Filippo Ceccarelli, la Repubblica 15/12/2010, 15 dicembre 2010
«E SI FINISCE CHE SI DIPENDE
sospira rivolto ad spectatores - dalle creature fatte da noi»: dei tanti diavoli della letteratura, il Mefistofele del Faust di Goethe non è certo il più antipatico. Anche per questo va accolta con qualche soddisfazione la notizia che il Comando provinciale della Guardia di Finanza ha ieri riconsegnato ai responsabili della Soprintendenza ai Beni Culturali di Roma la testa marmorea del demonio, che alcuni rom avevano rubato alla fine di ottobre e malamente occultato dalle parti della pineta di Ostia. Non è stato, si assicura, un furto su commissione. A parte una scalfittura alla proverbiale barba e una piccola abrasione sull’orecchio, Mefisto sembrerebbe in buone condizioni e dopo un opportuno restauro dovrebbe tornare al suo posto nella scultura celebrativa goethiana a Villa Borghese. Da dove però - attenzione - era già stato trafugato e fortunosamente ritrovato nel 1972. Insomma, se nella sua leggenda il diavolo cerca di rapire l’anima a Faust, qui a Roma accade che sia lui stesso vittima di un doppio rapimento. Che poi quest’ultimo sia stato compiuto da due rom allarga l’orizzonte del bizzarro fino a comprendervi inediti esperti d’arte.