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 2010  dicembre 22 Mercoledì calendario

Nel mirino di Moody’s ora finisce il Portogallo - Tocca anche al Portogallo e visti i precedenti era inevitabile

Nel mirino di Moody’s ora finisce il Portogallo - Tocca anche al Portogallo e visti i precedenti era inevitabile. Dopo Irlanda, Belgio e Spagna, arriva il cartellino giallo delle agenzie di rating anche per Lisbona, con Moody’s che ha messo sotto osservazione la valutazione a lungo termine «A1» in vista d’un possibile declassamento. I governi europei si infuriano, il ministro delle Finanze di Madrid, Elena Salgado, dice che «si esagera» e nega il profilarsi di problemi per i suoi bond. Sui mercati però, il timore del contagio colpisce il differenziale fra il costo del debito dei virtuosi tedeschi e quello di chi sta meno bene, con Dublino che sale a 622 punti e Roma a 170. Paga forte pedaggio l’euro che scivola sotto quota 1,31 col dollaro. La calma appare lontana. L’altra grande del rating, Fitch, ha minacciato ieri di portare il rating della Grecia al livello di «junk», ovvero di spazzatura, dopo aver ottenuto solo risultanze negative dalla supervisione del merito di credito ellenico. E’ l’ennesima prova che Atene soffre di problemi strutturali che nel breve potrebbero non essere risolvibili, il che mina l’intero stato di salute dell’Unione. Nei borsini ci si interroga ancora sui proclami del vertice europeo di venerdì scorso, parole più che fatti, eppur sempre impegni di capi di stato e di governo. Li ha reiterati a Budapest il presidente stabile del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, per il quale l’Ue «è pronta a fare di più se necessario» per la stabilità dell’Eurozona che, in ogni caso, permane «fondamentalmente solida». Il messaggio del belga conferma così la disponibilità a sborsare, a precise condizioni, tutto il denaro necessario per garantire la stabilità della moneta comune. E’ un modo per cercare di tenere alla larga la speculazione. Per dire che non ci sono margini per remare contro e che il nuovo fondo anticrac saprà reggere ai marosi. Persino il commissario Ue all’Economia, Olli Rehn, finisce per cominciare ad accarezzare l’idea degli eurobond come cura e garanzia per i debiti sovrani. Il finlandese, in una intervista a Reuters Television, assicura che «il mio principio guida è quello di prepararsi all’azione prima di annunciarla in pubblico». La sua convinzione è che la «ripresa in Europa sia solida e sostenibile». Il dovere, adesso, è «contenere le turbolenza finanziarie in modo da evitare che siano erose le fondamenta della crescita che ritorna». Ciò non toglie, assicura Van Rompuy, che il club dell’euro debba attenersi a criteri finanziari il più severi possibile e lavorare con decisione a una soluzione al problema dell’indebitamento. A livello comunitario, ha aggiunto, non bisogna sottovalutare come i Ventisette si siano impegnati ad adottare misure per stabilizzare l’euro, decidendo di rafforzare il Patto di stabilità, rafforzando le regole di vigilanza finanziaria e macroeconomica, intervenendo nell’emergenza irlandese e greca. «Queste riforme sono le più grandi dalla creazione dell’euro e siamo aperti a fare ancora di più se necessario», ha assicurato. Un sostegno potrebbe arrivare insperatamente da un partner lontano, la Cina. Ieri il ministro del Commercio Chen Deming ha dichiarato che il suo paese, che detiene molti titoli in euro, è disposto a intervenire se necessario sui mercati per attenuare la crisi dei debiti sovrani. «Seguiamo conattenzione la situazione per vedere se la crisi può essere messa sotto controllo - ha detto a Pechino durante un incontro Ue-Cina -. Ci interessa capire se il consenso sul meccanismo anticrisi sarà convertito in azione». Salvati dall’ex celeste impero? Possibile. Anche se a qualcuno, più che una opportunità, sembra una minaccia.