Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  dicembre 22 Mercoledì calendario

Tempesta di neve sulla cometa - Di tutti i corpi del Sistema Solare le comete sono gli oggetti più spettacolari e affascinanti

Tempesta di neve sulla cometa - Di tutti i corpi del Sistema Solare le comete sono gli oggetti più spettacolari e affascinanti. Eppure, nonostante vengano osservate dagli albori della storia, soltanto negli ultimi decenni si è cominciato a delineare uno scenario abbastanza preciso sulla loro origine, composizione, struttura ed evoluzione. Un contributo eccezionale a queste conoscenze l’hanno dato le missioni spaziali che hanno osservato da vicino i nuclei ghiacciati di questi piccoli corpi planetari. È bene ricordare che i nuclei cometari sono costituiti da un miscuglio di ghiacci (per lo più ghiaccio d’acqua), in cui sono frammisti detriti rocciosi e polveri. La prima cometa obiettivo di una missione spaziale fu la Halley. Il 14 marzo 1986 la sonda europea «Giotto» transitò a 600 km dal suo nucleo, inviando a Terra le prime immagini di uno di questi oggetti. Ciò che apparve agli addetti ai lavori fu un oggetto allungato di 16 km per 8, con una densità di soli 0,6 grammi per centimetro cubo e con una superficie più scura del carbone (riflette solo il 4% della luce solare): da lì fuoriuscivano potenti getti di vapori e polveri. Fu la conferma che i nuclei cometari, come era stato ipotizzato dall’ astronomo Fred Whipple nei primi Anni 50, sono delle vere e proprie «palle di neve sporca». Teoria, questa, che stava per trarre in inganno il sistema di controllo della telecamera della «Giotto», che era stata programmata per puntare sull’oggetto più chiaro presente nel campo. Per fortuna erano presenti i getti di gas, di colore bianco, e così il nucleo, sebbene non al centro, rientrò nel campo di osservazione della telecamera. Dovettero passare più di 15 anni prima che una seconda cometa, la Borrelly, fosse visitata da una navicella. Protagonista fu la sonda «Deep Space 1» della Nasa, la cui missione primaria consisteva nel testare nuove tecnologie spaziali: durante la «fase due» della missione il 21 dicembre 2001 effettuò un «flyby» a meno di 2 mila km. Le immagini e i dati scientifici che la sonda riuscì a inviare furono all’epoca considerate le migliori in assoluto riguardanti una cometa. Le osservazioni ravvicinate rivelarono un nucleo a forma di birillo da bowling di 8 km di lunghezza e attivo. Al momento dell’incontro - otto giorni dopo il passaggio al perielio della cometa - dal nucleo fuoriusciva un potente getto in direzione del Sole, perpendicolare all’asse di rotazione. Quello principale era accompagnato da due getti più deboli, uno nell’emisfero della cometa in direzione del Sole e l’altro in direzione della coda. Tre anni dopo, il 2 gennaio 2004, toccò alla cometa Wild 2, ma in questo caso la sonda dell’agenzia spaziale americana - soprannominata «Stardust» - oltre a fotografare il nucleo, prelevò delle particelle cometarie della chioma che sono poi state riportate a Terra, il 15 gennaio 2006, racchiuse in una speciale capsula. Ma la missione più spettacolare è stata la «Deep Impact», sempre firmata dalla Nasa. La sonda, giunta in prossimità del nucleo della cometa Tempel 1, scagliò contro questo enorme blocco di ghiaccio e polveri del diametro di circa 6 km un proiettile di rame di 350 kg a una velocità di circa 10 km al secondo. L’«esperimento spaziale» aveva come obiettivo quello di osservare la «carne viva» di un nucleo cometario, che in genere è ricoperto da una crosta molto scura di materiale non volatile. Purtroppo, la nube di polveri e vapori sollevata dall’impatto, che si pensa abbia prodotto un cratere di un centinaio di metri di diametro e profondo una trentina, impedì ogni tipo di osservazione. Ma la storia non è finita qui. La sonda «Stardust», infatti, ribattezzata «Stardust-NExT» (New Exploration of Tempel), sarà di nuovo di scena il prossimo 14 febbraio 2011, giorno di San Valentino: effettuerà un «fly-by» a una distanza di soli 200 km dal nucleo della Tempel 1 e così questa cometa sarà la prima a essere visitata due volte da una sonda spaziale. Vedremo, quindi, tra non molto quali sono stati gli effetti dell’impatto del 4 luglio 2005. Anche la «Deep Impact» non terminò il suo lavoro dopo aver sparato l’enorme proiettile contro il nucleo della cometa Tempel 1. Lo scorso 4 novembre, infatti, la sonda ha effettuato un passaggio ravvicinato a 700 km dal nucleo della cometa Hartley 2 (il cui volume è 100 volte inferiore a quello della Tempel 1), riprendendo così in dettaglio quasi il 50% della sua superficie. L’aspetto del nucleo, lungo circa 2 km, è simile a un’arachide, somigliante per certi aspetti a quello della cometa Borrelly. Ma ciò che più ha meravigliato gli scienziati planetari, responsabili della missione, è stata la vera e propria tempesta di neve cometaria creata da getti di anidride carbonica che trasportano particelle di ghiaccio, con dimensioni che vanno da quelle di noccioline a quelle di palloni da football. E’ stata la prima volta che due nuclei sono stati osservati da vicino dalla stessa sonda. Le comete, quindi, non sono più gli oggetti misteriosi che, forse a causa dell’improvviso apparire e dell’aspetto inconsueto, erano ritenuti infausti: si diceva cometa e si pensava a guerre, epidemie e morte. "Mario Di Martino Astronomo"