ELIO PIRARI, La Stampa 19/12/2010, pagina 17, 19 dicembre 2010
“Io, il calcio, la televisione e l’etica laica della moviola” - Milano 23 ottobre 1967, al bar «Da Piero» mandano InterMilan
“Io, il calcio, la televisione e l’etica laica della moviola” - Milano 23 ottobre 1967, al bar «Da Piero» mandano InterMilan. Secondo tempo, Rivera entra in area e tira. A portiere battuto il pallone passeggia sulla linea bianca qualche secondo... Gol o non gol? Davanti alla sua e a qualche altro milione di coscienze l’arbitro giura che è gol, forse sbagliando, ma queste sono le regole, ragione per cui gli interisti stabiliscono che le regole sono un moralismo da operetta. La polemica monta e Piero spegne le luci a notte fonda. Il gol fantasma del ‘67 rinforza il noto principio popolare secondo il quale l’arbitro, oltre a essere cornuto, è affetto da miopia, o strabismo variabile, morbo singolare, più conosciuto come «sudditanza psicologica», costringendo il calcio a inseguire le errabonde novità del tempo, le nuove tecnologie. La prima moviola è un mostro uscito da uno scantinato per topi, la versione dentata di una scatola per scarpe; i ralenti un delirio di nebbia che fa male allo spirito e alla vista. Alla consolle, con Heron Vitaletti c’è lui, Carlo Sassi, nato a Milano il 1˚ ottobre del ‘29 nella clinica San Giuseppe, zona san Vittore, tifoso della Cremonese perché amico del presidente Luzzara, studente in Scienze Economiche alla Bocconi, poi impiegato al Banco di Roma fino a quando lo chiamano alla Rai: «Dopo l’infarto che uccise papà però avrei voluto fare il cardiochirurgo». Nelle sue prime apparizioni televisive Sassi si limita a proporre «le azioni salienti» delle partite lasciando il commento a Pizzul: «Il più bravo di tutti insieme a Beppe Viola e Brera». Un giorno vede Beppe in lacrime. Il contratto di Brera esclude il suo. Prova a confortarlo: «Gianni è insuperabile quando lo intervistano, ma le domande le fai meglio tu». Parla con un dirigente, lo convince e arruolano anche Beppe. Con Stagno lavora 5 anni: «Tito era un esteta, in studio avrebbe voluto solo gente con i capelli biondi e gli occhi azzurri, però ebbe il merito di introdurre la musica nei servizi». Poi un giorno Tito sparisce perché con la testa è già sulla luna. Sassi ha un volto normale, mediterraneo, ma siccome di mezzo c’è la tecnologia stabiliscono che il suo è uno sguardo ipnotico, e forse la sua voce ha qualcosa di metallico. Il problema è che la moviola somiglia molto a un passatempo per folli. Il nastro magnetico non esiste. Per stampare la bobina se ne va via un’ora e mezza, la pellicola prima va riversata sul monitor, filmata con la cinepresa, poi sviluppata e mandata in stampa. Tempi biblici, cose che neanche Eisenstein. Ma l’incontro con la moviola nella vita di Sassi è un episodio marginale. «Volevo fare il fenomeno con una coetanea, allora, quindicenne, mi lancio da un rudere di via Motta. Risultato, un ginocchio in frantumi». Da ragazzo come centravanti non è male, lo chiamano all’Inter, si precipita, ma è così fuori giri che all’Arena entra in calzoncini, calzettoni, giacca e cravatta. Chiuderà la sua epopea da bomber con i dilettanti della Gaviratese. Per il calcio nessun rimpianto: «Dopo 44 anni la Rai ha tolto di mezzo la moviola, mi sembra una sciocchezza ma sono affari loro, quello che ruota intorno al calcio mi ha nauseato. Dopo il primo scandalo scommesse volevo chiudere bottega. Noi perdevamo la testa per un fuorigioco e quelli si vendevano le partite». Scandali. Parla dell’infanzia e cambiano i toni: «Mia moglie, la terza, è stata la mia prima fidanzatina. 25 anni io, 17 lei. Nell’87 la rivedo e ci gira la testa, decidiamo di sposarci. Non sono nonno e di portare i nipotini al Luna Park non avrei neanche voglia. Per il resto sono ateo, la morte non mi fa paura ma mi mette tristezza». Spingendo sullo sfondo l’arbitro, l’etica laica della moviola promuove il sospetto che più della tecnologia conti chi la manovra. Lo scontro si radicalizza, così tutti si mettono a fiutare le tracce del manovratore. «Boniperti, il Milan, l’Inter, Rozzi. Rozzi era un Don Chisciotte, un visionario, per il resto non è cambiato nulla, comandano sempre i ricchi, e i toni sono più lievi solo in apparenza. La stranezza è che la tecnologia più che da sedativo agisce da corpo contundente. Anche le parole sono le stesse. Herrera, il Mago, non Heriberto, è stato il più grande illusionista della storia del calcio, più efficace di Mourinho. Di tattica non capiva nulla, la sua filosofia era attacco 100 gol difesa 30, ma alla fine faceva un catenaccio che quello di Rocco impallidiva. L’unico, vero filosofo, è stato Scopigno. Una domenica mattina Vitali gli entra in camera da letto e gli fa: “Mister, oggi gioco?". Lui con gli occhi gonfi: “Che ore sono?", “Le dieci", “E’ l’alba, fatti una corsetta nel corridoio che poi ti dico».