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 2010  dicembre 16 Giovedì calendario

Nella nostra politica ci sono state anche scissioni positive - Caro Dott. Cervi, per ragioni anagrafiche scissioni e ribalto­ni, cui i nostri onorevoli rappresentanti ci hanno da sempre abituato, mi lasciano praticamente indifferente

Nella nostra politica ci sono state anche scissioni positive - Caro Dott. Cervi, per ragioni anagrafiche scissioni e ribalto­ni, cui i nostri onorevoli rappresentanti ci hanno da sempre abituato, mi lasciano praticamente indifferente. Ma sicura­mente lei ricorderà un evento, che oggi si ripresenta alla ribal­ta per la sua straordinaria attualità. Cito a memoria e posso sbagliare date e numeri. Agli inizi degli anni Settanta i due anacronistici partiti monarchici, quello di Alfredo Covelli e quello di Achille Lauro, si rimisero insieme nel – ironia del nome! –Partito Democratico Italiano,poi Partito Democrati­co-Italiano di Unità Monarchica PDIUM che confluì nel Movi­mento Sociale Italiano-Destra Nazionale. Secondo le usanze della politica nazionale, qui l’ex PDIUM formò la corrente Democrazia Nazionale-Costituente di Destra, che si sentiva stretta nel partito di Almirante, tanto che alla fine del ’76 se ne andò, costituendo dapprima un gruppo parlamentare au­tonomo e poi un nuovo partito, dimezzando praticamente la consistenza numerica del MSI. Gli scissionisti cercarono in tutti i modi di agganciare la maggioranza, appoggiando la Democrazia Cristiana e i partiti del cosiddetto «arco costitu­zionale », ma non fecero i conti con il consueto scioglimento anticipato delle Camere e con il conseguente ritorno alle ur­ne nel 1979. Nonostante cercasse alleanze - rifiutate - con quei partiti che pure avevano forzato la scissione, il «tradi­mento » di Democrazia Nazionale fu punito dagli elettori. Es­sa non raggiunse lo 0,7 per cento, con nessun eletto. Lo stesso risultato si ebbe poco dopo, alle elezioni europee. La scissio­ne, assolutamente verticistica, era stata un vero e proprio sui­cidio politico. Come si dice: a buon intenditor... Antonio Castellani Roma Caro Castellani, se lei cita a memoria devo dirle che la sua è sicuramente ottima. Mi pare - i miei ri­cordi sono meno nitidi - che le cose siano proprio andate come lei le racconta, a di­mostrazione del fatto che le scissioni, so­prattutto se volute dai vertici e non soste­nute da profonde e autentiche motivazio­ni politiche, si risolvono il più delle volte in danno degli scissionisti. Tuttavia non farei d’ogni erba un fascio, per quanto ri­guarda le scissioni: ce ne sono state di ben riuscite e necessarie. Quando Sara­gat si staccò nel 1947 dal Psi, rifiutando la deriva del fronte socialcomunista verso l’Urss,e si alleò alla Dc rivendicando l’ap­partenenza dell’Italia al blocco occiden­tale, compì un’operazione provvidenzia­le. Ma con quella svolta storica siamo nel campo delle grandi scelte, non dei picco­li personalismi e delle piccole ambizioni. Un altro lettore, Carlo Marciano da Sel­vazzano (Padova), aggiunge alla sua rie­vocazione qualche particolare diverten­te ma anche - qualora risponda a verità ­piuttosto avvilente. Ecco la versione di Marciano sulla nascita dell’ultimo parti­to di Covelli, generato da una scissione del Msi: «Democristiani, comunisti e po­teri forti fecero sì che lo Stato non conse­gnasse i soldi del finanziamento pubbli­co dei partiti al segretario amministrati­vo del Msi, ma li divisero pro quota conse­gnandoli ai singoli parlamentari. I fedeli li girarono al partito ma altri, ed erano più della metà, se li intascarono e per giu­­stificare l’operazione fecero finta di fon­dare un partito, succube della Dc, che chiamarono Democrazia nazionale». È credibile che le cose siano andate pro­prio così? Lascio la responsabilità di que­ste affermazioni, inclusa la chiamata in causa degli immancabili poteri forti, al lettore Marciano. Ma se ci atteniamo a ciò che quotidianamente avviene nei pa­lazzi della la politica, tutto e il contrario di tutto è, non dico probabile, ma possibi­le.