Varie, 20 dicembre 2010
SCHEDONE SULLE FAMIGLIE ITALIANE
Dati del bollettino «La Ricchezza delle famiglie italiane» elaborato dalla Banca d’Italia: il 45% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane è in mano al 10% dei nuclei, mentre la metà più povera delle famiglie detiene il 10% della ricchezza totale. Le famiglie del nostro Paese sono tra le più ricche del mondo. «L’Italia - scrive Bankitalia - appartiene alla parte più ricca del mondo, collocandosi nelle prime dieci posizioni tra gli oltre 200 paesi considerati, in termini di ricchezza netta pro-capite. Il 60% delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 90% delle famiglie di tutto il mondo; quasi la totalità delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 60% delle famiglie dell’intero pianeta».
Altri dati Bankitalia: tra il 2007 e il 2008 la ricchezza delle famiglie è diminuita del 3,5% a prezzi correnti e del 6,5% a prezzi costanti. Inoltre nel confronto internazionale, le famiglie italiane risultano poco indebitate: alla fine del 2008 l’ammontare dei debiti era stato pari al 78% del reddito disponibile lordo; in Germania e in Francia esso risultava pari a circa del 100%, negli Stati Uniti e in Giappone al 130%. Bankitalia precisa inoltre che il 41% dei debiti delle famiglie italiane è rappresentato dai mutui per l’acquisto della casa. Il mattone continua a rappresentare il principale strumento di investimento e ricchezza in Italia, tanto che, a fine del 2009, la ricchezza in abitazioni detenuta dalle famiglie italiane ammontava a circa 4.800 miliardi di euro, ovvero circa 200 mila euro in media per famiglia. Secondo Bankitalia la ricchezza in abitazioni è cresciuta a prezzi correnti tra fine 2008 e fine 2009 di circa lo 0,3% (13 miliardi di euro).
N.B. I dati che seguono sono tratti, salvo diversa indicazione, dal dossier “Famiglia in cifre” dell’Istat, presentato a novembre 2010.
Le famiglie di uno o due componenti sono il 55,4% del totale. Erano il 51,1% nel 2002-2003. In particolare, il 28,1% sono persone sole, il 27,3% ha due componenti, il 20,8% ne ha 3, il 17,8% ne ha 4 e solo il 5,9% ne ha 5 o più. Quasi la metà delle persone sole ha 65 anni o più. Le coppie con figli sono più diffuse al sud e in particolare in Campania, quelle senza figli nel centro nord.
Le coppie con figli sono 9 milioni 588 mila, quelle con un figlio in casa sono il 46,5% del totale (erano 45,1 sei anni prima), quelle con due il 43% (43,4% sei anni prima) e quelle con tre o più il 10,5% (11,5% sei anni prima). Le coppie con almeno un figlio minore sono 5 milioni 930mila. I nuclei monogenitore sono 2 milioni 214mila. I nuclei monogenitore con figli minori sono nell’88,6% dei casi composti da madri sole. Nel sud ci sone le percentuali più alte per famiglie con 2 e 3 o più figli, nel centro nord con 1 figlio.
I ragazzi rimangono a lungo nella famiglia d’origine: tra 20 e 24 anni sono l’86,4%, tra 25 e 29 anni sono il 59,4% e tra 30 e 34 anni il 30,1%. Restano più a lungo in casa (20+34 anni) i maschi (62,8%) delle femmine (47,2%). Motivi per cui si rimane in casa dei genitori: perché si studia più a lungo (26,8%); per difficoltà economiche (46,4%); perché anche in casa si gode di buona autonomia (32,6%). Le difficoltà economiche sono maggiormente sentite al centro sud, mentre nel nord dell’Italia si rimane più spesso con i genitori perché si sta bene.
I single non vedovi sono 3 milioni 877 mila, i monogenitore non vedovi 1 milione 155 mila, le coppie non coniugate 820 mila, le famiglie ricostituite 900 mila. Sono tipologie di famiglie tutte in aumento grazie alla crescita di separazioni e divorzi. Sei anni fa i single non vedovi erano 3 milioni 31 mila, i monogenitori non vedovi 885mila, 564 mila le coppie non coniugate, quelle ricostituite 698mila. Tra le coppie non coniugate, la metà ha figli (cresciute dal 44,2% al 51% del totale negli ultimi sei anni).
Le famiglie con almeno un anziano (65 anni e più) sono il 36,5%, mentre quelle con almeno un minore sono il 28%. Le famiglie con ultrasettantacinquenni sono il 19,2%. Le famiglie composte da soli anziani (65 anni e più) sono il 23%. Le famiglie con almeno un minore e un anziano sono praticamente inesistenti e raggiungono solo l’1,3%.
Quasi una donna su cinque al momento della nascita del figlio lascia o perde il lavoro. Il 71% del lavoro in casa tra le coppie senza figli è a carico della donna (tra le lavoratrici). Il 71,5% del lavoro familiare nella coppia con figli è a carico della donna. La percentuale sale al 75% al sud.
Quando la mamma è al lavoro, il 52,3% dei bambini nella fascia d’età 1-2 anni è affidato ai nonni, il 9,2% alla baby sitter, il 13,5% frequenta un asilo pubblico, il 14,3% l’asilo privato, il 3,4% va da parenti o amici. All’altro genitore: 7,3%.
La maggioranza delle famiglie ha una casa di proprietà (74,3), senza differenze tra le varie regioni; il 17,2% è in affitto mentre il restante 8,5 gode dell’abitazione a titolo gratuito o grazie a usufrutto. Tra le famiglie proprietarie dell’abitazione, il 15,9% paga un mutuo. Circa il 9% delle famiglie è rimasto in arretrato con il pagamento delle bollette. Il 5,2% dichiara di avere l’abitazione in cattive condizioni, il 10,1% ha infissi danneggiati, il 17,1% problemi di infiltrazioni, l’8,4% scarsa luminosità. Per il 13% delle famiglie la casa è troppo piccola.
Il 10,8% delle famiglie italiane nel 2009 risultava in condizione di povertà relativa. Il fenomeno è più diffuso al sud, in particolare Campania e Sicilia. Oltre ad avere livelli di reddito e spesa per consumo mediamente più bassi, le regioni del sud mostrano anche una disuguaglianza nella distribuzione del reddito più accentuata rispetto al resto del paese. La povertà assoluta, che misura i “più poveri tra i poveri”, riguarda il 4,7% delle famiglie per un totale di 1.162mila famiglie e di 3 milioni e 74mila individui. Anche in questo caso i valori più alti riguardano il Mezzogiorno dove raggiunge il 7,7%. La diffusione della povertà in Lombardia è dieci volte inferiore a quella osservata in Sicilia. Le famiglie che dichiarano difficoltà ad arrivare alla fine del mese rappresentano un ventesimo delle residenti in Trentino e oltre un quarto delle campane o siciliane. *
* La povertà relativa è un parametro che esprime la difficoltà nella fruizione di beni e servizi, riferita a persone o ad aree geografiche, in rapporto al livello economico medio di vita dell’ambiente o della nazione. Questo livello è individuato attraverso il consumo pro-capite o il reddito medio, ovvero il valore medio del reddito per abitante, quindi, la quantità di denaro di cui ogni cittadino può disporre in media ogni anno e fa riferimento a una soglia convenzionale adottata internazionalmente che considera povera una famiglia di due persone adulte con un consumo inferiore a quello medio pro-capite nazionale. La povertà relativa si distingue dal concetto di povertà assoluta, che indica invece «l’incapacità di acquisire i beni e i servizi, necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile nel contesto di appartenenza» (Istat).
Nel 2007 la spesa media per la protezione sociale rappresentava il 25,2% del Pil nei Paesi della Ue a 27 (25,4% nella Ue a 25). L’italia si colloca all’ottava posizione nella graduatoria dei 27 Paesi, con una quota pari al 25,5% del Pil, in diminuzione di circa mezzo punto percentuale rispetto al 2004, sebbene ancora superiore a quella del 2000 (24,7%). Spesa sociale procapite italiana nel 2007: 6.944,9 euro (il top è il Lussemburgo con 15mila euro, all’ultimo posto la Bulgaria con 568,3 euro). La parte più importante della spesa è destinata alle prestazioni di vecchiaia che da sole rappresentano il 51,4% di tutta la spesa sociale (contro una media europea del 39,6). Le spese per la disoccupazione incidono per l’1,8% (5,1% della media Ue a 27), per le politiche abitative per lo 0,1% (2,3% Ue), sostegno alla famiglia 4,7% (8% Ue), per le politiche di contrasto alla povertà 0,2% (1,3% Ue).
Dall’annuario statistico Istat 2009. La spesa mensile delle famiglie italiane nel 2009 è diminuita di 43 euro (1,7% rispetto all’anno precedente). La spesa media mensile ammonta adesso a 2.442 euro. La spesa per gli alimentari è diminuita del 3%, ovvero 14 euro in meno rispetto al 2008. Scesi gli esborsi per i trasporti, per le spese mediche, per il tempo libero e la cultura. Sono aumentate le spese per combustibili ed energia (+3,8%) e per l’abitazione (+2,2%), capitoli che rappresentano oltre un terzo della spesa mensile totale. L’andamento medio è il risultato di un calo più accentuato al sud (-2,6%), dove la spesa media si ferma 1.898 euro, e di ridimensionamenti più contenuti al centro (-1,4% a 2.523 euro) e al nord (-1,5% a 2.768 euro).
Dati Istat 2010. Nei primi 3 mesi del 2010 il reddito disponibile delle famiglie è diminuito dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto al I trimestre 2009. Scende anche la propensione al risparmio: le famiglie italiane ora risparmiano solo il 13,4% del reddito.
Il 90% degli italiani considera la famiglia il riferimento più affidabile. Ne è soddisfatto quasi il 100% (indagini Demos-Coop: 2006-7).
Il 40% dei giovani conta sull’aiuto dei parenti e dei familiari per il futuro professionale (Indagine laPolis per Coop Adriatica, dicembre 2009).
Gli imprenditori, per affrontare il passaggio di generazione preferiscono «mantenere la proprietà e la gestione dell’azienda all’interno della famiglia». Lo sostiene il 47% degli intervistati nell’ambito di una ricerca per Confindustria (Demos, gennaio 2010). Un anno prima la pensava in questo modo il 29%.