Maria Teresa Cometto, CorrierEconomia 20/12/2010, 20 dicembre 2010
MARCHIONNE, PRIMA FERMATA WALL STREET
Dai dirigenti ai sindacati-azionisti, dai sindaci agli analisti: manager promosso» Ha avviato la ripresa» Successo per la Grand Cherokee rinnovata. Ora la sfida di riportare Chrysler in Borsa. Senza fretta, però... DI MARIA TERESA COMETTO
S ergio Marchionne chiude il primo anno della sua gestione di Chrysler promosso dal pubblico americano. Dagli analisti del settore auto agli ingegneri di Detroit, dai sindacati ai consumatori, il giudizio prevalente è che l’amministratore delegato di Fiat stia rilanciando la terza casa automobilistica di Motown meglio più velocemente delle aspettative. «Chrysler era in condizioni molto peggiori di General Motors — sottolinea Christine Tierney, reporter del quotidiano Detroit News specializzata nell’auto —. Quando, dopo la bancarotta, è passata alla Fiat, non aveva nuovi modelli in arrivo e il rischio era che non sopravvivesse. Invece ha superato bene il primo test: la Jeep Grand Cherokee, il primo modello ridisegnato sotto la gestione di Marchionne, ha avuto un grande successo (+77%di vendite dal suo lancio in luglio) e in generale Chrysler sta recuperando quote di mercato (dal 9 al 9,4%nel 2010 sul 2009), vendendo più auto della media dei suoi concorrenti» . Vendite e rivali Nei primi 11 mesi del 2010 sono state vendute 10,4 milioni di auto negli Usa, l’ 11,1%più dello stesso periodo nel 2009. L’aumento per Chrysler stato del 16,5%, meglio di Gm (+7%), ma ancora lontano dalla performance di Ford (+21,1%), l’unica casa di Detroit non salvata dalla Casa Bianca. ris
ultati di Ford si vedono anche dalle sue quotazioni a Wall Street, salite del 65%quest’anno. Mentre Gm, tornata in Borsa a novembre, resta attorno ai 33 dollari del prezzo di collocamento. L’approccio di Marchionne sulla futura Ipo (offerta iniziale di azioni al pubblico) di Chrysler diverso da quello della rivale Gm. Nessuna fretta, perché più importante rimettere ordine nella produzione e ristrutturare il debito, che sta pesando sul bilancio: l’unico ancora in rosso fra le tre Big di Detroit (84 milioni di dollari di perdite nette nel terzo trimestre 2010, ma 239 milioni di profitti operativi prima del pagamento degli interessi sui debiti). «Prima di pensare alla finanza devi avere il prodotto giusto e Marchionne l’ha capito — dice Rebecca Lindland, direttore delle Analisi strategiche per il settore auto di Ihs global insight, società del Massachusetts leader nelle ricerche di mercato —. Un anno fa credevo che Chrysler non ce l’avrebbe fatta, ma ho cambiato opinione guidando i modelli ridisegnati e parlando con i suoi ingegneri. restyling della Jeep Grand Cherokee era già previsto, ma è avvenuto in soli due mesi. Sono colpita da come Marchionne sia riuscito a ridare entusiasmo e orgoglio agli ingegneri e disciplina tutta l’azienda. Ora gli investimenti stanno andan
do nei posti giusti, a risolvere i problemi che stanno a cuore ai consumatori. C’erano per esempio molte lamentele sugli interni dei modelli Chrysler: sono stati rinfrescati e ora piacciono» . Il rilancio di Chrysler è un «work in progress» , ma sta andando nella direzione giusta, conferma David Cole, che dirige il Center for Automotive Research (Car) a Detroit. «Ero a cena con una coppia di dirigenti senior di Chrysler e si discuteva di come le tre case di Detroit siano passate dalla fase degli amministratori delegati "re", come Lee Iacocca, a quella degli "allenatori", come Alan Mulally di Ford — racconta —. Ho chiesto se Marchionne fosse king o coach. un "dittatore"ma in senso buono, hanno risposto. Questa non è la fase in cui cercare consenso. Marchionne sta mettendo ordine e tagliando burocrazia interna. Ce farà a meno di due sorprese: un forte rialzo dei prezzi della benzina e ricaduta dell’America recessione» . Il fattore «petrolio» Il rincaro della benzina avrebbe un impatto particolare su Chrysler, perché i suoi modelli più popolari — la jeep e il Dodge Ram pick-up — sono ad alto consumo energetico; quelli più efficienti devono ancora essere lanciati, mentre la Fiat 500, in vendita da gennaio nelle principali aree metropolitane Usa sarà un prodotto di nicchia. A tifare perché Marchio
nne raggiunga i suoi obiettivi sono anche i sindacati (Uaw), azionisti maggioranza (55%) Chrysler, e le amministrazioni locali, dove sono aperte le fabbriche dopo la bancarotta. I primi hanno concesso un contratto con forti riduzioni del costo del lavoro e le seconde incentivi per gli investimenti. Con il risultato di salvare fabbriche come quella Sterling Heights, Michigan, che produce le berline Chrysler 200 e Dodge Avenger: 850 milioni dollari investiti e 900 operai nuovi o riassunti. «Una fabbrica Lazzaro, resuscitata» ha detto il sindaco Richard Notte Marchionne il 6 dicembre. «C’è un buon futuro qui, non sarebbe stato possibile senza il vostro sostegno» ha risposto l’amministratore delegato di Fiat. Chissà se pensava ai sindacati italiani.