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 2010  dicembre 21 Martedì calendario

IL CLIMA PREISTORICO DAL CALDO AL FREDDO. MA L’UOMO NON C’ENTRA

C’era una volta il riscaldamento globale causato dall’aumento di anidride carbonica, ma senza l’intervento dell’uomo. Tra 16 mila e 14 mila e 500 anni fa la CO2 è cresciuta in maniera naturale, non ha avuto bisogno del nostro aiuto e da sola ha innescato un brusco incremento della temperatura terrestre (deglaciazione). Al tempo, anidride carbonica e riscaldamento già andavano a braccetto, molto prima che nascesse l’era industriale. Il fenomeno è durato poco in termini geologici (parliamo di migliaia di anni). Dopo un picco iniziale del termometro, il riscaldamento ha rallentato la sua corsa. Il motivo: una diminuzione di anidride carbonica, è ovvio. A scoprire il «global warming» della preistoria a due velocità, con partenza accelerata seguita da andatura lenta, sono stati i ricercatori del progetto Taldice (Talos Dome Ice Core project), a cui hanno partecipato diversi team italiani: Università di Milano-Bicocca, Trieste, Firenze, Parma, Bologna, Venezia con Idpa-Cnr e Ingv. I risultati, pubblicati su Nature Geoscience online, sono stati ricavati dallo studio dei ghiacci antartici presso il sito di Talos Dome. Qui le «carote» di ghiaccio antico, cilindri di età compresa tra i 10 mila e i 250 mila anni, hanno svelato i segreti dell’atmosfera dell’Olocene. «Abbiamo notato una cosa curiosa durante lo studio — spiega Valter Maggi, glaciologo dell’Università Milano-Bicocca —. Tra 20 mila e 10 mila anni fa, mentre l’emisfero Sud si scaldava, quello Nord si raffreddava e viceversa. Questo fenomeno indica che nel riscaldamento globale geologico le correnti oceaniche hanno un ruolo determinante. L’acqua del mare trasporta un’enorme quantità di calore, ma si muove lentamente e per fare il giro del mondo ci mette mille anni. Questo vuol dire che gli oceani condizionano i modelli climatici a lunga scadenza, senza quasi influenzare quelli annuali» . Perché è importante studiare il clima del passato? «E’ l’unico modo per capire che cosa succederà in futuro— precisa Maggi —. I ghiacci antichi sono i nostri archivi naturali per trovare le informazioni che ci permettono di migliorare i modelli matematici del clima. Se studiamo l’aumento di CO2 con e senza l’uomo, possiamo capire quanto conta l’intervento umano sull’ambiente» . Questo particolare ridurrebbe gli errori nelle previsioni meteo. «Tra 100 anni la temperatura del pianeta potrebbe crescere da 1,5 a 6 gradi centigradi — aggiunge l’esperto —. Oggi nessuno sa essere più preciso» . La questione non va sottovalutata. Se si raggiungessero i +6 ° C, le prossime generazioni avrebbero seri problemi di sostenibilità. L’unico elemento capace di tamponare il riscaldamento è il pulviscolo atmosferico. «Le polveri sottili schermano le radiazioni solari, sono antagoniste della CO2 e contrastano l’effetto serra» commenta Maggi. Allora l’inquinamento può darci una mano? «No, perché soltanto le polveri naturali salgono in quota, fino a 4 mila metri, dove bloccano le radiazioni. Le Pm 10 antropiche rimangono a livello del suolo» . Peccato.
Paola Caruso