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 2010  dicembre 21 Martedì calendario

UN MATRIMONIO AL MUSEO

«Merci!», ringraziava ieri il Louvre con una pubblicità a pagina 3 di Le Monde. Perché la colletta lanciata il 13 novembre su Internet (www.troisgraces.fr) è stata un successo: in un mese, il museo più visitato del mondo ha raccolto un milione di euro, la cifra che gli mancava per comprare da un privato Le Tre Grazie di Lucas Cranach. In cinquemila hanno risposto da ogni parte della Francia: c´è chi ha donato un euro, chi 40 mila. Tutti avranno il proprio nome scritto su una targa accanto al dipinto del Cinquecento, quando questo, dal 2 marzo, verrà finalmente esposto in una sala della casa della Gioconda. La riscossa dei musei in crisi, al tempo dei tagli, parte da qui. Per un Louvre che lancia un "Telethon" per assicurarsi una nuova opera da inserire nella collezione, c´è una Hamburger Banhof di Berlino che affitta (fino al 6 febbraio) le installazioni di Carsten Höller: chi vuole ci può dormire. Mille euro a notte per due, prima colazione compresa. In Italia, ci sono templi dell´arte - dalla Gnam alla Galleria Borghese di Roma, dal Mart di Rovereto al museo napoletano di Capodimonte - che mettono a disposizione le sale per eventi, compleanni, cene davanti ai capolavori o visite riservate che possono oscillare dai cinquemila ai 25 mila euro. Nel museo di Santa Giulia, a Brescia, ci si può addirittura sposare in una sala, per 300 euro.
Insomma, ognuno escogita il suo kit per far quadrare il bilancio. E qualcuno aveva già pensato di ricorrere a iniziative come quella di Parigi. Che non è una novità assoluta: nel 1920 il comune di Milano acquistò Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo con una raccolta pubblica e, solo nel 2007, la Tate Britain di Londra si è assicurata The Blue Rigi di William Turner con i soldi offerti dai benefattori.
«L´operazione del Louvre si può ripetere», dice Maria Vittoria Marini Clarelli, direttrice della Galleria Nazionale d´Arte Moderna di Roma. «Ci abbiamo provato anche noi quando nel 2004 il Moma di New York mise in vendita Il grande metafisico di De Chirico. Non bastavano i soldi dello Stato, allora tentammo di raccoglierne altri, ma la cifra era troppo elevata». Se per il De Chirico non si fece nulla, alla Gnam si è fatto qualcosa per Monet e Boldini. Le loro tele, oggi, sono sotto i vetri antiriflesso comprati grazie a una colletta delle signore del circolo Inner Wheel. Le tende delle sale, invece, vengono lavate gratis dopo un accordo di sponsorizzazione con la tintoria. «Spesso, privati cittadini ci chiedono come possono contribuire alle spese del museo. Con appositi cartellini indichiamo il loro sostegno: molti si dimostrano disponibili e collaborativi», continua Marini Clarelli. E poi ci sono gli affitti per serate speciali: quella dedicata a Cartier, nel 2007, portò 50 mila euro, sovvenzioni per alcuni lavori di restauro, ma anche l´accusa di snaturare lo spazio espositivo. «Sono tanti i casi in cui abbiamo detto no, come quando ci hanno contattato per girare le scene di un film pornografico nella nostra caffetteria. Preferiamo risparmiare coproducendo mostre con altri». Sì, perché le grandi esposizioni fai da te da anni ormai non esistono più. Oggi una "coproduzione" permette a più musei di condividere spese di catalogo e di trasporto. Alla Gnam per il 2012 stanno preparando una grande retrospettiva su Andy Warhol in collaborazione con Washington, Francoforte e Pittsburgh. E il risparmio passa anche attraverso la carta e la stampa: i bollettini di informazione scientifica si pubblicano sempre più frequentemente sul web.
Il Mart di Rovereto, per rientrare nelle spese, le mostre le organizza "chiavi in mano" anche agli altri: Cina, Giappone e Brasile sono suoi clienti fissi. «Vendiamo progetti culturali: esposizioni ad hoc con opere della nostra collezione. In Oriente c´è molta curiosità attorno all´arte italiana del Novecento, in questo momento per l´Arte Povera in particolare», spiega la direttrice Gabriella Belli. Per il 2010 il 29 per cento del bilancio totale dello spazio progettato da Mario Botta è costituito dall´autofinanziamento. Il Mart ospita ogni anno una settantina tra riunioni e cene di ordini professionali, presentazioni di oggetti di design, eventi legati alla scuola o all´università. C´è un tariffario preciso. «Chi viene, però, non si limita a usare i nostri spazi. Prevediamo sempre una visita guidata. Non tutto va bene dentro un museo, ma noi cerchiamo di combinare il matrimonio giusto. Chiediamo alle aziende clienti di entrare nella nostra membership, versando ogni anno una quota significativa».
In Italia, per fortuna, è impossibile che si verifichi quello che sta accadendo in America, dove lo scorso anno la Brandeis University smantellò il Rose Art Museum di Waltham, Massachussetts, vendendo seimila opere, dai Lichtenstein ai Rauschenberg, e dove ora il Philadelphia History Museum dà via i pezzi della collezione per pagare i 6 milioni di dollari necessari alla ristrutturazione, seguito a ruota dal National Academy di New York e dal Fisk. Ma garantirsi entrate extra per i musei è diventato indispensabile, se non si vuol finire come il Chillida-Leku di Hernani, tra i più importanti dei Paesi Baschi, che pochi giorni fa ha annunciato la chiusura.
«Siamo troppo piccoli per imitare il Louvre, che ha un richiamo planetario, e allora dobbiamo inventarci formule diverse», dice il direttore del Mambo di Bologna Gianfranco Maraniello, che fa fronte ai tagli (lui li chiama «limiti di spesa») con una "rassegnazione costruttiva". Alle ristrettezze del momento, quindi, si risponde "arrotondando" con serate di rappresentanza (2.000 euro), compleanni, campi estivi (185 euro a settimana) e laboratori per bambini che, più che servizi, sono ormai vere e proprie fonti di sostentamento. A questi si aggiunge l´offerta di consulenza a banche "collezioniste". «Mettiamo a disposizione la nostra esperienza per garantire agli istituti bancari di comprare bene - puntualizza Maraniello - . In cambio, otteniamo di esporre nel museo le opere acquistate».
L´arte di salvarsi dai bilanci in rosso, al momento, vale più di un capolavoro. Tramontata la speranza di poter contare sui fondi pubblici, i musei confidano per il futuro in nuove forme di elargizione a titolo gratuito perché, conclude la Marini Clarelli, «se verremo fuori da questa crisi, sarà grazie a quanti avranno capito che i musei appartengono a tutti». Il sogno, insomma, è di poter dire come il Louvre: «Grazie a voi».