Michele Calcaterra, Maximilian Cellino, Il Sole 24 Ore 16/12/2010, 16 dicembre 2010
MADRID NEL MIRINO DI MOODY’S
La Spagna rimane nell’occhio del ciclone dei mercati. Ieri Moody’s ha infatti lanciato un nuovo avvertimento che suona già come una condanna: la minaccia di un eventuale «downgrade» del rating Aa1 a causa del suo «elevato fabbisogno nel 2011, che rende il paese suscettibile a ulteriori periodi di tensione per finanziarsi sul mercato». Quanto basta perché ieri la Borsa di Madrid abbia subito un importante scivolone (-1,5%) e perché i tassi dei titoli di stato spagnoli fossero nuovamente in tensione (il differenziale col bund tedesco è risalito fino a 260 punti base, prima di attestarsi a quota 246). Il tutto in attesa dell’asta del Tesoro di oggi di bond a 10 e 30 anni, che a questo punto prevede sensibili aumenti dei tassi (tra il 25% e il 30%) rispetto al precedente collocamento.
A preoccupare Moody’s, dopo il taglio della tripla A avvenuto lo scorso settembre, sono sì le scadenze di rinnovo relative al 2011 (110-120 miliardi di euro), ma anche i dubbi sulle capacità del governo centrale di controllare i conti delle Regioni autonome, e la precarietà della situazione del sistema bancario che necessiterebbe di 17 miliardi di euro di capitale per far fronte alla situazione, e per tamponare perdite potenziali per 176 miliardi di euro.
Immediata la reazione del Ministro dell’Economia, Elena Salgado, che ha dichiarato che Madrid sta lavorando per accelerare le riforme di carattere strutturale, ma anche la ripresa dell’economia e per controllare il disavanzo delle comunità autonome. Tanto che nel giro di qualche mese, gli effetti di questa politica, dovrebbero essere evidenti a tutti. Insomma, la Spagna rinvia i rilievi al mittente, aggiungendo che oltretutto l’agenzia di rating «non mette in dubbio la solvibilità dell’economia e del debito spagnolo».
In effetti il richiamo di ieri di Moody’s nasconde una seconda lettura (favorevole), se si considera che la stessa agenzia crede che la Spagna sia «un paese molto più forte in materia creditizia, rispetto ad altri con problemi nella zona euro», che la sua solvibilità «non sia in pericolo». Non si prevede inoltre un ricorso «a un salvataggio dell’Unione Europea, come accaduto per Grecia e Irlanda», a maggior ragione perché, come aggiunge l’agenzia, la Spagna è avviata a «centrare a fine anno i target fiscali prefissati e a ridurre il disavanzo pubblico al 6% del Pil».
Le tensioni si sono rapidamente estese al resto d’Europa, secondo il tema del «contagio» cavalcato nelle scorse settimane dagli operatori: dopo Grecia e Irlanda, Portogallo e Spagna sono le principali tessere indiziate a cadere nel domino del debito sovrano. Detto della Borsa spagnola, anche gli altri listini del Continente hanno trascorso una giornata all’insegna della debolezza: nel mirino, come da copione, sono finiti soprattutto i titoli bancari (-1,8% l’indice europeo di settore) e di conseguenza le Borse più esposte al comparto finanziario. Oltre a Madrid, Piazza Affari ha ceduto l’1,44%, mentre Parigi (-0,58%), Francoforte (-0,16%) e Londra (-0,15%) sono riuscite a limitare le perdite.
La situazione è rimasta relativamente tranquilla sul debito sovrano: lo spread greco sul bund si è attestato a 892 punti base, quello irlandese a 536 punti, quello portoghese a 351 punti e quello dei BTp italiani a quota 157. Una reazione per certi versi paradossale, che si spiega con la scarsa volontà degli investitori di prendere posizione su titoli che continuano a essere oggetto di riacquisti da parte della Banca centrale europea (Bce).
Non altrettanto si può dire dell’euro, che ha perso posizione su posizione rispetto al dollaro scivolando di nuovo poco sopra quota 1,32. Ma se nel confronto con il biglietto verde occorre mettere in conto una serie di dati macro Usa favorevoli – come la crescita oltre le previsioni della produzione industriale a novembre e il balzo superiore alle attese dell’indice delle attività manifatturiere nella regione di New York a dicembre - è soprattutto rispetto al franco svizzero che si è mostrata tutta le debolezza della moneta europea. L’euro ha infatti raggiunto i nuovi minimi storici sulla moneta elvetica a 1,2756, a testimonianza della tensione che si respira in attesa del doppio appuntamento di oggi con il consiglio della Bce e quello dell’Unione europea.
L’avanzata del dollaro, da parte sua, ha finito per condizionare l’andamento di Wall Street. Partiti in rialzo sulla scia dei dati macro, i listini di New York hanno perso progressivamente slancio finendo per chiudere addirittura in rosso: -0,51% l’S&P 500 e -0,4% il Nasdaq. Ancora una volta, se si guarda Oltreatlantico, il movimento più vistoso è stato quello dei Treasury, venduti a piene mani dagli operatori sull’attesa di una ripresa economica (e di un’inflazione) più vigorosa. Passo dopo passo, il tasso del decennale ha raggiunto il 3,5%, cioè i massimi degli ultimi 7 mesi. Anche il differenziale nei confronti del bund pari scadenza si è ulteriormente allargato sfiorando i 50 punti base: un ulteriore elemento che pesa sull’andamento dell’euro.