ROBERTO GIOVANNINI, La Stampa 17/12/2010, pagina 2, 17 dicembre 2010
Crescita piatta L’Italia delude Confindustria (+tabella) - Due stilettate. La crescita economica? «L’Italia delude»
Crescita piatta L’Italia delude Confindustria (+tabella) - Due stilettate. La crescita economica? «L’Italia delude». Stiamo uscendo dalla crisi? «Ancora una volta si rimane indietro». Il Centro studi di Confindustria nel corso di questa fase di recessione ha sempre puntualmente centrato numeri e tendenze, facendo arrabbiare più di una volta premier e ministri. E anche ora che - più male che bene - si comincia a uscire dalla crisi, la lettura delle ultime stime degli economisti di Viale dell’Astronomia non fa certo piacere all’esecutivo. Più che altro, non fa piacere agli italiani che le cose vadano tanto male. Confindustria infatti ha rivisto al ribasso le stime sull’andamento del Pil, prevedendo che la crescita del 2010 si fermerà al più 1% (la precedente stima era del +1,2%) e addirittura a un modestissimo +1,1% nel 2011 (dal +1,3%). Insomma «la malattia della lenta crescita non è mai stata vinta», e «il confronto con la Germania è impietoso». Peggio ancora le cose vanno sul fronte dell’occupazione. Secondo il Csc, «il numero delle persone occupate continuerà a diminuire nel 2011», con un calo atteso dello 0,4%. Il tasso di disoccupazione toccherà il 9% nel quarto trimestre 2011 e «inizierà a scendere molto gradualmente nel corso del 2012». Ci sono 2,167 milioni di disoccupati a ottobre 2010, più del doppio rispetto ad aprile 2007. Dall’inizio della crisi - dal primo trimestre 2008 al terzo trimestre 2010 - sono stati bruciati esattamente 540 mila posti di lavoro, senza contare le persone poste in cassa integrazione, che equivalgono ad altri 480 mila occupati. Sempre la crisi ci ha fatto perdere il 6,8% del Pil. Con questo ritmo «non si ritornerà sui valori pre-recessivi che nella primavera del 2015. Per riagguantare entro la fine del 2020 il livello del trend, peraltro modesto, registrato tra 2000 e 2007, l’Italia dovrebbe procedere d’ora in poi ad almeno il 2% annuo». Un obiettivo «raggiungibile in un arco di tempo ragionevole, come insegna la lezione tedesca, entro il 2012 secondo gli stessi documenti governativi». Ma «per coglierlo gli strumenti messi in campo appaiono insufficienti». «Dai dati emerge che l’Italia continua a crescere troppo poco», dice la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, secondo cui «non siamo solo sotto la Germania ma anche sotto la media europea, questo è un problema serio». La crescita lenta «è un problema per il tasso di disoccupazione che rimane alto» ed è «un problema per le imprese che hanno un problema di competitività e di redditività». Cose che Confindustria dice «da molto tempo». Soltanto che da noi questi nodi non si riescono a sciogliere, spiega il rapporto del Csc: la frenata estiva e autunnale è stata molto più forte dell’atteso e il 2010 si chiude con produzione industriale e Pil quasi stagnanti. Dal governo, come detto, giudizi per nulla positivi sui numeri del Csc. Silvio Berlusconi decide di non commentare le analisi di Confindustria, mentre è molto duro il giudizio del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. «Sono esercizi statistici che durano un giorno - dice -. Non credo che valga la pena commentare». Il suo collega Renato Brunetta spiega che «la revisione al ribasso di qualche decimale è una questione di lana caprina». «Non mi sento di dire che il dato è particolarmente indicativo come qualcuno ha fatto», afferma invece il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, secondo cui «sappiamo che il sistema italiano ha delle lentezze a mettersi in moto». Il leader della Cisl Raffaele Bonanni al contrario dice di condividere «le critiche di Confindustria al governo, ai governi locali e alla politica in generale che, come si vede, è in tutte altre cose affaccendata». Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil, parla di «numeri terrificanti e reali, non solo per i dati quantitativi, in sé gravissimi ma già conosciuti e ulteriormente peggiorati nel quarto trimestre, ma - aggiunge - perché confermano un ulteriore peggioramento per i prossimi due anni». «Il rapporto del Centro studi di Confindustria ribadisce un punto imprescindibile: senza crescita non c’è risanamento della finanza pubblica», spiega Stefano Fassina, della segreteria del Partito democratico.