(e. ran.), la Repubblica 17/12/2010, 17 dicembre 2010
NEGATA LA RICOMPENSA PROMESSA E FAVATA RUPPE IL SILENZIO SUL CAVALIERE - MILANO
«La mia famiglia vi sarà riconoscente in eterno». Questa promessa, pronunciata la sera della vigilia di Natale di cinque anni fa, da Silvio Berlusconi, in una sala della sua residenza di Arcore, non è stata mai onorata. E solo grazie a questo "sgarro", la vicenda su come effettivamente le intercettazioni dell´inchiesta sulle scalate ad Antonveneta e alla Bnl, sono finite sulle colonne de il Giornale, sembra essersi finalmente chiarita.
A fare saltare il tappo su un mistero in cui, per lungo tempo, era stata sospettata la Guardia di finanza, è stato un uomo di 60 anni, imprenditore dalle alterne fortune (alla fine degli anni ‘80 è finito in carcere per bancarotta), che ha il nome di Fabrizio Favata. È stato lui, per sua stessa ammissione, a mettere in contatto l´ex numero uno della Rcs Roberto Raffaelli (la società che affittava le attrezzature alla procura di Milano per le intercettazioni), e Paolo Berlusconi. E sempre lui, Favata, ha varcato il pesante cancello in ghisa di Arcore, «intorno alle 18 e 50», di cinque anni fa, per portare un dono prezioso al presidente del Consiglio. «Il presidente ci fece un discorso di circostanza - ha ricordato come andarono i fatti quella sera Raffaelli ai pm -. Finito il discorso, Paolo mi domanda "ma ci devi far sentire qualcosa?"». Dopo aver riconosciuto le voci di Fassino e Consorte al telefono, Berlusconi pronunciò l´ormai nota promessa: «Che la famiglia sarebbe stata in eterno grata per quello che aveva fatto».
A Favata quella «cortesia» serviva per ingraziarsi il premier e continuare a fare affari con il fratello Paolo, nella società Solari. com (liquidata per debiti pochi mesi dopo). A Raffaelli, allora ambizioso manager, la possibilità di avere un occhio di riguardo dai più alti gradi delle istituzioni, per garantire un futuro ancora più radioso alla sua azienda. Ma quale sarebbe stato il ritorno per i fratelli Berlusconi? Su questo punto, le carte dell´indagine rimangono monche. Accertano che Berlusconi junior ha subito girato le carte al direttore del suo giornale, Maurizio Belpietro, e tre giorni dopo Natale, le parole di Fassino e Consorte (allora note solamente ai magistrati che indagavano sulle scalate dei «furbetti del quartierino»), campeggiavano in esclusiva in prima pagina sul quotidiano di via Negri. Nella richiesta di archiviazione formalizzata ieri dalla procura, sulla posizione del premier si cita, molto brevemente che «la vicenda ha avuto una notevole rilevanza», dopo la pubblicazione del giornale, ma non parla di altre utilità.
Quando Favata, chiusa la Solari. com, si è trovato in mezzo a una strada, nel 2007 ha tentato di riscuotere quell´assegno in bianco firmato, a parole, dal premier, alla vigilia di Natale 2005. Si è rivolto a Giuliano Ferrara, all´onorevole del Pdl Gaetano Pecorella, a Paolo Berlusconi. Ha tentato una estorsione all´avvocato-onorevole del Pdl, Niccolò Ghedini, pur di ottenere quel «milione di euro» che gli avrebbe garantito la sopravvivenza. Niente. Nessuno degli uomini che lui riteneva più vicini al premier, ha speso una parola perché quel favore venisse ricompensato, e solo dall´estate del 2009, Favata, disperato per una situazione economica ormai al collasso, ha deciso di rivolgersi al leader dell´Italia dei valori, Antonio Di Pietro. In cambio della sua verità e di una serie di intercettazioni che aveva registrato di nascosto con i protagonisti di questa vicenda, Favata chiedeva denaro. L´ex pm, sentita la sua storia, si è precipitato in procura, a Milano. Il resto, è il frutto di un lavoro di indagini che si è concluso ufficialmente ieri. Racconta anche di un Favata che per aumentare le commesse della Rcs, ha pagato con soldi in nero quasi 500 mila euro a Paolo Berlusconi (tranche di 40 mila euro mensili e in contanti), per fare ottenere incontri istituzionali a palazzo Grazioli a Raffaelli.