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 2010  dicembre 19 Domenica calendario

“Il futuro? È in mano alle donne” - Professor Umberto Veronesi, è uscito con Einaudi il suo ultimo libro, «Dell’amore e del dolore delle donne»

“Il futuro? È in mano alle donne” - Professor Umberto Veronesi, è uscito con Einaudi il suo ultimo libro, «Dell’amore e del dolore delle donne». Come lo definisce? «È una via di mezzo tra un’autoconfessione frutto di una vita passata a strettissimo contatto con il mondo femminile e una presa di coscienza da parte mia del valore profondo del pensiero femminile». C’è differenza tra pensiero femminile e maschile? «Quello femminile è l’espressione di una condizione naturale prevalentemente fondata sull’amore». In che senso? «Nel senso che l’atteggiamento femminile è largamente influenzato dagli estrogeni, gli ormoni sviluppati attraverso i secoli per partorire, allattare e allevare i bambini. E questa ricchezza di estrogeni è quella che dà alle donne un messaggio biologico di non violenza e amore». Quindi biologicamente le donne sono molto diverse dagli uomini? «Certo. Non a caso, statisticamente le donne sono responsabili di una percentuale minima di omicidi (in Italia il 95% sono compiuti da maschi, ndr ) e odiano la guerra. Viceversa la celebrazione della guerra vista come espressione di eroismo di un popolo è prerogativa dell’uomo». Oltre che come medico, lei le donne le ha conosciute anche come uomo? «Ho passato la mia vita accanto alle donne nel momento della loro sofferenza, quindi il dialogo è stato sempre più facile e più profondo, e di questo mi sono arricchito». È vero che le donne sono più passionali in amore ma anche più drastiche, per esempio, nel porre fine a un rapporto? «Le donne sono certamente più ricche di sentimenti, di fantasie, di immaginazione e quindi i loro comportamenti sono qualche volta poco decifrabili dal sesso maschile. Questo non vuol dire che siano irrazionali perché l’esperienza con le mie ricercatrici dimostra che hanno una profondissima capacità di ragionare in maniera obiettiva. Le donne sono però intransigenti per loro natura e se sposano una causa o un amore intenso non accettano compromessi. Ad esempio, se io compio un’infrazione anche leggera con la mia macchina e si avvicina un vigile di sesso maschile penso che si dimostri più accondiscendente ad ascoltare le mie ragioni. Se viceversa è un poliziotto donna, sono sicuro chesarà più intransigente». Nel suo libro parla molto di sua madre e di tante donne che ha incontrato nella sua lunga carriera. «Mia madre è stata un punto di riferimento fondamentale per il mio sviluppo perché ho perso mio padre quando avevo cinque anni. Mia madre era una donna come tutte quelle che vivevano nella società agricola di un secolo fa: profondamente religiosa e legata alla tradizione e impegnata a difendere in ogni modo l’unità della famiglia. Ma era soprattutto molto buona, tollerante e solidale con le persone in difficoltà. Mi ha dato quindi un insegnamento che ha condizionato il mio comportamento per tutta una vita». E l’insegnamento di sua madre ha influito anche i suoi rapporti con le altre donne? «Ho sempre cercato nelle donne con cui ho avuto rapporti di affetto e amore le caratteristiche che possedeva mia madre». E le ha trovate? «Le ho trovate molto spesso, e se non erano presenti nella donna che frequentavo ero istintivamente portato ad allontanarmi da lei». Ha mai perso la testa per una donna? «Come no? Mi sono innamorato, soprattutto nella mia giovinezza». Trova che i sentimenti come la possessività e la gelosia siano soprattutto femminili? «Molte donne sviluppano un amore fortemente possessivo e vogliono custodire ad ogni costo questo loro possesso». Ed è un bene o un male? «È un bene perché rende molto solido un rapporto amoroso ma allo stesso tempo è una limitazione della libertà per il proprio partner». Secondo lei in futuro le donne avranno un ruolo sempre più importante? «Penso che il mondo che oggi è fondamentalmente gestito dagli uomini girerà verso il sesso femminile. La società del domani sarà basata sui principi della pacifica coesistenza e quindi sarà più adatta al pensiero femminile che a quello più bellicoso di tipo maschile». Ma lei questo mondo pacifico lo vede davvero così imminente o è un’utopia? «Non è assolutamente un’utopia. Qualsiasi persona interroghiamo dirà che è favorevole alla pace e non alla guerra. È solo una piccola minoranza che la pensa in modo opposto: dunque è inevitabile che andremo lentamente verso una pace universale». E quando ci vorrà? «Occorreranno decenni o forse secoli, ma i nostri nipoti e pronipoti vivranno in un clima di reciproco dialogo e solidarietà».