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 2010  dicembre 14 Martedì calendario

IL QUINTO POTERE ROSA

La Prima Signora del Quinto Potere, colei che infranse il soffitto di cristallo sopra la testa delle donne nel giornalismo e nell´editoria, fu lei, Katharine Graham Meyer, la "Kay" per gli amici, la "strega vedova" per il presidente Nixon che lei fece demolire, giorno dopo giorno, dagli uomini del suo Washington Post. "Kay", la zarina accidentale che ereditò un impero editoriale senza volerlo quando il marito si suicidò, era stata vista come l´eccezione che confermava la regola maschilista, la sola femmina ai piani alti di un mondo della carta, della radio e della televisione, controllato dalla fraternità dei "good ol´boys", dei vecchi ragazzi da Prima Pagina con il sigaro in bocca e la fiaschetta del bourbon in tasca. Neppure lei, che pure avvertiva in sé la novità della progressiva, e inarrestabile, femminilizzazione dei media, aveva immaginato nel 1963, quando dovette assumere la guida del Washington Post, che cinquant´anni più tardi il Quarto Potere, l´informazione, avrebbe visto tante signore emergere dall´ombra delle redazioni, delle cabine di regia, dalle anticamere per diventare, in prima persona, i volti del nuovo Quinto Potere. Il potere delle donne nei media americani.
Siamo ormai arrivati ben oltre i rispettabili feudi femminili del periodici o degli show per donne, moda, cucina, famiglia, sesso, gossip, e dei personaggi macchietta alla Anna Wintour, la signora inglese americanizzata che incarna il dispotisimo stizzoso, e quindi lo stereotipo femminile, della tiranna che «veste Prada» e decide quale colore o quale stilista domineranno i guardaroba dal suo trono a Vogue. Per enorme e insindacabile che sia il suo dominio e totalitario il suo regno che fa tremare insieme collaboratori e case di moda, il caschetto della Wintour rimane il simbolo di un magnifico e ricchissimo ghetto, quello del giornalismo femminile.
Non più. La notizia che l´augusto, ma ormai boccheggiante, settimanale Newsweek (che apparteneva proprio alla Graham) è stato venduto e affidato a Tina Brown, creatrice del sito online Daily Beast, la belva quotidiana, che la rotondetta e formidabile Oprah Winfrey è, dal suo studio televisivo a Chicago, una delle cinque persone più influenti d´America oltre che tra le più ricche, che Arianna Stassinopulos in Huffington ha trasformato il proprio notiziario in Internet, lo Huffington Post, in una lettura obbligatoria per tutti tra commenti al cianuro e scoop, racconta una evoluzione ormai irreversibile. Non era soltanto fiction narrativa la figura della direttrice del quotidiano di Washington che nel thriller politico giornalistico State of Play con il volto di Helen Mirren, controlla, con polso d´acciaio, la propria redazione in crisi di vendite e di identità.
Un terzo dei quotidiani locali superstiti che ancora si pubblicano nelle città americane è diretto da donne. E se il mondo dell´informazione in Rete rimane ancora molto maschile, riflesso della maggiore e più rapida adozione del nuovo medium da parte degli uomini, la televisione ha una donna, Katie Couric, sulla poltrona di "anchor", di conduttrice e di direttrice del telegiornale generalista più seguito, le CBS Evening News. Larry King, l´anziano dominatore delle interviste "one on one", faccia a faccia, si sta ritirando, ma non ha nessuna intenzione di farlo la sua controparte femminile, Barbara Walters, che nonostante i suoi venerabili 81 anni strenuamente combattuti dai migliori chirurghi estetici d´America, è la più temuta e ricercata intervistatrice. Il suo "faccia a faccia" con Monica Lewinsky, la ragazza che scosse, non solo politicamente, Bill Clinton, rimane, con 79 milioni di spettatori, l´intervista più seguita nella storia della televisione.
Queste, dalla Walters alla Huffington, dalla Brown alla Couric, non sono soltanto celebrità giornalistiche, signore di successo, come ci sono sempre state. Sono donne di potere. Anche nei casi come quello della greco-americana Stassinopulos Huffington, che ha costruito il proprio successo sulle fortune ereditate dal marito, nessuna di loro può dirsi in debito con uno sponsor maschio, può essere accusata di brillare di luci riflesse o di dovere a moine o minigonne o amori la propria scalata ai piani alti. Né ad artificiose politiche di "quote rose" imposte a rassegnati azionisti o amministratori uomini.
Non è la loro presenza ai posti di comando e di controllo a stupire, sarebbe semmai la loro assenza a essere inspiegabile, in un mercato della comunicazione che si sta femminilizzando nella domanda e quindi nell´offerta. Tre quinti del pubblico che ancora guarda le grandi reti televisive generaliste, quelle sulle quali regnano la Couric, la Walters, la Winfrey, è donna. Il 58% degli studenti universitari di tutte le facoltà, quelle scientifiche incluse, è femmina, promettendo ad editori e inserzionisti un futuro, ghiotto mercato di signore di reddito elevato, la terra promessa dei consumi. La maggioranza dei cittadini che ancora si danno la pena di votare è femmina, con punte oltre il 60% per la fascia di età matura, quella che vota di più. Se i giovani, e le giovani, cominciano a preferire Internet, fra blog, notiziari, reti sociali, alla televisione, i meno giovani rimangono fedeli al teleschermo. Il che spiega il successo di donne non più giovani e sicuramente non intimidenti nel loro sex appeal, signore mature o anziane che rassicurano le loro spettatrici coetanee e non le fanno sentire né "minorate fisiche", né oggetti di grottesco e umiliante esibizionismo da tv italiana per vecchietti e vecchiette sculettanti.
Quello che le signore del nuovo "Quinto Potere" hanno tutte in comune, indipendentemente dall´età, dal ruolo, dalla loro storia è il rifiuto di essere considerate "donne giornaliste". Come ripete Katie Couric, che fu accolta alla sua nomina come un disperato trucco per rimpolpare gli ascolti flaccidi dei tg tradizionali, «io sono una giornalista» e basta, formula resa più facile dalla lingua inglese che non ha genere nell´articolo indeterminativo: «I am a journalist» vale per i maschi come per le femmine. Se hanno sensibilità diverse da quelle che muovevano i luminari dell´informazione, i Murrow di «Buona notte e buona fortuna», i Cronkite, i Dan Rather, è perché la società che esse servono ha acquisito sensibilità diverse e «non posso né dimenticare né vergognarmi di essere femmina».
Dunque, nel loro lavoro di "boss" come di reporter trasmettono vibrazioni e segnali diversi dai predecessori o concorrenti uomini a lettori e ascoltatori. «Per una donna - dice la Walters dall´alto dei suoi ottant´anni e dei tre matrimoni - la barriera fra pubblico e privato, fra comportamenti nella propria casa e nella Casa Bianca, è artificiale. Ogni donna, inconsciamente, per come è costruito il nostro cervello, guarda a un uomo come a un possibile partner, lo valuta come tale e cerca istintivamente di capire se quello che lui le dice corrisponde a quello che lui è, perché ogni uomo potrebbe essere il padre dei suoi figli».
La femminilizzazione della vita pubblica e della cultura diffusa, per lo scandalo e l´obbrobrio dei John Wayne e dei macho men, non poteva non generare una femminilizzazione dei media e l´evasione delle donne dai "ghetti rosa" dell´informazione da parrucchiere o da anticamera del dentista. Quando Katie Couric, futuro direttore del tg serale della Cbs, si sottopose a una colonscopia in diretta dopo avere perduto il marito per un cancro intestinale, i vecchi cerberi del "Quarto Potere" inorridirono di fronte all´invasione sconvolgente del privato più intimo. Ma il pubblico dominante, il pubblico delle donne capì il segnale e i gastroenterologi segnalarono un aumento fortissimo di pazienti che chiedevano di sottoporsi all´esame, salvando qualche vita. Non era il giornalismo con l´elmetto e la cicca tra le labbra, ma se il Quinto Potere, fra un´inchiesta e una notizia, un reportage e una guerra, riesce anche a salvare una vita, non può essere peggiore del Quarto.