GUIDO RUOTOLO, La Stampa 17/12/2010, pagina 7, 17 dicembre 2010
“Mio figlio è senza futuro Non sono il suo cattivo maestro” (2 articoli) - Come sta Mario? «Con il morale alto, anche lo spirito sta bene, il corpo invece è pieno di ecchimosi»
“Mio figlio è senza futuro Non sono il suo cattivo maestro” (2 articoli) - Come sta Mario? «Con il morale alto, anche lo spirito sta bene, il corpo invece è pieno di ecchimosi». Vincenzo Miliucci è il papà di Mario, l’unico dei 23 arrestati per gli scontri di martedì che ha avuto la misura cautelare, gli arresti domiciliari, con l’impossibilità di comunicare all’esterno. Padre e figlio, due generazioni a confronto. Vincenzo non è ancora un pensionato della politica che fu: «Ancora oggi - dice con orgoglio - e da dieci anni seguo per conto dei Cobas la Fiat». Lui e Daniele Pifano sono stati i leader di via dei Volsci, di quell’autonomia romana che è stata tra i protagonisti degli anni di piombo a Roma. L’udienza di convalida dei fermi e il processo per direttissima devono ancora iniziare. Piazzale Clodio, il palazzo di giustizia. Clima da anni che furono, con plotoni di poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa nei corridoi delle aule dove si celebrano i processi. C’è una folta delegazione di ragazzi, di amici e parenti degli arrestati. Mentre fuori dal cancello del Tribunale, il presidio del movimento lascia intendere solidarietà diffuse. La mamma di Mario è un famoso avvocato del movimento, Simonetta Crisci. E lei fa da spola con il marito, per aggiornarlo degli sviluppi dell’udienza (le udienze di convalida si svolgono a porte chiuse). «Mario è un ragazzo tranquillo - dice la madre - lo chiamano l’inglese per i suoi modi». Si sente un «cattivo maestro» di suo figlio? «No, assolutamente. Se guardo al mio passato, posso dire con la massima onestà che Mario ha vissuto la sua vita senza condizionamenti. Come i giovani della sua età: ha fatto il falegname, il meccanico, autodidatta per l’inglese e il mestiere di cibernetico. E poi la politica. Più che l’ideologia lui si è formato su certi valori. Frequenta le strutture sociali del Laurentino. Non l’ex Centro sociale ma gli “squat”, spazi occupati dove vivono». Sarà pure così, ma che cosa pensa, chi è Mario Miliucci, 32 anni? «La loro è la generazione europea, la generazione no global che colloquia con Europa, che sa come si vive in Europa, che ha in mano le tecnologie. Mario è stato in Francia, Olanda, Spagna, Inghilterra. Gira da quando aveva 14 anni. La differenza tra loro e noi che abbiamo fatto il ‘77? Loro sono aggregati senza futuro». Perché voi il futuro ce l’avevate? «Io frequentavo il Galileo Galilei, un istituto professionale. E allora i datori di lavoro venivano a cercarci nelle scuole. Oggi il lavoro bisogna inventarselo». Vincenzo parla di Mario, e per tutto il tempo non dice mai «mio figlio». Anche quando commenta gli scontri di martedì e gli arresti, fa riferimenti plurali: «Loro, quelli che sono a processo, sono dei rastrellati non dei promotori degli scontri. Mario era tornato lunedì pomeriggio dall’Olanda. Ha messo su una sua azienda che si occupa di gestione di reti e pagine web». Forte è la suggestione di proporre il parallelismo tra gli scontri di martedì e quelli del 12 marzo del 1977, quando un corteo impressionante saccheggiò un’armeria e poi diede vita a violentissimi scontri con assalti a caserme dei carabinieri (piazza del Popolo). E fecero la comparsa, per la prima volte, le P 38. «Quel giorno lo ricordo bene - testimonia Miliucci padre - avevamo promosso per il 12 marzo una manifestazione nazionale. Solo che il giorno prima era stato ucciso dalle forze di polizia il compagno Francesco Lorusso. Ecco perché la collera prese il sopravvento. L’armeria? La saracinesca era abbassata e allora c’era un’auto americana parcheggiata che fu usata come teste d’ariete. Ricordo i compagni che presero canne da pesca e stivali di gomma. E poi fucili da caccia che finirono nel Tevere». Ricordi che non dovrebbero essere rimpianti. La Roma di oggi è una mappa di «36 spazi sociali che si occupanodi giovani, immigrati, casa, handicap». E poi, spara a raffica Vincenzo Miliucci, «aggregati universitari». Nell’attesa della decisione del collegio giudicante, papà Vincenzo riflette sugli scontri di martedì: «Per noi le molotov erano armi difensive che non hanno mai ucciso nessuno. Servivano a tenere distanti le forze di polizia». E oggi? «Le armi di questo movimento sono occasionali, fanno parte dell’arredo urbano. Non credo che avessero molotov, gli incendi sono nati con altri inneschi più occasionali...». E già, il nuovo movimento anche in questo prende le distanze dal passato. *** Sirio aveva conosciuto le stanze di sicurezza della questura di Roma martedì. Era stato preso in piazza, dopo quell’incontro ravvicinato con il povero finanziere spogliato delle manette, del tonfa, il manganello, e per poco anche della pistola d’ordinanza, che era riuscito a tenere stretta in mano. Lo scippatore Sirio sembrava una furia umana anche se poi era stato placcato e portato in questura. Ma era, è minorenne e assieme ad altri cinque minorenni martedì notte ha riabbracciato il papà giunto sotto la questura con gli altri padri. Il papà, altro cattivo maestro. Anche lui un passato da dimenticare. Negli archivi della Polizia risulta avere frequentato quegli ambienti che negli anni Settanta diedero vita alle Brigate Rosse. Nel 1976 fu perquisito nella stessa tornata di Alessio Casimirri, uno dei brigatisti del sequestro di Aldo Moro. Poi, nel ‘79 fu anche arrestato e condannato a 4 anni e sei mesi per detenzione d’arma da fuoco. Le immagini violente dell’assalto al finanziere lasciano di stucco. E fanno a pugni con la rappresentazione del diciassettenne Sirio che propongono i compagni di scuola. «E’ un bravo ragazzo. Mi ripeteva sempre - ricorda un vecchio compagno di classe - che la Polizia non lo avrebbe mai fermato per droga o per altri eccessi ma solo per la sua voglia di portare avanti la protesta per i suoi ideali. La sua è una passione ereditata anche dal padre, un attivista legato alla sinistra estrema». Tifoso della Roma, «è molto sensibile ai temi della scuola». Anche se a scuola è stato bocciato almeno due volte passando dal liceo Caetani al Mamiani, all’Artistico Caravillani. Sirio adesso dovrà affrontare una prova impegnativa: difendersi (stamani) davanti al gip del Tribunale dei minori dalle accuse di rapina, per aver sottratto le manette e il manganello al finanziere. Non si capisce perché l’altra sera era tornato, libero, a casa. Minorenne, certo. Resta il fatto che per tutta la giornata di mercoledì, Sirio è diventato un «agente provocatore», un «infiltrato». E questo faceva a pugni con la verità. [G. RU.]