[G.RU.], La Stampa 21/12/2010, pagina 7, 21 dicembre 2010
La vedova accusa “Lo hanno tradito due volte” - Rosa Villecco Calipari, è colpita dalle rivelazioni di Wikileaks secondo cui il governo Berlusconi avrebbe impedito che si costituisse la commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di suo marito, Nicola Calipari? «Devo essere sincera? No
La vedova accusa “Lo hanno tradito due volte” - Rosa Villecco Calipari, è colpita dalle rivelazioni di Wikileaks secondo cui il governo Berlusconi avrebbe impedito che si costituisse la commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di suo marito, Nicola Calipari? «Devo essere sincera? No. Al di là del cablo dell’ambasciatore Mel Sembler a Washington, da sempre abbiamo saputo che il governo italiano non avrebbe premuto il piede sull’acceleratore, alla ricerca della verità sulla morte di mio marito». Sin dai tempi della doppia relazione, americana e italiana, sull’episodio del conflitto a fuoco a pochi metri dall’aeroporto di Baghdad? «Ricordo che la sera prima che fosse pubblicato, il direttore del Sismi, Niccolò Pollari, e il capo di gabinetto mi portarono una copia della relazione. La lessi e lanciai in aria le pagine finali di quella relazione. Rivolgendomi a Pollari, dissi: "Avete tradito Nicola..."». Un rapporto non del tutto assolutorio degli americani.... «Sa, il punto è la conclusione dell’inchiesta italiana, che ha accertato che non si trattò di omicidio volontario... Per il resto, concordo nel ritenere quella ricostruzione abbastanza onesta». Anche il processo fu deludente? «Esito pilatesco. La corte ha stabilito il non luogo a procedere per difetto di giurisdizione. Ed è stata la seconda volta che Nicola è stato ucciso nel nome del popolo italiano. Non si è voluto fare il processo, sentire testimoni, pretendere la collaborazione degli americani». Giuliana Sgrena, la giornalista del "manifesto" sequestrata a Baghdad, che Nicola Calipari andò a liberare, chiede una commissione parlamentare d’indagine. Lei è d’accordo? «No, per carità. Ho visto come sono finite le commissioni d’inchiesta parlamentari... i miei figli hanno diritto a vivere serenamente...». *** “Così i militari americani cercarono di giustificarsi” - Pubblichiamo di seguito uno stralcio delle conclusioni della relazione della delegazione italiana nella Commissione di indagine congiunta costituita da Usa e Italia «Dall’esame dei primi documenti consegnati, è emerso che la notte stessa dell’evento, era stata condotta una prima inchiesta sommaria - la cd. «inchiesta del Comandante» affidata a un ufficiale del Battaglione cui apparteneva il reparto coinvolto nell’evento. I risultati di tale inchiesta sommaria dove sono stati sentiti solo i soldati coinvolti escludevano ogni responsabilità a carico dei militari, insinuavano che si era trattato di un incidente attribuibile solo all’alta velocità dell’autovettura Toyota Corolla e che i soldati avevano rispettato le regole di ingaggio (ROE). «Tale apodittica auto-assoluzione non sarebbe neppure degna di menzione se non fosse perché lo stesso ufficiale redigente aveva ritenuto di dover comunque cercare una giustificazione per l’assenza di segnaletica idonea ad avvertire il traffico in arrivo della presenza del posto di blocco, cioè della più elementare misura precauzionale sia per il traffico civile sia per i militari stessi. «Si tratta, in altre parole, della prova più evidente che l’ufficiale Usa responsabile si rendeva ben conto che una regola importante non era stata rispettata dagli operatori. «La giustificazione individuata, la circostanza cioè che i passeggeri dell’autovettura non avrebbero comunque compreso il significato di eventuali cartelli in quanto scritti in arabo e in inglese, si commenta da sola. Sembra però rispondere alla logica dell’ ufficiale redigente di minimizzare la portata del mancato rispetto delle regole previste per la predisposizione di un TCP. Per fare ciò, non si è fatto scrupolo di utilizzare un argomento a dir poco assurdo che le vittime, in quanto italiani, non avrebbero compreso né la presenza di cartelli nè parole come "STOP", "SLOW DOWN" o "DANGER", comunemente usate dalle forze americane (e non solo) su quei tipi di cartello».