FEDERICO RAMPINI, la Repubblica 16/12/2010, 16 dicembre 2010
L´UOMO DELL´ANNO È MR FACEBOOK "TIME" IGNORA LA SCELTA DEI LETTORI - NEW YORK
Mark Zuckerberg, fondatore e capo supremo di Facebook, è l´uomo dell´anno del magazine Time: una decisione «politica», accolta da bordate di polemiche globali. «Time ignora la volontà dei lettori - denuncia il blog progressista Huffington Post - in 382.000 avevano votato online perché la copertina andasse a Julian Assange di WikiLeaks, la direzione di Time non si è neppure degnata di spiegare perché ha scelto diversamente». Nei blog libertari dilagano le teorie del complotto: sarebbe intervenuto addirittura il Pentagono a far pressione su Time per impedire che «il nemico dell´America» Assange conquistasse l´ambito titolo.
Eppure le ragioni per consacrare Zuckerberg non mancano, e il lungo ritratto che Time gli dedica è una difesa implicita di questa scelta. 700 milioni di membri: se il popolo di Facebook fosse una nazione sarebbe (anzi: saremmo) terza dopo Cina e India. Un risultato stupefacente per il «social network» la cui idea embrionale nacque dentro un pensionato universitario di Harvard appena sei anni fa. Oggi lo utilizzano persone che parlano 75 lingue diverse. La metà dei cittadini americani ha già la propria pagina personale su Facebook, ma il 70% degli utenti vive nel resto del mondo. Crescono al ritmo di 700.000 nuovi aderenti al giorno. Nessun´altra innovazione, né il computer né il telefonino, né la tv né Internet, ha mai avuto velocità di diffusione paragonabile a questo fenomeno. A 26 anni ( il più giovane nella storia delle copertine di Time) Zuckerberg «vale» già 7 miliardi di dollari, più del fondatore di Apple Steve Jobs. Li vale solo sulla carta, perché finora ha resistito alle offerte di quotarsi in Borsa o di vendere un pacchetto a Yahoo! o Microsoft.
Nonostante le polemiche sulla scelta di Time, Zuckerberg è meno antipatico di com´è stato raffigurato nel film The Social Network (candidato all´Oscar). Per essere il creatore di un impero la sua indifferenza al denaro è disarmante: vive in un piccolo appartamento in affitto, a fianco alla sede dell´azienda a Palo Alto. Come unico hobby studia il cinese. La sua automobile è una modesta Honda Acura. Un mese fa ha donato 100 milioni di dollari alle scuole dei quartieri poveri del New Jersey. Ora si appresta a un passo ben più grande: cederà la massima parte del suo patrimonio a delle ong umanitarie, seguendo l´esempio di Bill Gates, molti anni prima per l´età anagrafica. Nella sua pagina personale su Facebook, Zuckerberg mette tra i propri interessi «Eliminare il Desiderio», una massima che definisce «probabilmente buddista».
Almeno su un dettaglio l´attore che lo interpreta nel film è una copia fedele: veste solo di T-shirt, jeans, ciabatte flip flop, nello stile casual della Silicon Valley. Eppure questo ragazzino «insignificante», che si confonderebbe tra coetanei in un campus universitario californiano, ha già segnato in modo profondo l´epoca in cui viviamo. La rivista Wired, la Bibbia della cultura hi-tech nella Silicon Valley, gli imputa «la morte della Rete». Ovvero la fine del vecchio Internet: quello che era nato dalla cultura trasgressiva degli anni Sessanta, un immenso spazio aperto, distinto dall´anonimato, dall´egualitarismo e dalla mancanza di barriere. Facebook ovviamente usa Internet, ma ha ricreato l´esperienza della navigazione facendone un fatto «comunitario»: ci si muove all´interno di gruppi di amici (più o meno intimi), familiari, colleghi. Si consumano le notizie, le foto, i video, le musiche, perché ci vengono segnalate «dal nostro gruppo». Questa rivoluzione di Internet, che lo trasforma in un´esperienza guidata e recintata fra miriadi di club e di clan, ha potenzialità di business fenomenali. Zuckerberg le sfrutta con un approccio non proprio buddista. Dal novembre 2007 si è lanciato nello sfruttamento pubblicitario, con il sistema Beacon che segnala ai nostri amici di Facebook tutto quello che compriamo.
Trasforma i nostri gusti in «consigli d´acquisto» personalizzati.
Quando la Nike mise un annuncio pubblicitario su Facebook durante i mondiali di calcio, ebbe 6 milioni di accessi («clic») volontari. Zuckerberg fa già parte dell´establishment capitalistico e ne ha appreso le regole di fair-play: alla notizia della copertina di Time ha reagito con un comunicato umilmente ossequioso: «Sono onorato, è un riconoscimento per le centinaia di milioni di persone che vogliono un modo più aperto e interconnesso». Purché l´apertura sia compatibile con gli interessi del suo governo. Il numero uno di Facebook riceve regolarmente nel suo ufficio il capo dell´Fbi Robert Mueller che su Facebook trova una banca dati sui cittadini americani molto più ricca della sua. Come sospettano i suoi detrattori, forse Facebook non è tanto diverso da WikiLeaks, ma i suoi bersagli siamo noi?