RAFFAELLA SILIPO, La Stampa 17/12/2010, pagina 42, 17 dicembre 2010
Il genio del colore - Tiziano Vecellio nasce a Pieve di Cadore da una famiglia agiata di antiche origini: il padre e i nonni sono importanti giureconsulti oltre che amministratori della comunità cadorina
Il genio del colore - Tiziano Vecellio nasce a Pieve di Cadore da una famiglia agiata di antiche origini: il padre e i nonni sono importanti giureconsulti oltre che amministratori della comunità cadorina. La data della nascita non è certa perché i documenti sono imprecisi e contraddittori; Giorgio Vasari indica la sua data di nascita nel 1480. Giunto a Venezia giovanissimo, ad appena nove anni, è mandato ad apprendere l’arte nella bottega di Sebastiano Zuccato per passare, poi, in quella dei fratelli Gentile e Giovanni Bellini e diventare, poi e molto presto, allievo e collaboratore di Giorgione per il periodo di apprendimento e studio ed emulo e rivale in seguito. E’ noto che mentre Giorgione affrescava la facciata del Fondaco dei Tedeschi, che guarda verso il Canal Grande, Tiziano affrescava l’altra, verso la Merceria, raggiungendo e superando il maestro con la vivacità dell’intonazione dei colori. Infatti, nella sua prima attività sviluppò molto la «pittura di tono», con alterni riferimenti ora al Giorgione, ora a Giovanni Bellini e ora anche al Mantegna, a Dürer e Raffaello. Gli anni veneziani Indirizzatosi verso un realismo grandemente innovativo viene nominato, dal Senato di Venezia, Primo Pittore della Repubblica al posto di Giovanni Bellini morto nel 1516. Venezia a quei tempi è una grande potenza marinara; la Serenissima si estende territorialmente fino a Brescia e Bergamo e Venezia è una delle città più ricche per l’abbondanza delle merci che provengo da Levante e da Ponente. Anche le arti veneziane sono floride in quanto Venezia è il centro propulsore del più raffinato umanesimo e la Serenissima stimola l’accoglienza di intellettuali, di artisti e di letterati desiderosi di esprimersi liberamente senza i vincoli e i controlli della Chiesa. Tiziano diventa rapidamente importantissimo e la sua «pittura di tono» trova espressione già nel 1503 con la Pala di Anversa commissionatagli da Jacopo Pesaro; opera questa molto importante per la sua giovane età ma soprattutto per la sua affermazione sia nell’ambiente artistico sia in quello politico; sia nell’uno sia nell’altro, Tiziano è sempre pronto ad offrire il suo talento a tutte le esigenze della committenza veneziana. La prima opera ufficiale è costituita appunto dagli affreschi eseguiti nel 1507-08 sulla facciata del Fondaco dei Tedeschi, poi, nel 1510 la Pala di San Marco per la chiesa veneziana di Santo Spirito in Isola, oggi, Santo Spirito alla Salute. Nell’«Amor sacro e profano» (1515 Galleria Borghese, Roma), Tiziano, dispiega tutto il suo «classicismo cromatico» nella complessa e raffinata allegoria che celebra il matrimonio tra Niccolò Aurelio e Laura Bagarotto e nella pala dell’Assunta (1518 Santa Maria dei Frari, Venezia), grandiosamente scenografica, raffaellesca, che costituì un avvenimento artistico rivoluzionario per la città, il grande artista comincia a realizzare quelle grandi pale di altare che costituiranno una parte consistente della sua produzione. L’imperatore Carlo V Negli anni seguenti, Tiziano, padrone di un ricco bagaglio culturale umanistico, dovuto anche all’amicizia stretta con gli intellettuali di Venezia, come Pietro Bembo, Pietro Aretino, Iacopo Tatti detto il Sansovino inizia a lavorare per alcune corti italiane come Ferrara (1519), Mantova (1523), Urbino (1532) e per l’Imperatore Carlo V (dal 1530) con una copiosa produzione di scene mitologiche sensuali e decorative (due «Baccanali» ; «Venere di Urbino») in cui il ricchissimo tonalismo rende appieno ed esalta i grovigli di corpi nudi immersi in fiabeschi paesaggi. Tiziano è un artista e un uomo tranquillo, ama la vita conciliante e la sua vita familiare è serena, la moglie Cecilia, morta giovane nel 1530, gli ha lasciato tre figli: Pomponio, Orazio e Lavinia.Il primo diventerà sacerdote, il secondo avviato agli studi dell’arte gli darà aiuto nel suo lavoro e Lavinia, felicemente sposa, sarà la modella di molti suoi quadri. L’operosità di Tiziano non ha tregua, il suo progresso è maturato rapidamente, la sua personalità rivoluzionaria si è definitivamente affermata; le forme di Giorgione, di Giovanni Bellini, a cui si era ispirato, sono scomparse dalle sue opere dove invece prevale il suo personalissimo stile ed ha già creato quei tipi di donne che porteranno il suo nome; quelle bellezze che saranno dette tizianesche per le forme floride, le carni dorate, i capelli biondi. Copiosa anche la sua produzione ritrattistica da quella di gusto ancora giorgionesco («Uomo dal guanto» ; i ritratti di Pietro Aretino, dell’ambasciatore Girolamo Adorno, di una Cornelia, dama d’onore della contessa Pepoli questi ultimi tre del 1527) agli altri in cui la realtà dell’effigiato appare nella sua concretezza esaltata nel colore (il «Ritratto di Carlo V», il «Ritratto di Alfonso I d’Este», entrambi del 1533). Arduo è seguirlo nella sua complessa attività di ritrattista, di pittore di storie religiose e profane, di creatore di paesaggi e di architetture in cui trasferisce sempre sorprendenti colori e magiche forme. «La festa di Venere» e «Bacco e Arianna» (1525) rivelano il nuovo stile di Tiziano ormai libero da qualunque influsso di scuola: la ricchezza dorata del colore, la composizione monumentale, lo slancio del movimento, l’evidenza della pennellata sono le sue caratteristiche. La scoperta di Roma Il periodo dopo il 1540 (culminato nel soggiorno a Roma (1545-46) dove, insieme al figlio Orazio che lo aiutA nell’opera pittorica) rappresenta una svolta nell’opera di Tiziano, che coscientemente si confrontA con la cultura manierista, traendone spunti fondamentali (un moderato uso del chiaro-scuro, la composizione più complessa e mossa, riferimenti alla statuaria antica) per un nuovo tipo di figurazione, altamente drammatica ed emotiva («Ecce Homo», 1543, « Paolo III Farnese con i nipoti Alessandro e Ottavio», 1546). Accolto a Roma con grandi onori dalla corte pontificia il 9 ottobre 1545, insieme al Vasari e a Sebastiano del Piombo, Tiziano, scopre la Città Eterna, i suoi antichi monumenti e le sue rovine; una visita che entusiasma e rapisce il grande artista. A Roma incontra anche Michelangelo che nonostante una calorosa accoglienza ed affettuosi complimenti sul dipinto che ritrae Danae, commissionato dal cardinale Alessandro Farnese, non è un suo ammiratore. Racconta Vasari che il Buonarroti: «…ragionandosi del fare di Tiziano… molto gli piaceva il colorito suo e la maniera, ma che era un peccato che a Vinezia non s’imparasse da principio a disegnare bene…». Nonostante il pungente commento di Michelangelo, a Tiziano viene conferita la cittadinanza romana come omaggio al suo talento e il 19 marzo del 1546 il soggiorno a Roma è già concluso; dopo una breve sosta a Firenze, Tiziano, rientra a Venezia per riprendere i lavori lasciati sospesi. L’esperienza romana non è priva d’effetto perché il dipinto del Martirio di San Lorenzo, per la Chiesa dei Gesuiti, contiene riferimenti all’architettura classica e nella Pentecoste lo stile è arricchito dagli echi della fabbrica bramantesca di San Pietro. I ritratti Nel 1548 con il figlio Orazio fu al seguito di Carlo V alla Dieta di Augusta, evento che consacra la sua fama di massimo pittore europeo. Si dice che Carlo V con ammirazione reverenziale gli cedesse la destra e che gli raccogliesse i pennelli se per caso e accidentalmente fossero caduti a terra. Il suo tipo di ritrattistica raffinata e solenne è ormai canonico («Carlo V alla battaglia di Muhlberg»; «Filippo II», 1548) e sempre molto intensa era la produzione di scene eroticomitologiche definite «poesie» dall’artista stesso come, una per tutte, la Venere con organista, amorino e cagnolino dipinto per il figlio dell’Imperatore Filippo II . Una maggiore penetrazione psicologica, accompagnata a un ricco tonalismo basato su tinte brune e dorate caratterizza, invece, la produzione ritrattistica («Clarice Strozzi a cinque anni», 1542, «Uomo dagli occhi glauchi», detto anche «Il giovane Inglese»). Per Venezia, l’attività di Tiziano è particolarmente rivolta alla realizzazione di pale religiose (come il «Martirio di San Lorenzo», 1559, Chiesa dei Gesuiti), indirizzate stilisticamente, a quella progressiva materializzazione delle forme, attuata attraverso l’impiego di pennellate rapide e corpose che amalgamano o spezzano toni di colore, che caratterizzA l’ultimo periodo di Tiziano, posteriore al 1560. Gli ultimi capolavori del maestro superano, infatti, definitivamente, ogni visione spaziale rinascimentale, portando alle estreme conseguenze la pittura, tutta di colore, della tradizione veneta, accentuando i contenuti drammatici o pietisti delle scene («L’Annunciazione», «Tarquinio e Lucrezia», «L’incoronazione di spine»). La peste Nel 1575 una violenta epidemia di peste colpisce Venezia e Tiziano presagendo vicina la sua morte dipinge una grande tela per la Cappella di Cristo nella chiesa di Santa Maria dei Frari dove aveva chiesto ed ottenuto il permesso della sua sepoltura. Il quadro denominato Numeri da capogiro in questi giorni prenatalizi per i musei milanesi. La cultura ha fatto il pieno. Nonostante il freddo insistente, centinaia di persone si sono messe in coda, rinunciando, o sospendendo, lo shopping natalizio, per prendere una boccata d’arte. L’impressione di chi in quelle code si è trovato o le ha soltanto notate passeggiando, era di essere in presenza di grandi numeri. I dati ufficiali, forniti dall’assessorato alla Cultura, raccontano di 20 mila ingressi nella giornata dell’8 dicembre alle mostre allestite a Palazzo Reale, all’Arengario, alla Rotonda della Besana, a Palazzo Marino e al Palazzo della Ragione. Ed è realistico pensare che in più d’uno abbiano visitato almeno due mostre. Le code si formano già di primo mattino, perché chi ama la cultura è impaziente di incontrarla. Sopratutto fila c’è stata per l’intera giornata, fuori da Palazzo Marino, per ammirare «La donna allo specchio», di Tiziano, come era stato nel 2008 con il Caravaggio e nel 2009 con Leonardo da Vinci. Un’attesa di cui ci si scorda appena varcato l’ingresso di sala Alessi, quando si è presi per mano da un esperto che dedica a piccoli gruppi di dieci persone venti minuti di spiegazione magistrale dell’opera. Già, perchè la forza e la differenza di questa esposizione è puntare sulla monografia, scoprire un autore attraverso l’attenta osservazione di un unico quadro rivelatore. In questo caso fondamentale è la cura dell’allestimento e l’aiuto degli esperti. La parola chiave, insomma, è «La pietà» (conosciuto anche come il «Compianto del Cristo morto») evidenzia il cupo pessimismo e la drammaticità dell’evento della morte di Cristo abbandonato sulle ginocchia della Vergine; un vecchio seminudo inginocchiato davanti alla Madonna e al corpo pallido del Cristo morto nell’atto di chiedere l’intercessione divina di essere preservato dalla peste, cela l’autoritratto di Tiziano nell’estrema e tragica angoscia del pittore prossimo alla morte.Il 27 agosto del 1576 tra gli spasmi della peste Tizia«qualità». Non a caso il sindaco di Milano, Letizia Moratti, intervenuta all’inaugurazione assieme con l’assessore comunale alla Cultura, Massimiliano Finazzer Flory, ha commentato: «Milano risponde sempre molto bene quando ci sono eventi di qualità». Sul successo non aveva dubbi neanche l’ad di Eni Paolo Scaroni che ha voluto precisiare di non essere uno sponsor: «Gli sponsor normalmente danno denaro a un’iniziativa oranizzata da qualcuno. Ma chi ha organizzato questo evento siamo noi e ne siamo orgogliosi perché l’esposizione dell’opera di Tiziano è un’occasione straordinaria per avvicinare e conoscere un capolavoro dell’arte italiana». no muore e solo un provvedimento speciale, emesso d’urgenza, gli risparmia la fossa comune; con una cerimonia frettolosa viene sepolto il giorno successivo nella chiesa di Santa Maria dei Frari senza che il quadro, non ancora terminato, sia posto come ornamento della sua tomba. Palma il Giovane completa il quadro apportandovi solo qualche modifica e nel 1631 il dipinto viene portato nella chiesa, oggi distrutta, di Sant’Angelo da cui passa nel 1814 alle Gallerie dell’Accademia di Venezia dove tuttora è conservato. Anche il figlio prediletto Orazio, che lo aveva aiutato in tutti i suoi capolavori, muore di peste lo stesso anno 1576. Tiziano era vissuto nella sua Venezia per quasi un secolo, in una casa fastosa, lussuosa; era uno degli uomini più ricchi di Venezia e lascia alla sua morte un’ingente eredità che il figlio Pomponio sperperò nel breve volgere di un quinquennio. Tiziano non ha lasciato allievi. Ma la sua lezione e i suoi colori hanno attraversato cinque secoli. Considerato dai posteri come il massimo «colorista» mai esistito, Tiziano ha costituito per tutto il Seicento un modello fondamentale per i ritratti e per le scene mitologiche (alle quali si ispirarono tra gli altri Rembrandt e Rubens), mentre la sua tecnica pittorica, nei vari aspetti del suo sviluppo, ha interessato profondamente gli artisti più diversi (come Goya, Delacroix, gli Impressionisti) per « l’equilibrio di senso e di intellettualismo umanistico, di civiltà e di natura, in cui consiste il fondamento della sua arte.