Sergio Rizzo, Corriere della Sera 20/12/2010, 20 dicembre 2010
DUE MINUTI, UNA DECISIONE: E’ GOVERNO-SPRINT
Cinquanta minuti. Venerdì 17 dicembre non c’ è voluto di più, al Consiglio dei ministri, per approvare nove decreti legislativi, un disegno di legge, un decreto della presidenza e un regolamento, ma anche fare tre nomine, rivedere l’ organizzazione dell’ Istituto superiore della Sanità, discutere dell’ esito di ben cinque conferenze dei servizi, ratificare un paio di modifiche agli statuti trentino e valdostano, sciogliere la Asl di Vibo Valentia e il consiglio comunale di San Procopio per infiltrazioni della criminalità organizzata. Venticinque provvedimenti in cinquanta minuti: in media due minuti ciascuno. Senza considerare il tempo dedicato, durante la stessa riunione, all’ esame «di talune leggi regionali» e pure, con straordinaria prontezza, alla faccenda politicamente più delicata: l’ estensione delle competenze della Provincia autonoma di Bolzano sul Parco dello Stelvio. Richiesta avanzata a Silvio Berlusconi dalla Sudtiroler Volkspartei, i cui rappresentanti alla Camera (Siegfried Brugger e Karl Zeller) tre giorni prima si erano astenuti durante il voto di fiducia, favorendo così la sopravvivenza del governo del Cavaliere. Una scheda bianca per un pezzo di parco naturale.
Cinquanta minuti, formalità comprese: nemmeno Speedy Gonzalez avrebbe fatto più in fretta. Ma la velocità è una straordinaria costante delle riunioni del quarto esecutivo presieduto da Berlusconi. Con o senza quei discoli di Futuro e libertà. Anche quando al governo c’ erano i finiani, i quali hanno spesso lamentato la mancanza di dibattito, andava infatti allo stesso modo. La matematica non è un’ opinione: dai resoconti di palazzo Chigi si ricava che le 43 riunioni tenute dal Consiglio dei ministri nell’ ultimo anno sono durate complessivamente 45 ore e 20 minuti. Mediamente, 63 minuti ognuna. La riunione più lunga, quella del 26 novembre scorso: due ore e 35 minuti. La più corta, quella del 19 novembre: dieci minuti soltanto per esaminare la nota di variazione al bilancio dello Stato, conseguenza della Legge di stabilità, come si chiama ora la Finanziaria.
Un quarto d’ ora è invece durato il Consiglio dei ministri del 13 dicembre. Quindici minuti per discutere dell’ intervento con cui Berlusconi avrebbe replicato qualche giorno dopo in Parlamento alla mozione di sfiducia presentata dal cosiddetto terzo polo, approvare tre provvedimenti di semplificazione normativa e due decreti legislativi. Stesso tempo, un quarto d’ ora, impiegato il 29 settembre, giorno del compleanno di Berlusconi, per approvare la Decisione di finanza pubblica relativa al prossimo triennio, recepire due direttive comunitarie e mettere una toppa a un errorino commesso con la legge taglia-leggi. Non si erano accorti che nella catasta di carte a cui Roberto Calderoli, nei panni di Nerone delle 375 mila leggi inutili, aveva dato fuoco il 24 marzo in una caserma dei pompieri di Roma, c’ erano anche 31 provvedimenti ritenuti invece assolutamente indispensabili.
Perché i vertici di governo sono così rapidi? Merito del buon lavoro che i tecnici fanno nei «preconsigli», vale a dire le riunioni preparative di quelle a palazzo Chigi? Effetto delle grandi doti di sintesi dei nostri ministri? O semplicemente conseguenza del fatto che i provvedimenti di questo governo vengono raramente discussi collettivamente? Certo, prendere decisioni quando tutti sono (o si dicono) d’ accordo è molto più facile. Più difficile è quando bisogna questionare su tutto. Basta vedere che cosa accadeva durante il governo di Romano Prodi, sostenuto da una maggioranza ispida e rissosa. I 32 Consigli dei ministri che il governo del Professore ha tenuto nella prima fase, da maggio a dicembre del 2006, sono durati la bellezza di 69 ore e tre quarti. Con una media di due ore e un quarto a riunione. Se però si tolgono dal conto tre Consigli dei ministri durati appena cinque minuti ciascuno, giusto il tempo per annunciare la decisione di porre la fiducia su alcuni provvedimenti, la media sale a due ore e 29 minuti. Con una punta massima di 9 ore e 45 minuti. Tanto andò avanti il Consiglio che alla fine diede il via libera alla prima Finanziaria che portava la firma del ministro dell’ Economia Tommaso Padoa-Schioppa. Una maratona che mise a nudo tutte le difficoltà dell’ Unione, facendo presagire come il percorso del governo di centrosinistra non sarebbe stato altro che un calvario. Uno stato di cose che ha avuto la certificazione postuma dell’ attuale segretario di Rifondazione comunista, allora ministro della Solidarietà sociale. Ieri, nel comunicato stampa con il quale Ferrero esprimeva il suo «profondo dolore» per la scomparsa dell’ ex vicedirettore generale della Banca d’ Italia, Padoa-Schioppa veniva appellato così: «Era avversario e galantuomo». Avversario, un collega di governo?
Sergio Rizzo