Leopoldo Benacchio, Nòva24 16/12(2010, 16 dicembre 2010
RISPOSTE UNIVERSALI
Anno 2010, finisce il primo decennio del secolo, un periodo denso di risultati per molte scienze, astrofisica in testa. Cosa è successo finora e soprattutto: cosa ci riservano i prossimi dieci anni?
La lista delle scoperte importanti, dal 2000 a oggi, sarebbe lunga, ma occorre ricordare almeno la mappa della radiazione di fondo del cosmo, fornitaci nel 2001 dal satellite Nasa Wmap, in cui vediamo il primo segnale visibile del Big Bang, osservabile nelle frequenze delle microonde, emesso 300mila anni dopo il Big Bang. Di quanto successe prima non si può vedere nulla, perché nulla esisteva che potesse emettere radiazione. Per restare assai più vicino a noi ricordiamo la splendida impresa dell’atterraggio, nel 2005, della sonda Huygens sul suolo di Titano, il maggiore dei satelliti di Saturno, che ci è così apparso, visto da vicino, completamente ricoperto da mari e laghi di metano, probabilmente simile alla Terra all’inizio della sua storia. La missione completa, Cassini Huygens, è italo-statunitense, ed è stata fortemente voluta dal nostro paese, che ha contribuito in modo fondamentale al suo successo sia per la parte scientifica che per quella industriale. E poi ancora, un paio di anni fa, l’evidenza della presenza di acqua sulla Luna, nei crateri ai Poli dove non arriva la luce solare, e su Marte, dove un tempo doveva essere normalmente presente allo stato liquido.
Altrettanto lunga potrebbe essere la lista dei problemi cruciali che si spera di risolvere nel prossimo decennio, ma tre sono quelli che interessano fra tutti: poter finalmente trovare un pianeta simile alla Terra, capire l’enigma dell’energia e della materia oscura e progredire nella soluzione del problema delle origini dell’Universo.
Interrogativi e sfide non certo banali tanto che, per affrontarli, sono in costruzione strumenti di osservazione del cielo ancora più grandi e sofisticati di quelli che possediamo oggi, dal nuovo telescopio spaziale Jwst, con un diametro più del doppio dell’odierno e famoso Hubble Space Telescope, al telescopio a terra E-Elt, europeo, un gigante che si costruirà sulle Ande cilene con un’apertura dello specchio primario di 45 metri, contro gli 8-10 al massimo che riusciamo ad avere oggi. Nel campo delle onde radio poi avremo Ska, Square kilometer array, un progetto che prevede un radiotelescopio unico ma costituito da centinaia di parabole, equivalenti a una sola grande un chilometro quadrato, probabilmente in Australia o Sudafrica. Certo: crisi economica permettendo, dato che questi strumenti costano centinaia di milioni di euro ciascuno e per la loro costruzione si sono costituiti consorzi fra nazioni, come minimo continentali.
Ma è proprio grazie a questi telescopi che gli astrofisici pensano di vedere un pianeta simile alla Terra nei prossimi 10 anni. A oggi conosciamo più di 500 pianeti che ruotano attorno a stelle vicine, ma, attenzione, niente immagini. Ne intuiamo solo la presenza dalle alterazioni nel segnale luminoso della stella madre. Altra cosa sarà averne un’immagine e capire se nell’atmosfera sia presente ozono, indice sicuro di vita nel pianeta.
Più complesso, e di parecchio, è fare previsioni sulla comprensione della natura del l’energia oscura, che sembra riempire l’Universo e rappresentarne il 70% almeno. L’Universo si espande, d’accordo, ma da qualche anno sappiamo che questo fenomeno è anche accelerato. Ma da cosa? Per spiegare il fatto che l’intero cosmo "sta in piedi" e ha la forma che vediamo occorre introdurre una forza che sostiene questa accelerazione, appunto l’energia oscura. Ci sarà effettivamente, o non stiamo capendo qualcosa di fondamentale, come successo in passato?
Trovare invece la materia oscura, della cui esistenza siamo assai più sicuri, e capirne la natura sembra più semplice. Qui "oscura" significa, banalmente, che è materia che non emette radiazione. Ma ci deve essere perché se si prende in considerazione solo la materia luminosa, quella che vediamo in ogni lunghezza d’onda, non riusciamo a spiegarci molti fenomeni, come ad esempio il fatto che le galassie, compresa la nostra, generalmente ruotano attorno al loro nucleo.
E infine il segreto delle origini, capire cioè cosa è successo prima dei 300mila anni dal Big Bang, la data limite oltre la quale oggi non riusciamo ad andare. Il satellite europeo Planck sta mappando il cielo con una precisione molto maggiore di quanto ha fatto Wmap dieci anni fa, e ne sta esaminando la radiazione a microonde anche in termini di polarizzazione. Se questi specialissimi "occhiali" polarizzati riusciranno a vedere strutture regolari nel primo segnale osservabile dell’Universo, emesso ricordiamolo solo 300mila anni dopo il Big Bang, allora questi saranno dovuti a quanto è successo prima, quando esisteva solo la materia che, muovendosi, provocava perturbazioni nel campo gravitazionale, ma non emetteva radiazione. La sfida, per il prossimo decennio, è sempre più eccitante e sicuramente densa di sorprese.