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 2010  dicembre 22 Mercoledì calendario

IL NUOVO BIPOLARISMO: UNA TESTA, UN PARTITO


Il sogno bipartitico (o quasi) si infrange nell’arcipelago di isolotti formato da micropartitini, partitucoli personali, aggreganzioncelle partitiche, minuscole coalizioni di invisibili partitelli. Persino i partiti maggiori diventano partitoni di tanti partitini. È la scoperta delle microcellule in politica. È la politica italiana al tempo in cui vanno di moda due parole in voga nella miriade di frammenti di partito in cui sta impazzendo: «disagio» e «responsabilità». «Responsabilità»? Sì, responsabilità. Ma disagiata.
Ora i «responsabili» potrebbero diventare addirittura un gruppo parlamentare. Sarebbero venti, e poco ci manca che possano essere i leader di altrettanti partiti. Il primo dei «responsabili» dovrebbe essere Silvano Moffa, ex pdl, ex colomba finiana che si è staccata dalle colombe di Futuro e libertà che avevano accettato di stare con i falchi alla Bocchino o alla Granata. Dovrebbe essere: perché il primato gli viene conteso da un deputato di «Noi Sud» , tal Luciano Sardelli, e soprattutto da Francesco Pionati dell’Alleanza di centro (c’è il partito e c’è pure l’inno confezionato che spopola su YouTube), che si era responsabilizzato rompendo con l’Udc prima ancora che con l’Udc, lo scorso settembre, rompessero i «responsabili» siciliani di Calogero Mannino e di Cuffaro, a loro volta in rottura con l’Mpa di Lombardo che, mentre in Parlamento votavano la fiducia a Berlusconi nel frattempo in Sicilia si era messo d’accordo con il Pd (ma non tutto) e con il Fli (tutto) per rompere con il Pdl doc di Schifani e Alfano, ma anche con la fronda semi-scissionistica del Pdl Sicilia di Micciché, quest’ultimo pronto a fare il Pdl del Sud, probabilmente con una sponda campana nel Pdl che fa riferimento al ministro Carfagna a sua volta in rotta con il Pdl del coordinatore Cosentino, colto in talune intercettazioni a sparlare abbastanza grevemente del candidato governatore del Pdl Caldoro ma anche dell’ex pdl, poi falco di Futuro e libertà, Italo Bocchino. Chiaro, no?
Chiarissimo: è la politica post bipartitica, se non ancora post bipolare. L’immagine centrale di questa nuova era è fissata nella famosa conferenza stampa in cui il trio Scilipoti (ex idv), Cesario (ex pd in quota Rutelli ed ex api sempre di Rutelli), e Calearo (anch’egli ex pd tendenza Veltroni e poi in breve tappa di passaggio sempre nell’Api) dichiarava al mondo la nuova formazione a tre dei «responsabili» che, nel mentre si formava, aveva in testa tre soluzioni, una per ciascun membro, per il voto di fiducia di qualche giorno dopo: fiducia, sfiducia, astensione. Poi le notti hanno portato consiglio e i tre si sono uniformati con spettacolare evidenza a un’unica scelta: fiducia. Ma ora il «disagio» di prima si trasforma in un altro «disagio» : e mentre Calearo sembra appropinquarsi a un soddisfacente sottosegretariato, gli altri due manifesterebbero «disagio» ad accettare come capogruppo dei neoresponsabili Moffa, a sua volta a disagio tra i finiani dopo essere stato a disagio nel Pdl.
Mai sottovalutare il «disagio» . Che poi potrebbe trovare sbocchi in non meglio precisate scelte di «responsabilità» . Si dice per esempio che se Casini, superato il disagio di essersi visto scippare una parte del gruppo parlamentare nella responsabilizzazione siciliana dello scorso settembre, dovesse responsabilmente avvicinarsi a Berlusconi, un forte «disagio» circolerebbe nella parte dell’Udc meno propensa alla vicinanza berlusconiana, a cominciare da Savino Pezzotta. Voci. Come saranno certamente dicerie infondate quelle secondo le quali il cattolicissimo Luca Volonté proverebbe un prorompente disagio nel mischiarsi al terzo polo con il «laicista» Fini. E proprio adesso, quando la componente cattolica e popolare del Pd guarda con attenzione al polo di centro, visto il «disagio» provato nella nuova collocazione di sinistra del segretario Bersani. Ed esattamente quando la componente più laica del gruppo parlamentare del Pd, quella dei radicali di Pannella e Bonino, manifesta con sempre più vigore un «disagio» politico. Nella sinistra massimalista, poi, non stanno molto meglio e il disagio, sia pur extraparlamentare, si manifesta in una tripartizione tra il partito di Vendola, Rifondazione riunita con Diliberto, e Rizzo che fa comunista a sé.
L’attuale legislatura cominciò con un inno alla drastica semplificazione che ridusse il numero dei gruppi parlamentari (selezionati dallo sbarramento) da una quantità incalcolabile a solo quattro: Pdl, Lega, Pd e Idv. Oggi tra pezzetti, segmenti, tessere del mosaico della responsabilità e disagi incrociati, il gruppo «misto» sta esplodendo per overdose e la geografia parlamentare assume quella caratteristica, totale indecifrabilità che distingue in modi tanto spiccati la storia delle aggregazioni partitiche peninsulari nell’epoca della Seconda Repubblica. Tra un po’ un partito per ogni deputato, oscillante tra disagio e responsabilità, può diventare un’ipotesi credibile. Complimentandoci per la ritrovata stabilità politica. Forse.