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 2010  dicembre 21 Martedì calendario

A NATALE E’ DIO STESSO CHE CI CHIEDE DI SPENDERE


Natale è alle porte. E ci toccherà sorbirci le solite lagnose recriminazioni moralistiche contro «il Natale consumistico». È un uggioso refrain in cui si sono specializzati molti ecclesiastici, ma anche tanti laici, non credenti, che - per esempio dalle pagine di Repubblica, del Corriere della Sera o della Stampa - biasimano il presunto paganesimo della «corsa ai regali» (e lo fanno, ovviamente, mentre i loro stessi giornali vivono di pubblicità e i loro editori prosperano sui consumi). Oltretutto i consumi natalizi sono pure un beneficio per la nostra economia che soffre di un pilstentato, per cui è irritante vedere gli stessi che scagliano anatemi sul consumismo, strillare poi - il mese dopo - per le aziende che chiudono, per l’economia che ristagna e il deficit che cresce (come pure i ldebito, essendo rapportati al pil). Dunque mi appello ai parroci: per favore, quest’anno, evitateci queste geremiadi anticonsumistiche. Perché non c’è cosa più insopportabile (e acristiana) dels entire sacerdoti alla Messa di Natalec he - proprio mentre nasceGesù, il nostro salvatore, la gioia della vita - invece di parlarci di lui, invece di invitarci a rallegrarci, invece di consolare le nostre sofferenze,si mettono a strapazzare if edeli che si sono scambiati dei doni. A volte si ha quasi la sgradevole sensazione che a Natale tuonino contro il consumismo perché non hanno nulla da dire su Gesù, perché non si stupiscono più del suo venire al mondo, perché non neconoscono la meraviglia. «Expertuspotest credere quid sit Jesum diligere». Come si può - quando si è sperimentat al’amicizia del Salvatore e se n’è scorta la bellezza ineffabile- mettersi a tuonare contro le luminarie, i pranzi e i regali, inveced i parlare di lui? Non somigliamo a quei farise iche - davanti all’uomo misterioso che con un solo gesto guariva un paralitico - si mettevano a polemizzare perché lo aveva fatto disabato? Quasi che fosse ovvio e normale che uno potesse stendere la mano e guarire un uomo paralizzato. Si facevano a tal punto violenza da non restare stupiti neanche da un fatto del genere.E voi sacerdoti di oggi avete da dare la notizia più grande di tutti i tempi, la più commovente, inimmaginabile, consolante, cioè che Dio si fa uomo e viene ad abitare fra noi, che viene a guarirci, a salvarci,a vete la notizia che nulla sarà più triste e disperato come prima, e invece di gridarcela, di scoppiare voi stessi in lacrime di letiziae di commozione (perché davveros e non fossimo così tragicamente distratti dovremmo piangerne di gioia), invece di gridarla dai tetti, vi mettete a rompere le scatole suiregali? Quasi indispettiti dalla gioia della gente? Questa sì che è un’empietà! Oltretutto, se proprio vogliamo essere evangelici, dobbiamo riconoscere che il primo Natale dei regali è stato precisamente quello di duemila anni fa: sono stati i pastorie i Magi a viverlo così. E il Vangelo li esalta per questa spontanea gratuità. Del resto era un’umile risposta a un immenso dono. Perché in realtà è Dio stesso che inaugura «il Natale dei regali». I l“Grande Consumista” è Colui che ci ha regalato il cielo e la terra ,l’universo intero, con tutto quello che contiene. Nessuno ha dissipato e regalato così tanto i suoi benic ome quel Dio che ha voluto letteralmente svenarsi per noi.

UNA FOLLIA D’AMORE
Natale non è altro che questo: la follia di Dio. È la sua irraggiungibile umiltà, avendo voluto spogliarsi della sua maestà e della sua gloria per abbassarsi fino a farsi un piccolo bambino povero e poters idonare a noi senza umiliarci, ma anzi mendicando il nostro amore. Si può immaginare una follia d’amore pari a questa? Riflettiamoci. C’è un Re così grande, ricco e potente che possiede tutto. E dunque ti regala non solo pietre preziose e perle, ma il mondo interocon tutte lesue meraviglie.Però non gli basta, perché noi siamo insoddisfatti e infelici, e allora vuole donarti di più. Potrebberegalarti la felicità (per cos’altrotutti ci agitiamo se non per la felicità?)oppure potrebbe regalarti labellezza, o la pace del cuore ol’amore o il calore dell’amicizia epotrebbe perfino regalarti tuttoquesto per l’eternità, senza più latristezza della fine e della morte.Ma ha deciso di farti un donoancora più grande dove tutto questoè contenuto: se stesso, il suounico e meraviglioso Figlio cheletteralmente “è” tutto questo. InfattiGesù è la vera felicità, la pace,l’amore, la gioia, la vita e lo è persempre. E allora come si fa - davantia un tale Re che ti dona sestesso e tutto il suo regno, senzache tu lo meriti neanche lontanamente- come si fa a non essere strafelici e a non essere mossispontaneamente, anche noi, adonare? Ci sono passi bellissimi di Benedetto XVI sul dono nell’enciclica Caritas in veritate. Egli veden ella cultura del dono addirittura una immensa risorsa sociale. Ma allora i sacerdoti dall’altare di Nataledovrebbero dire esattamente l’opposto della geremiade contro il consumismo: dovrebbero anzi esortare a donare ancora di più, adonare non solo ad amici, figli oparenti, ma a riempire di doni e di amore anche tutti coloro che sono stati più sfortunati, coloro che vivono in povertà, coloro che soffrono,perché anche loro possanorallegrarsi nel giorno della gioia. Il papa san Leone Magno, nella sua celebre omelia natalizia, secolifa, annunciava e quasi gridava: «Il nostro Salvatore, carissimi, oggiè nato: rallegriamoci! Non c’èspazio per la tristezza nel giorno inc ui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne». Vorremmo sentire i parroci o i vescovi che ci ripetono queste parole, che incitano a non fermarsi apochi regali, a Natale, ma a donare più possibile. A donare perfino sestessi. E soprattutto a fare a se stessi il regalo più bello: l’amicizia di Cristo.Mi sembra di sentire qualche amico prete che obietta: «Va bene, dici belle cose, ma come si può tacere davanti a chi pensa solo ai regali, alla settimana bianca o all avacanza alle Maldive o sul MarRosso e neanche va alla messa di Natale?».A mico sacerdote, perché tu, come loro, pensi che la settimanabianca o le Maldive o il Mar Rosso siano in competizione con il Figliodi Dio che si fa uomo? Chi ha fatto le maestose montagne e il loro cielo di azzurro purissimo? E chi dà consistenza ai miliardi di cristalli di neve che accecano di luce? E i fondali o i coralli del Mar Rosso? Ela luna e le stelle? «Tutto è stato creato per mezzo di Lui e in vista di Lui e tutto in Lui consiste». E allora come privarsi di lui? Dovresti dire a coloro che si contentano di così poco (una settimana alle Maldive), a coloro che si rassegnano alla settimana bianca, che possono avere molto di più.


IL SENSO DELL’ESISTENZA
Perché a Natale ci si dona colui in cui c’è la bellezza degli oceani e delle montagne innevate, il refrigeriodella brezza d’estate, i coloridei boschi d’autunno, la dolcezza dell’amicizia, lo struggimento dell’amore dei figli, l’ardore dell’amore delle madri e perfino il gusto dei frutti succulenti della terra, la purezza dell’acqua e il saporedel vino. In lui c’è il gusto stesso della vita, il senso dell’esistenza. Così nella Messa ci sono tutte le montagne innevate e i mari più azzurri, tutte le bellezze dell’universo. Non a caso la liturgia coinvolgetutti i cinque sensi nell’adorazione, perché Dio si è fatto carne ed è venuto a salvare tutto l’uomo,è venuto a portargli una felicitàche passa anche attraverso i sensi umani, i sentimenti umani. È venutoa divinizzare tutto l’uomo. «Infatti il Figlio di Diosi è fattouomoper farci Dio», affermasant’Atanasio di Alessandria (DeIncarnatione, 54, 3: PG25, 192). E chi - ditemi - chi, sapendo tutto ciò, può essere così maso chistada rifiutare questo stupefacente regalo: essere trasformati in dèi, essere divinizzati, partecipare alla signoria di Dio sull’universo, partecipare alla gioia di Dio?