GABRIELE SALARI, La Stampa 14/12/2010, pagina 32, 14 dicembre 2010
“Perché sbagliare fa bene” - Perché sbagliamo? E perché perseveriamo nell’errore? Una spiegazione c’è
“Perché sbagliare fa bene” - Perché sbagliamo? E perché perseveriamo nell’errore? Una spiegazione c’è. E’ del Pulitzer Joseph T. Hallinan, autore del saggio «Il metodo antierrore», in cui dimostra che proprio le qualità che ci permettono di essere efficienti sono le stesse che ci portano a sbagliare. A volte, infatti, siamo certi di ciò che vediamo e poi scopriamo che la vista ci ha fatto un diabolico scherzetto. I nostri racconti vorrebbero essere fedeli alla realtà e, invece, siamo andati fuori pista, in parte perché abbiamo sempre più informazioni da immagazzinare e anche il «disco rigido» del cervello ha i suoi limiti. Hallinan, perché il multitasking, a cui ci siamo assuefatti grazie all’high tech, non funziona come ci aspetteremmo? «Perché non riusciamo a fare troppe cose nello stesso momento: la memoria a breve termine è limitata a 5-7 oggetti. A volte meno. Provate a calcolare il 15% del conto al ristorante, mentre parlate con la fidanzata. E’ impossibile! Il cervello a volte risolve il problema posticipando uno di questi compiti, ma così il tempo che pensiamo di risparmiare con il multitasking si rivela un’illusione». Come mai siamo ossessionati dalla rapidità dei pensieri e delle decisioni, anche quando non esiste una reale urgenza? «E’ sempre colpa della tendenza al multitasking. Sentiamo tutti la necessità di essere veloci, di fare le cose più rapidamente di quanto, forse, occorrerebbe. Uno studio sugli impiegati ha dimostrato che, per questo motivo, venivano interrotti nel loro lavoro circa 20 volte l’ora. Significa che, in media, potevano concentrarsi su un compito per non più di 3 minuti. Tre minuti, capisce?». Gli uomini commettono più errori delle donne: come si spiega? «Tanto per cominciare, gli uomini tendono ad avere molta più fiducia in loro stessi rispetto alle donne. Pensano di essere più belli e intelligenti di quanto siano in realtà. Il risultato è che commettono più errori: per esempio acquistano e vendono azioni molto più di frequente rispetto alle donne, ottenendo così profitti minori. Gli uomini sono anche quelli che in auto corrono di più o non mettono le cinture. Altre ricerche mostrano che l’eccessiva fiducia in sé stessi li porta ad aggredire gli altri anche senza essere stati provocati». La maggior parte di noi, comunque, si ostina a ritenere giuste alcune nozi oni errate: qual è il motivo? «Ci sono molte leggende: pensiamo che la prima risposta che diamo a un test sia quella giusta. Molti di noi l’hanno imparato a scuola, eppure 80 anni di studi hanno dimostrato l’opposto. La risposta migliore non è mai quella a caldo. Uno studio tra gli studenti universitari Usa ha scoperto che la prospettiva di modificare una risposta giusta in un test e quindi di sbagliare li riempie di un rimorso superiore a quello di non correggere una risposta sbagliata. La morale è: meglio non fare nulla che cambiare una risposta e pentirsene! Molti studenti sono convinti che essere rimasti fedeli alla prima risposta data sia stata una strategia vincente: se verificassero, scoprirebbero che non è così. La memoria li inganna». A volte sbaglio strada. La volta successiva mi ricordo che a quel bivio avevo preso la direzione sbagliata, ma prendo di nuovo quella sbagliata. Perché questa coazione a ripetere? «E’ di nuovo colpa della memoria. Non ricordiamo allo stesso modo quando sbagliamo e quando facciamo la scelta giusta. Se chiedete a un giocatore delle sue vincite e sconfitte, spesso le ricorda in modo diverso. Una vittoria viene ricordata come tale, ma una sconfitta si trasforma in una “quasi vittoria”». Un tredicenne ha visto un errore che allo scienziato della Nasa è passato inosservato: com’è possibile? «I ragazzi analizzano le informazioni in maniera diversa dagli adulti: quando leggono, lo fanno alla lettera, parola per parola. Noi, invece, se leggiamo una frase che inizia con “L’ uomo assetato si leccò le...”, non abbiamo bisogno di leggere l’ultima parola “labbra”. Avendo bisogno di assorbire informazioni più velocemente, gli adulti imparano a vedere le cose come se le aspettano piuttosto che come sono in realtà. Ecco allora che uno studente di 13 anni ha corretto le stime della Nasa sulla possibilità che un asteroide entri in collisione con la Terra. Un altro studente del Michigan, invece, ha scoperto un errore nel pannello di un museo dello Smithsonian Museum di Washington che nessuno aveva notato per 27 anni!». E’ possibile ridurre gli errori? «No. E non credo sia auspicabile: non impareremmo nulla. Molte menti illuminate hanno scoperto che gli errori sono un tesoro, la conoscenza è lì». Può fare un esempio? «Il Viagra. Doveva servire per i malati di cuore, ma si dimostrò inefficace. Solo in seguito venne notato un curioso effetto collaterale: e fu quello che ne decretò il successo».