David Murgia, Avvenire 19/12/2010, 19 dicembre 2010
STAZIONE OSTIENSE, RIFUGIO PER 50 AFGANI
Li abbiamo scoperti che dormivano dentro i tombini. Poi dentro i cantieri, nelle fondamenta di palazzi in costruzione. E ora sui binari della stazione. Anche quando nella capitale le temperature scendono sotto lo zero, loro sono sempre nello stesso posto: la stazione Ostiense di Roma. Per questi ragazzi, questi giovani afghani in fuga da guerra e povertà - in transito in Italia per raggiungere altri Paesi, il Terminal è diventato un vero incubo. Ma è l’unico indirizzo sicuro che conoscono: Piazzale 1492.
Hanno 16-17 anni. Scappano dal proprio paese, senza un soldo in tasca. E poi intraprendono un viaggio disperato con mezzi di fortuna. Camion, barche, treni. Fin quando finalmente Roma diventa vicina. Per molti è solo una tappa intermedia. C’è chi vuole andare in Francia, in Inghilterra, in Germania.
Sono poche le regole che conoscono. Per vivere devono restare invisibili. Devono scomparire, evitare le retate, nascondersi durante i controlli. Bambini fantasma condannati a vivere sui treni. Questi minori non vogliono essere inseriti nelle strutture d’accoglienza per timore di essere registrati o segnalati dalla Polizia e quindi non poter più richiedere asilo altrove.
Per questo, se riescono a essere come ombre, se rispettano le regole, troveranno da mangiare e una pensilina con stracci e cartoni per proteggerli dalle intemperie. L’appuntamento è alle 23. Al binario 15 della stazione Ostiense. È un binario morto. Un marciapiede con tettoia che almeno li protegge dalla pioggia e dalla neve. Ma non dal freddo. Se non rispettano l’orario, la stazione chiude. Ma è facile scavalcare o trovare altre entrate abusive anche se poi devono camminare parecchio per ritrovare il proprio rifugio. Anche nella miseria esiste una gerarchia. Il binario 15 è il marciapiede più gettonato dai disperati senza un tetto. È quello più tranquillo, più silenzioso perché i treni arrivano solo da una parte. Inoltre sulle rotaie dove non passano mai i vagoni, ci si può appartare per i propri bisogni senza la paura di essere travolti, magari perché insonnoliti o fiaccati dal gelo. Qui prendono posto pakistani, iraniani, indiani, africani. Sono a Roma da più tempo. Hanno la precedenza. E i giovani afghani si devono accontentare di un posto cartone al limite della pensilina o in binari successivi.
I giovani afghani sono una cinquantina. Per proteggersi dal freddo si avvolgono totalmente con coperte, stracci e cartoni. Dormono finché possono, nonostante gli annunci di ritardi e arrivi che urlano gli altoparlanti.
Dormono nonostante il frastuono dei treni che sfrecciano o che si fermano per far salire e scendere i passeggeri. All’alba i pendolari quasi non si accorgono di loro. Anche quando, con indifferenza, sono costretti a scavalcarli.