Massimo Gaggi, Corriere della Sera 16/12/2010, 16 dicembre 2010
IL BONUS? RESTA TUTTO D’ORO MA WALL STREET PROVA LA FRUGALITA’ —
Alla vacanza nel paradiso caraibico di St. Barth non si rinuncia, ma magari si va con un aereo di linea anziché col jet privato. Oppure si affitta il solito bireattore dalla società di charter, ma si vola con qualcun altro, per dividere le spese. Meglio rinunciare al megayacht da 60 metri: dà troppo nell’occhio. Ma la villa sull’oceano per le vacanze estive agli Hamptons non può essere sacrificata sull’altare della crisi. Gli agenti immobiliari delle località più «in» di Long Island sono già pieni di richieste per l’estate 2011. E il clima di «austerity» che si respira nel Paese? Magari si può sforbiciare la superficie calpestabile: piscina e campo da tennis non si toccano, ma, invece dei soli 1200 metri quadro coperti, ne possono bastare anche 6-800 per ospitare comodamente la famiglia e qualche ospite. Nell’America dell’economia che ristagna e dell’elevata disoccupazione, Wall Street interpreta a suo modo il nuovo clima di frugalità: meno ostentazione, meno eccessi, ma anche ritorno ad alcuni consumi di lusso che, subito dopo il crollo dei mercati, nel 2008, erano stati tagliati. La finanza non è più la miniera d’oro di qualche anno fa. Probabilmente non lo sarà mai più. «Penthouse» su tre piani in cima ai grattacieli, panfili da sogno, Porsche e Bentley tornano ad essere consumi per pochi «tycoon» , non per un intero esercito di «trader» che si era arricchito con le «bolle» . Ma molti manager e «broker» che l’anno scorso erano sembrati più orientati a tener conto dei comportamenti di una nazione che sta «tirando la cinghia» , incerti sul futuro della loro banca o del loro posto di lavoro, adesso vivono in un clima da «scampato pericolo» : anche se l’economia continua a stentare, la bufera è ormai alle spalle. Si può, insomma, tornare a spendere, anche se con un po’ più di giudizio rispetto al passato: i grandi ristoranti di New York sono di nuovo pieni, il calendario delle feste di fine d’anno offerte dai protagonisti della finanza è fittissimo. Christie’s, la celebre casa d’aste, sta facendo affari d’oro e sostiene che i clienti di Wall Street hanno ricominciato a contribuire in buona misura al loro giro d’affari. Chi sceglie la linea della prudenza lo fa perché c’è ancora incertezza sull’entità del «bonus» di fine anno e per non dare nell’occhio: la crisi che sta impoverendo l’America è pur sempre nata a Wall Street. Il risentimento popolare nei confronti dei banchieri rimane palpabile, così come quello di Obama che, pure, ieri ha ricevuto alla Casa Bianca i capi di venti tra i maggiori gruppi industriali americani — da Boeing a Google a General Electric— per cercare di ripristinare un «feeling» con le imprese dopo le asprezze della campagna elettorale e chiedere il loro contributo per la creazione di nuovi posti di lavoro. La finanza era rappresentata solo da UBS e American Express. Quello dei «bonus» 2010 è un passaggio cruciale per Wall Street. Alcuni esperti di politiche retributive nella finanza sostengono che, complessivamente, le società del settore quest’anno erogheranno compensi superiori del 5%a quelli del 2009. Ma le grandi banche— soprattutto Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup, Bank of America e JP Morgan Chase, le «top five» sulle quali sono sempre puntati i riflettori— hanno effettuato fin qui accantonamenti che fanno pensare a una riduzione dei «bonus» del 20-25%. Ieri sono state pubblicate le prime anticipazioni secondo le quali Lloyd Blankfein, il capo di Goldman Sachs, per il 2010 incasserà un «premio» di 24 milioni di dollari: una cifra enorme agli occhi di chiunque non operi nell’alta finanza e che probabilmente susciterà nuove polemiche. Dal punto di vista di Goldman, però, è poco più di un terzo di quanto incassato dal banchiere nel 2007 e molto meno di quello che si mettono in tasca i grandi nomi della finanza in altri settori, come gli «hedge fund» . Nessuno saprà veramente come sono andate le cose ancora per qualche mese perché i «bonus» natalizi in realtà vengono pagati quando il nuovo anno è già iniziato da un pezzo, in genere alla fine di gennaio. Ma è evidente fin d’ora che Wall Street non è più una locomotiva che traina tutti: le grandi banche, più direttamente toccate dalla riforma della finanza che impone loro di non usare i risparmi dei cittadini per finanziare operazioni troppo rischiose (anche se potenzialmente molto remunerative) difficilmente torneranno ai profitti «stellari» di qualche anno fa. E settori come il cosiddetto «proprietary trading» , finito nel mirino del Congresso, devono essere sostanzialmente smantellati o, almeno, ripensati. Per i «trader» di questo comparto i «bonus» risulteranno probabilmente più che dimezzati. Ma in altri campi, come la gestione dei patrimoni, le cose stanno andando bene e i compensi saranno ricchi. I panfili che quest’anno rimarranno attraccati nei porti caraibici, ben presto potrebbero riprendere il mare.
Massimo Gaggi