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 2010  dicembre 19 Domenica calendario

IL BRENNERO E TRIESTE DUE TESI PER UNO SCOPO

Ho letto che nel novembre del 1945 l’ Austria chiese la restituzione dell’ Alto Adige, ma l’ Italia si oppose con un atteggiamento che poneva in secondo piano la questione etnica; quella che il nostro governo aveva utilizzato quale principale argomento nella controversia per Trieste. Per l’ Alto Adige, invece, l’ Italia puntò su altri argomenti di natura strategica, economica e geografica. E così, mentre la perdita di circa 350.000 italiani dai territori di Trieste e dell’ Istria fu considerata come un oltraggio dal nostro governo, l’ annessione di circa 200.000 persone di lingua tedesca venne presentata sempre dal nostro governo come «una questione di secondaria importanza». Che cosa spinse il governo italiano ad assumere una posizione - quella triestina - che contraddiceva e confutava pienamente l’ altra, assunta per l’ Alto Adige?
Michele Toriaco
micheletoriaco@ alice.it
Caro Toriaco, occorre ricordare anzitutto che la provincia di Bolzano nel 1945 non era quella del 1918. Il contado era rimasto prevalentemente tirolese, ma vi era ormai, accanto alla popolazione di lingua tedesca, un consistente gruppo nazionale italiano, arrivato a Bolzano negli anni Trenta grazie alla politica industriale del regime fascista. È vero, tuttavia, che l’ Italia usò per il problema dell’ Alto Adige e per quello di Trieste due argomenti diversi e potenzialmente contraddittori. Volle il Brennero perché era il suo confine «naturale». Volle Trieste perché era prevalentemente italiana. In realtà dietro questi diversi argomenti vi è uno stesso motivo politico e ideale. Il Brennero e Trieste erano le maggiori conquiste italiane della Grande guerra, il prezzo pagato dagli Alleati per i sacrifici sofferti dal Paese durante il conflitto. Ed erano divenuti ancora più importanti quando il presidente americano Woodrow Wilson aveva respinto le rivendicazioni italiane su Fiume e la Dalmazia. Il nostro nazionalismo si nutrì da allora di umori revanscisti e sentimenti di frustrazione per la «vittoria mutilata». Mussolini fece di questo nazionalismo vittimista una delle piattaforme della sua popolarità e conquistò consensi presentandosi al Paese come l’ uomo che avrebbe raddrizzato i torti inflitti alla patria. Non è tutto. Dopo la rottura dell’ alleanza con la Germania e l’ armistizio del settembre 1943, i governi post fascisti cercarono di convincere gli italiani e il mondo che l’ Italia democratica aveva tutti i titoli necessari per terminare il conflitto nel campo dei vincitori. Era una pretesa di cui il trattato di pace dimostrò la fragilità. Ma la perdita del Brennero e di Trieste avrebbe certamente suscitato la reazione rabbiosa del nazionalismo frustrato di una parte della società italiana e screditato agli occhi del Paese la classe politica democratica. Questo spiega la tenacia con cui Alcide De Gasperi difese il confine del Brennero nei suoi negoziati con il ministro degli Esteri austriaco e, insieme ai suoi successori, si batté per la restituzione di Trieste all’ Italia. Sapeva che dalla soluzione dei due problemi dipendeva la credibilità nazionale del partito cattolico. Quanto ai modi utilizzati dall’ Italia nei due casi, caro Toriaco, il solo consiglio che posso darle è quello di ricordare che nella politica estera di uno Stato occorre cercare la coerenza degli interessi, non quella degli argomenti.
Sergio Romano