Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 22 Mercoledì calendario

Notizie tratte da: Jonathan Safran Foer, Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?, Guanda 2010, pp

Notizie tratte da: Jonathan Safran Foer, Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?, Guanda 2010, pp. 368, 18 euro.

Pulcini. 1923, penisola di Delmarva, la signora Celia Steele,
casalinga, ricevette cinquecento pulcini invece dei cinquanta che
aveva ordinato. Li tenne al chiuso durante l’inverno e con l’aiuto di
integratori alimentari i polli sopravvissero. Nel 1926 ne aveva
diecimila, nel 1935 duecentocinquantamila (a quel tempo un allevamento
aveva in media ventitre polli).

Bambini. Dal 1935 al 1995 il peso di un pollo è aumentato del
sessantacinque per cento, il tempo per immetterlo sul mercato calato
del sessanta per cento, il suo fabbisogno di cibo diminuito del
cinquanta per cento. Si immagini un bambino che a dieci anni pesa
centocinquanta chili avendo mangiando solo barrette di cereali e
integratori vitaminici.

Polli, esercizi numero 1. Prendere un foglio A4, metterci sopra una
gallina per le uova, allinearne una decina, chiudere con una gabbia e
accatastare le gabbie in pile da tre a nove. Prendere un foglio A3,
metterci sopra un pollo grande come un pallone da football con le
gambe e unire trentamila di questi rettangoli in un’unica area. Adesso
per entrambi chiudere l’area con muri senza finestre e metterci sopra
un soffitto. Aggiungere sistemi automatizzati di ventilazione,
riscaldamento, abbeveraggio e alimentazione addizionata di farmaci.
Questa è una fattoria.

Polli, esercizio numero 2. Nei capannoni spegnere la luce: tenere i
polli al buio totale ventiquattr’ore al giorno, sette giorni su sette
per due-tre settimane. Tenerli a una dieta povera di proteine, quasi
fa fame. Poi accendere le luci sedici ore al dì, convincerli che è
primavera, e passare a una dieta altamente proteica. Le galline
cominceranno subito a deporre le uova. Trecento all’anno. Cioè tre
volte quante ne deporrebbero in natura. Dopo il primo anno ucciderle
tutte perché non ne farebbero altrettante. I polli da carne basta
farli sopravvivere una quarantina di giorni. Questo è un allevamento.

Polli, esercizio numero 4. Mettere i polli da carne in gabbie prive di
cibo e di acqua. Caricarli su camion che percorrono centinaia di
chilometri fino all’impianto di lavorazione. Agganciarli a testa in
giù per una guidovia. Trascinarli in una vasca d’acqua elettrificata.
Passarli per il taglio automatizzato della gola: se la macchina manca
l’arteria (quasi sempre) c’è un operaio che lo fa a mano. Se l’operaio
manca l’arteria (quasi sempre), c’è la vasca di scottatura. Questa è
la prima parte della macellazione.

Polli, esercizio numero 4. Poiché le feci sulla pelle e sulle piume
finiscono nelle vasche e l’acqua calda dilata i pori; poiché
l’eviscerazione meccanica spesso squarcia l’intestino, l’uccello se ne
va pieno di agenti patogeni. Più avanti c’è l’ispettore che ha due
secondi per esaminare il pollo dentro e fuori rispetto a una dozzina
di malattie. Alla fine finisce in un vascone d’acqua refrigerata
chiamata anche “zuppa di feci”. La legge americana consente che la
carne in vendita sia composta di quest’acqua per un massimo dell’11%.
Una volta le carcasse contaminate da feci dovevano essere scartate, da
una trentina d’anni le feci sono state riclassificate da sostanza
pericolosa a difetto estetico. Questa è la seconda parte della
macellazione.

Sapore. Malattie comunissime tra i polli da allevamento: sindrome di
morte improvvisa, ascite, cecità, infezioni batteriche,
spondilolistesi, paralisi, emorragie interne, anemia, perosi, malattie
respiratorie, indebolimento del sistema immunitario, difficoltà
deambulatorie. L’8% dei polli è contaminato da salmonella. Dal 70 al
90 per cento è affetto dal batterio Campylobacter. Il 95% da
Escherichia coli (indicatore di contaminazione delle feci) e tra il 39
e il 75 per cento della carne che arriva nei negozi ne è ancora
infetta. Di solito si usano bagni a base di varechina per togliere
microbi, odori, lerciume. E poi si iniettano dei brodi e soluzioni
saline per dare quello che pensiamo sia il sapore e il colore del
pollo.

Prezzo. Aumento del costo medio di una casa negli ultimi
cinquant’anni: 1500%. Di un’auto: 1400%. Delle uova e della carne di
pollo: neppure raddoppiato.

Sesso. Qualsiasi tacchino venduto in qualunque supermercato o servito
in qualsivoglia ristorante non ha mai avuto rapporti sessuali.

Pulcini 1. I pulcini maschi delle ovaiole (250 milioni all’anno) non
servono e quindi vengono risucchiati da una serie di condutture e
finiscono su una piastra elettrificata che li distrugge.

Pulcini 2. «Ho voluto raccogliere i tuoi figli come la chioccia
raccoglie i suoi pulcini sotto le ali» (Genesi).

Maiale, naso. Soluzione a se un maiale ti fa arrabbiare perché non
vuole essere ammazzato. Con un coltello affilato tagliare via la punta
del naso. Qui prendere una manciata di acqua e sale e schiacciargliela
sul naso. Un’altra manciata di sale ficcargliela per il culo. Per
qualche minuto impazzirà poi si metterà a sedere con un aria un po’
stupita. Varianti: cavargli un occhio; rincorrerlo e farlo cadere
nella vasca di scottatura; usare tubi di piombo per spostarlo.

Maiale, casa. Nel 1789 il naturalista Gilbert White raccontò di una
scrofa che, dopo aver aperto il recinto, «apriva anche tutti i
cancelli frapposti nel mezzo e si recava, da sola, fino a una fattoria
distante dove tenevano un verro; e quando il suo intento era compiuto
faceva ritorno a casa con le stesse modalità».

Maiale, maternità. Una scrofa industriale rimane gravida per quasi
tutta la sua esistenza: fatto lo svezzamento, un’iniezione di ormoni
le fa tornare il ciclo e nel giro di tre settimane l’inseminazione
artificiale. Trascorrerà le sedici settimane della gravidanza in una
gabbia dove le è impossibile fare un giro su se stessa. Il 15%
muoiono, altre impazziscono e allora masticano le sbarre della gabbia,
schiacciano i flaconi dell’acqua, bevono l’urina.

Maiale, malattia. Deformità più comuni dei maiali nati in allevamento
intensivo: palato fesso, ermafroditismo, capezzoli invertiti, atresia
anale, zampe divaricate, tremori ed ernie.
Maiale, cibo. Il cibo solido viene somministrato dopo quindici giorni
dalla nascita (spontaneamente attenderebbero la quindicesima
settimana) e prevede anche plasma sanguigno secco, antibiotici, ormoni
e altre medicine.

Maiale, precauzioni. Mozzargli la coda, tagliargli le orecchie e
frantumargli i denti per evitare morsi e cannibalismi. Entro i dieci
giorni castrarlo senza anestesia.

Maiale, macellazione. Si usa una pinza elettrica. Funziona l’80% delle
volte. Di riserva c’è la pistola che conficca un pezzo d’acciaio nel
cranio. Incosciente, appeso a testa in giù, scannato e dissanguato.
Nella vasca di scottatura, poi su un tavolone per la depilazione.
Risollevato, tagliato in senso longitudinale con una motosega. Testa
compresa. Qui, a mani nude, estratti gli organi per l’ispezione e poi
buttati in un bidone.

Merda 1. Cose che si trovano nella merda di maiali allevati
intensivamente: ammoniaca, metano, acido solfidrico, monossido di
carbonio, cianuro, fosforo, nitrati e metalli pesanti. Non tutta la
merda è merda, è qualunque cosa passa per il graticcio del pavimento
della porcilaia: maialini, placente e annessi fetali, vomito, sangue,
urina, antibiotici, insetticidi, setole, pus, parti del corpo.

Merda 2. I liquami vengono pompati in lagoni accanto alle porcilaie
che arrivano a misurare anche un ettaro per una profondità di nove
metri. Se dovesse capitare di cascarci dentro si muore subito (proprio
come se andasse via la corrente elettrica in una di quelle porcilaie).

Merda 3. Un allevamento di suini produce tremila tonnellate di rifiuti
organici l’anno, un’azienda avicola tremila, un recinto di bovini
centocinquantamila. Nel complesso gli animali allevati negli Stati
Uniti producono centotrenta volte la cacca di tutta la popolazione
umana del paese: quaranta tonnellate al secondo. La loro forza
inquinante è centosessanta volte superiore ai liquami urbani non
trattati.

Vivi. In almeno il 25% dei casi dei bovini macellati, non si riesce a
mandarli in coma al primo colpo di pistola. Oltre all’abilità di chi
la utilizza c’è il rischio che l’animale possa morire troppo, e dunque
che una volta sgozzato sanguini lentamente. Per questo un bovino su
quattro si dissangua, si scuoia e si disseziona mentre è ancora vivo.

Nascosti. I bovini che al primo colpo non perdono i sensi, che
rimangono solo con un buco profondo 20 centimetri in mezzo agli occhi,
tengono la testa alzata per aria per non farsi colpire nuovamente, si
guardano intorno, cercano di nascondersi.

Arrampicati. Appesi per una zampa sono portati dall’addetto alla
iugulazione che gli recide arterie carotidi e la vena giugulare. I
bovini che sono ancora vivi, nell’attesa che escano venti litri,
«battono le palpebre e allungano il collo da una parte e dall’altra,
guardandosi intorno». Poi lo «scuoiateste». Con quelle che non sono
ancora morte provano con una coltellata dietro la testa. Poi arriva un
addetto che taglia via la parte inferiore delle zampe: «Tagliate le
zampe con le cesoie, quelle che ritornano in vita sembra che cerchino
di arrampicarsi sul muro».

Più o meno. Il 99,9% dei polli da carne; il 97% delle galline ovaiole,
il 99% dei tacchini, il 95% dei maiali, il 78% dei bovini mangiati
proviene da allevamenti intensivi. In questo momento, più o meno vivi,
ce ne sono cinquanta miliardi.

Interi. Nel corso della sua vita ogni americano mangia l’equivalente
di 21.000 animali interi.
Reddito. Oggi si spende per il cibo una frazione di reddito minore di
qualunque altra civiltà della storia umana. Si mangia lo 0,25% del
cibo commestibile conosciuto del pianeta.

Knut. Nel 2006, allo zoo di Berlino, è nato il primo orso polare in
trent’anni, Knut. Rifiutato dalla madre, quarantaquattro giorni in
incubatrice, il guardiano che si occupava di lui dormiva nello zoo per
nutrirlo con il biberon. La squadra di hockey cittadina chiese di
poterlo adottare come mascotte. Blog a documentare ora per ora le
attività di Knut. Knut aveva un podcast e una webcam. Sui quotidiani
prese il posto della solita modella. Quattrocento giornalisti
assistettero al suo debutto in pubblico, mettendo in ombra un vertice
europeo che si stava tenendo in quelle ore. I tifosi di calcio
invocavano Knut negli stadi. Knut aveva un padrino, l’ex ministro
dell’Ambiente. C’erano i cravattini di Knut, gli zainetti di Knut, i
piatti di Knut, i pigiami di Knut, le figurine di Knut. A pochi passi
dal recinto un chioschetto che vende “Wurst de Knut”.

Desiderare. «Mangiare carne da allevamento è un atto che richiede un
desiderio quasi eroico di ignorare la realtà» (Michael Pollan, Il
dilemma dell’onnivoro).

Dormire. «E’ sempre possibile svegliare uno che dorme, ma non c’è
rumore che possa svegliare chi finge di dormire».

Da Se niente importa di Jonathan Safran Foer, Guanda 2010, 18 euro.