FILIPPO CECCARELLI, la Repubblica 16/12/2010, 16 dicembre 2010
IL SUDOKU DEL CENTRO UTOPIA E CHIMERA DELLA SECONDA REPUBBLICA
Zitti tutti che arriva il Centro. Maiuscolo. Non ancora, certo, il Grande Centro, come pure diverse volte nel corso dell´ultimo quindicennio è stato baldanzosamente evocato da alcuni politici non sai bene se più superbi o sprovveduti.
Ma almeno che non sia il centro, stavolta. Minuscolo, in tal caso, e quindi da intendersi come astrazione geometrica di multiforme irrilevanza, spazio vacuo e fluttuante nei gorghi del più duraturo e soporifero immaginario: meste radunate di reduci nei conventi delle monache brigidine, vane rimpatriate di avellinesi attorno a una bottiglia di vino di Atripalda, interminabili documenti dell´ex banchiere Pellegrino Capaldo, comitive di leghisti cacciati in malo modo da Bossi, ex socialdemocratici in pena, massoni in sonno, non meglio precisati liberal-democratici sedotti da incoraggianti, anzi davvero eccessivi sondaggi del dottor Piepoli sulle potenzialità elettorali di questo benedetto centro, in realtà sistematicamente condannato a rivelarsi un «centrino da tavolo», e giù tutti a ridere.
Ci fu un´estate in cui Emilio Fede, probabilmente su imput di Berlusconi che a quel tempo non sapeva dove andare a sbattere la testa, s´inventò un macchinoso tele-trastullo sintomaticamente battezzato «il Sudoku del Centro». Ma spiegare qui le regole di quella specie di labirinto a base di Parisi, Follini, Tabacci, Boselli e Formigoni toglierebbe un sacco di spazio ad altre epiche fantasticherie sull´inesorabile nonché imminente deflagrazione del bipolarismo, donde l´attesa messianica, tra Becket, Ionesco e il cardinal Sodano che invocava una «santa audacia».
Tutti ci hanno provato almeno una volta; Casini e Rutelli già qualche anno fa, come s´intuisce da una Rosy Bindi al fulmicotone che per l´occasione li designò: «I due piacioni brizzolati». E auguri adesso anche a Fini e agli altri della Nazione. Il centro, in ogni caso, come utopia, panacea, simulacro, desiderio, pretesto, chimera, spauracchio, mito, format e karaoke della Seconda Repubblica. «Io centro» fu il claim della campagna elettorale dell´Udc nel 2005. «Io c´esco» fu il naturale companatico allorché di lì a poco, Casini si sfilò dall´alleanza con il Cavaliere. «Centro di questi giorni» divenne a un certo punto la minaccia che gravava sul capo degli ospiti sul palco delle terme mastelliane di Telese.
Ed è davvero molto difficile, nel giornalismo politico, resistere allo scetticismo dinanzi a figurazioni retoriche, «terzo polo», «moderati», che sembrano far conto sui naturali processi di rimozione e sfruttano l´inevitabile perdita di memoria che affligge, alleggerisce e a volte addirittura commuove gli specialisti bombardati di «notizie». Per cui sì, il centro: e come calandosi in una tiepida bagnarola si viene sommersi dal Patto Segni, dalle peripezie di Buttiglione, dalle acrobazie di D´Antoni, dall´orsetto della Pivetti, dalla terza gamba dell´ulivo che Lambertow Dini trascinava in certi dolorosi vertici, detti «tavoli», a Palazzo Colonna.
Geometria negletta e riarsa di ambizioni, di frustrazioni, di tutto e di nulla. La Grande Cisl. La Cosa Bianca. Il Progetto Culturale del cardinal Ruini. La convention di Democrazia Europea con Ortensio Zecchino e Pippo Baudo. «Il cendro... - e qui Ciriaco De Mita faceva una pausa pedagogica scrutando la platea con occhietti puntuti - il cendro è un modo di governare». Nel 1997 Paolo Cirino Pomicino, ricoverato in fin di vita al Policlinico, fa accorrere Di Pietro, l´accoglie togliendosi la maschera d´ossigeno e con un filo di voce implora il giudice che l´ha inquisito: «Ci aiuti a rifare il grande centro».
Quello acconsente, si offre come «garzone». La politica è piena di stramberie, di ritorni, di frivolezze che rischiano di farsi terribilmente serie. «A Valmy! A Valmy!» gridano i seguaci di Cossiga in un capannone bollente al momento di dar vita all´Udr. Passano alcuni mesi e il presidente emerito presiede in pantofole una riunione con tutt´altri personaggi. Berlusconi, com´è ovvio, voleva fare un «super-centro», anzi forse l´ha già fatto. Ieri con Rutelli, Casini e Fini si sono ritrovati, dopo tanti insulti, Giorgio La Malfa e la Sbarbati. I repubblicani separati si riuniscono al centro, e non si capisce se è un bene o un male o tutte e due le cose insieme.