflix) e alcuni esponenti democratici sostengono, invece, che le norme varate ieri dalla Federal Communications Commission non hanno i denti: fissano principi, ma non garantiscono che i gestori delle reti — essenzialmente società di telecomunicazione e «carrier» delle tv via cavo— che portano i servizi online agli utenti, non discriminino tra i vari produttori di contenuti decidendo con la loro politica degli accessi chi vince e chi perde nella battaglia del web. Per Internet quella di ieri è stata una giornata storica: dopo un dibattito durato anni, la FCC, l’authority Usa delle comunicazioni, ha deciso per la prima volta di introdurre regole volte a garantire la cosiddetta «net neutrality» , cioè i diritto di tutti gli attori — da Google all’ultimo blogger, dal sito che trasmette brevi messaggi scritti a YouTube, i cui filmati possono portare a saturazione la capacità di trasmissione delle reti — di avere accesso a Internet alle stesse condizioni. Ma la neutralità è stata garantita in una versione «light» . La soluzione di compromesso è stata studiata dal presidente della Commissione Julius Genachowski, nominato l’anno scorso da Barack Obama. Doveva mettere d’accordo i due fronti e invece, a quanto pare, scontenta tutti: due dei cinque commissari -quelli repubblicani -hanno votato contro e si sono detti convinti che ben presto le nuove norme verranno rimesse in discussione per l’intervento del Parlamento e i ricorsi alla magistratura. I due commissari democratici -contrari anche loro, ma per motivi opposti, a regole considerate troppo blande -hanno, invece, alla fine, ceduto alle pressioni, votando la soluzione Genachowski. Il caso non è facilissimo da inquadrare perché a proporre l’introduzione di regole in un universo digitale fin qui assolutamente privo di vincoli sono stati proprio i soggetti più interessati alla piena libertà di circolazione dei messaggi in rete: società come Google o Amazon, i blogger, gli ideologi della democrazia digitale. Tutti preoccupati dalla prospettiva dell’introduzione, da parte dei «carrier» , di canali di trasmissione preferenziali, più veloci, con una maggiore capacità. E, conseguentemente, anche con tariffe di transito più elevate. Per non parlare del rischio che, ad esempio, un provider che offre un suo servizio di film acquistabili online, rallenti l’analogo servizio di un concorrente che transita sulla sua rete di trasmissione. Le società di tlc avvertono da anni che, con l’evoluzione tecnologica che spinge verso la trasmissione di pacchetti di dati sempre più pesanti, chi gestisce le reti deve investire miliardi nel loro adeguamento. Investimenti che vanno remunerati applicando tariffe più elevate per i servizi più sofisticati o veloci. Destinati, a quel punto, ad avere una sorta di corsia preferenziale. È proprio questa la prospettiva che i sostenitori della «net neutrality» hanno cercato di evitare: per loro Internet deve restare un campo di gioco unico e livellato per tutti, non diventare una struttura a più piani. La soluzione votata dalla FCC è una via di mezzo: impone ai «carrier» di non discriminare tra gli utenti che trasmettono i loro servizi via cavo, ma lascia loro ampi margini di flessibilità per gestire in modo discrezionale situazioni di traffico affollato che dovessero crearsi in rete. I provider potranno, poi, creare canali appositi, separati dal servizio pubblico di Internet, per nuovi servizi speciali come le reti di sicurezza per la protezione delle abitazioni o per le cure mediche a distanza. Inoltre le nuove norme danno ancora maggiore flessibilità laddove le comunicazioni non transitano su un cavo fisso: quindi tutti i sistemi mobili sia telefonici che wireless. La Commissione promette che anche in quest’area -quella in più forte crescita -scoraggerà la formazione di un sistema a due livelli, con viaggiatori di prima e seconda classe. Ma non nega che questo possa essere lo sbocco finale. Nonostante i margini di flessibilità introdotti nella nuova regolamentazione (che entrerà in vigore nei primi mesi del 2011), i liberisti contestano duramente le scelte dell’FCC: introdurre regole per fronteggiare un problema teorico, che non si è ancora manifestato, dicono, è sbagliato. E le nuove norme finiranno comunque per irrigidire il sistema, aumentando i costi delle comunicazioni digitali. Portando Internet all’interno del perimetro regolamentare del governo, insomma, la FCC avrebbe creato un precedente che potrebbe spingere i gestori Usa a non esporsi con gli investimenti di decine di miliardi di dollari necessari per sviluppare le reti a banda larga.
Massimo Gaggi