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 2010  dicembre 19 Domenica calendario

POCA FIOM DAVANTI A MIRAFIORI

Alle nove e un quarto del mattino la pattuglia dei vigili urbani mette l’auto d’ordinanza di traverso all’angolo fra Corso Agnelli e Corso Tazzoli. «Quelli della Fiom sono alla porta cinque di Mirafiori. Dicono che a mezzogiorno faranno un corteo verso il Lingotto. Intanto, per sicurezza, deviamo il traffico», spiega uno di loro.

Il corteo non ci sarà perché, al presidio, non arriveranno nemmeno mille persone. Fra marce a favore di Marchionne di cui si parla sottovoce e poi non se ne fa nulla e partecipazione striminzita alla manifestazione dei metalmeccanici della Cgil, prende così forma tra i 14mila dipendenti di Mirafiori una maggioranza silenziosa che non si schiera.

Nella Torino scossa da Marchionne nei rituali e nelle certezze durate un secolo, l’unica cosa che ricorda davvero gli anni Settanta è il freddo velenoso, sette gradi sotto zero, che costringe tutti a un pendolarismo alcolico verso i bar di Corso Traiano, grappini e caffè corretti a volontà. Certo, il maltempo sembra congiurare contro i dirigenti della Cgil. Il segretario generale Susanna Camusso, fermata da un "ingorgo" a Fiumicino, non riesce ad arrivare in Sicilia, dove il leader della Fiom, Maurizio Landini, si lascia andare alla curiosa esternazione «non diamo per scontato che la Fiat possa andare via da Termini Imerese. Non può andar via dalla sera alla mattina, lasciando ad altri il compito di risolvere problemi che sono anche suoi». Più fortunato a Bari, con una temperatura resa meno arcigna dallo scirocco, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni: «Marchionne deve capire che c’è lui, ci sono i sindacati, c’è Confindustria e c’è una comunità che vuole essere rassicurata. Serve più equilibrio».

Il gelo di Torino avrà anche indotto molti a rimanere a casa, però fa un po’ impressione vedere tutti schiacciati sotto il camioncino usato per i discorsi, quasi a scaldarsi un po’. Ci sono le bandiere della Fiom, della Cgil del Piemonte, di Sinistra Critica, dei Cobas, di Sinistra Ecologia e Libertà, di Rifondazione Comunista e dei No-Tav. Il rosso è il colore prevalente, appena stemperato dal bianco e dal blu dello stendardo della pace. Il lessico è freddo e duro, da Novecento. «Marchionne è il meglio espresso dall’altra classe. La classe dei padroni», dice Marta Becco, bandiera di Rifondazione Comunista e appartenenza alla corrente Falce e Martello. Non si rischia la parodizzazione di riti consegnati alla storia? «No. Le nostre posizioni sono modernissime - assicura Claudio Formica, alle Carrozzerie dal 1977 - abbiamo sbagliato una volta, trent’anni fa, e non sbaglieremo più». L’ "errore" citato da Formica è il silenzio degli operai di fronte al contratto firmato, di notte, dai sindacati, dopo la sconfitta della marcia dei quarantamila. «Ci hanno provato anche questa volta - spiega riferendosi alle voci su una manifestazione pro Marchionne - ma siamo stati rapidi e loro hanno desistito». Anche se "loro" non si capisce bene chi siano.

I ricordi del passato si incrociano con le paure di oggi. Gli operai di Mirafiori tornano a lavorare chi il 10 e chi il 12 gennaio. Poi, dal 17 gennaio, sono di nuovo in cassa integrazione. Dajana Bellovino («35 anni, un mutuo da pagare e un compagno precario») tira fuori un argomento che (forse) toccherebbe il cuore anche di un redivivo Vittorio Valletta. «Se firmassero il contratto - dice - in catena di montaggio si alternerebbero i seguenti turni: dalle sei del mattino alle quattro del pomeriggio, la notte dalle otto di sera alle sei del mattino e poi dalle due del pomeriggio alle dieci di sera. Come potrei educare un figlio? Non voglio farlo crescere dai nonni. Dunque io, un figlio, non lo potrò avere».

Se la globalizzazione è entrata nelle relazioni industriali con il pragmatismo americano di Marchionne, pure gli operai nel loro piccolo ci provano, a trovare riferimenti internazionali. «Lui è americano? - si chiede Luigi Tarasco - e a me piacerebbe essere tedesco. I sindacati in Germania stanno nei consigli di amministrazione. Questo ci vorrebbe». Che le cose comunque siano cambiate in maniera irreversibile diventa evidente quando chiedi se, fra tanti compagni iscritti alla Fiom, qualcuno vota a destra. «Oh, certo che ce ne sono. Lui per esempio». "Lui" si schermisce: «Sì, ma non sempre, qualche volta». E pazienza se ti affronta a muso duro una signora col colbacco d’altri tempi: «Ma cosa vuole lei, ma che c’entra, perché volete dividerci...».