Anna Rita Armeni, Il Riformista 15/12/2010, 15 dicembre 2010
QUELLE TRE PANCE CHE IMBARAZZANO IL PARLAMENTO
Alla fine sono andate a votare, alla fine è stata l’assenza o il voto di altri che ha permesso a Silvio Berlusconi di sopravvivere. Ma per giorni la sorte del governo è apparsa legata al parto di tre donne. La fine o una nuova vita del berlusconismo, la conclusione di una lotta feroce fra uomini, una possibile nuova speranza per le opposizioni è sembrata dipendere da tre maternità che hanno avuto l’ardire di arrivare nel tempio di Montecitorio.
Abbiamo visto nei giorni precedenti il voto una contentezza un po’ squallida su qualche viso maschile del fronte governativo. Tre donne, impedite dalla maternità, due di loro, Giulia Cosenza e Giulia Buongiorno, da una maternità difficile, una, Federica Mogherini, che poteva partorire da un momento all’altro, potevano essere tre voti in meno per l’opposizione che voleva sfiduciare il premier. Un bel colpo. Ma abbiamo percepito qualche sgomento anche su qualche altro viso di uomini e di donne. Certo nessuno ha avuto l’ardire di fare battute sui guai che possono provocare le donne in politica. O, almeno, nessuno ha avuto l’ardire di fare quelle battute ad alta voce. Troppo scorretto. Ma lo sbigottimento e il disagio erano evidenti. Possibile che un avvenimento importante e atteso come quello del 14 dicembre, l’evento sul quale si decideva il futuro del paese, potesse essere messo in crisi da quei tre corpi di donna? Dalla banalità di un parto? Ad altre crisi per altri corpi di donne si era ormai abituati. Ma quelli di cui si discuteva nei giorni precedenti al voto non erano apparsi sui rotocalchi, in foto compromettenti, in vicende scandalistiche. Non erano corpi di escort e veline. Al contrario erano ingrossati, magari affaticati, e si si preparavano a quel grande evento fisico ed emotivo che è il parto. Un altro mondo. Altre emozioni.
La politica non poteva capire. E non ha capito. Per giorni ha contato e comparato i numeri, per giorni ha spostato quei tre corpi fra gli assenti o i presenti nell’Aula di Montecitorio e si è posta domande a volte francamente demenziali. Tante domande tranne l’essenziale. Che cosa dimostra un episodio apparentemente insignificante? Può essere ridotto al folklore di tanta cronaca parlamentare? Oppure ha un significato che va oltre, supera la vicenda della crisi di un governo o della sua riconferma per collocarsi lì dove la politica non riflette e non medita?
Il detto, e anche il non detto, su quelle tre donne che si sono presentate nell’Aula di Montecitorio, ma avrebbero potuto non esserci, segnala, - certo in modo estremo e proprio per questo altamente simbolico - la distanza fra la vita delle donne e questa politica. Segnala un divario e una irriducibilità del corpo femminile a ciò che non è stato costruito tenendone conto, che rende chiara non la inadeguatezza delle donne (come qualcuno magari ha pensato) ma quella della politica. Quei tre corpi in attesa di partorire un’altra vita alla quale, giustamente, tutto il resto era subordinato, ci hanno detto, ad esempio, della difficoltà di conciliare una politica spettacolare, che si fonda sull’evento, che pensa di risolvere tutto o quasi in qualche ora di inutile dibattito, in un voto e in una conta parlamentare con i tempi che della vita delle donne a cominciare da quelli della maternità. Tempi diversi e diversamente scanditi che segnalano altrimenti le priorità, le gerarchie di valore. Proprio questa irriducibile diversità mette in luce i limiti, gli errori, la superficialità di una politica ridotta a poco più di una partita di pallone, a scontro fra leader, a urli da stadio, a tifo sfrenato e a compravendita di voti. Certo oggi nessuno se ne accorge, nessuno fa caso. Tutti sono stati presi prima dal conteggio e poi dalla previsione di quel che avverrà domani con un governo vincente, ma debolissimo, e un’opposizione che pensava di dare la spallata e non ce l’ha fatta. Ma questa vicenda ha illuminato una realtà con la quale bisogna fare i conti. Perché le donne sono presenti in politica e in tutti gli altri luoghi della vita civile e pubblica. E quel dubbio e quello sbigottimento, quel disagio di fronte a tre maternità che si respirava nei loro confronti a Montecitorio in modo meno visibile ed eclatante si registra in tanti altri luoghi.
È normale che la maternità imbarazzi, destabilizzi, crei situazioni in cui non si sa come comportarsi? O venga più o meno esplicitamente rimossa, ignorata o riportata al più presto possibile nella normalità maschile? Forse bisogna farci i conti con quel disagio con quell’imbarazzo che nei giorni scorsi è circolato nei palazzi della politica per capire che cosa c’è che non va e, magari, approfittarne per cambiare qualcosa. Non solo per le donne, ma per gli uomini che continuano a farla, e anche loro, magari, non ci si trovano più tanto bene. E, quindi, per la politica tutta. Per un sistema di civiltà che tutte e tutti dovremmo essere impegnati a costruire. Impresa difficile, quasi impossibile, addirittura incomprensibile per i più.