Rosanna Roccia, introduzione alla mostra Il Risorgimento illustrato, 14 dicembre 2010
I settimanali illustrati dell’Ottocento
Il Risorgimento illustrato Sodalizio di splendide intelligenze e fucina di belle creatività costituito a metà Ottocento a Torino allo scopo di «contribuire all’incremento delle lettere e delle arti belle», il Circolo degli Artisti annovera nel gotha dei gloriosi primordi i nomi illustri di Massimo d’Azeglio, «padre della questione italiana», del suo «empio rivale» e sommo statista, il conte Camillo Benso di Cavour, di Urbano Rattazzi, «l’uomo del connubio» e di vari altri esponenti del mondo politico subalpino, tra cui il giornalista Pier Carlo Boggio, il conte Ruggero Gabaleone di Salmour, l’avvocato Agostino Depretis, deputati. Conta inoltre rappresentanti autorevoli della diplomazia europea, come Sir James Hudson, ministro britannico a Torino, collezionista esperto e raffinato. Sin dai primi anni l’antica sede aulica di palazzo Graneri della Roccia accolse dipinti, sculture e divertissements di celebri artisti: Vincenzo Vela, Rodolfo Morgari, Francesco Gonin, Carlo Gastaldi, Enrico Gamba, Carlo Pittara, che del sodalizio – di cui facevano parte inoltre giornalisti, scrittori, musicisti e poeti – erano i più vivaci e prestigiosi animatori. Gli esimi consoci non tardarono a provvedere il loro cenacolo di libri preziosi e rari giornali, sussidiari al dibattito colto e informato che aveva l’epicentro nelle magnifiche sale di via Bogino, nel cuore secentesco della capitale piemontese. Fortunatamente, con il trasferimento del Circolo nella più modesta dimora del palazzo medesimo, l’emeroteca, ricca e esclusiva, non andò perduta. Protetta dagli spogli criminosi e dal degrado, recentemente è stata anzi oggetto di catalogazione: nell’elenco sommario, che attende d’essere perfezionato, accanto ai celebri ebdomadari italiani e stranieri come il «Charivari», il «Punch» o il «Fischietto» dei caricaturisti, compaiono le serie, talora mutile o incomplete, dei settimanali dei giornalisti-illustratori, quali l’inglese «The Illustrated London News», il tedesco «Die Illustrirte Zeitung», i francesi «L’Illustration» e «Le Monde Illustré», e il torinese «Il Mondo Illustrato». Dalla cronaca figurata di questi cinque periodici, status symbol di un’epoca e «véritables lieux de mémoire» delle generazioni successive, è tratto il florilegio di immagini che compone Il Risorgimento illustrato, ove, dell’aggrovigliata vicenda unitaria italiana, sono messi in luce eventi, significativi o singolari, circoscritti entro due date emblematiche: il 1856, l’anno del Congresso di Parigi, tappa miliare nella storia della diplomazia europea e momento cruciale per la soluzione della questione italiana, e il 1861, l’anno della conseguita unificazione nazionale, che è anche l’anno della morte del conte di Cavour, protagonista indiscusso del processo unitario. I giornali illustrati d’Inghilterra, di Francia e di Germania Ciascuna delle cinque testate, che, mediante il linguaggio semplice e colloquiale delle immagini, svolsero la funzione di guida nel labirinto delle vicende ottocentesche, ha una storia che i giochi della concorrenza agguerrita degli editori intrecciano con le altre storie, da ultimo efficacemente rievocate dallo studioso francese Jean-Pierre Bacot (La presse illustrée au XIXe siècle. Une histoire oubliée, Pulim, Limoges, 2005), cui dobbiamo molte puntuali informazioni. Della cinquina, il primo a comparire sul mercato fu il giornale britannico: «un des plus beaux fleurons de l’histoire de la presse mondiale». Fondato a Londra il 14 maggio 1842 dallo stampatore Herbert Ingram e dall’amico suo Mark Lemon (che nel 1841 aveva dato vita al «Punch»), differiva dal pioniere della stampa illustrata, «The Penny Magazine» di impostazione didattico-enciclopedica, fondato egualmente a Londra dieci anni prima per l’educazione delle classi popolari, in quanto destinato a una clientela borghese, alla quale, coniugando testo e immagine, intendeva fornire un regolare rendiconto sui fatti d’attualità. Del primo numero furono stampati 26.000 esemplari; l’anno seguente la tiratura raddoppiò, il prezzo di 6 pence rimase tuttavia invariato. La diffusione in un bacino linguistico ampio, la distribuzione rapida in un paese tecnologicamente avanzato, la ricchezza delle immagini - scene di guerra, eventi mondani, episodi di cronaca, ritratti delle personalità di spicco del mondo politico, artistico e letterario europeo - decretarono la fortuna e la lunga vita del giornale, la cui cadenza settimanale proseguì sino al 1971, allorché divenne mensile per uscire poi, dal 1989, ogni due mesi. «The Illustrated London News», che nel 1843 aveva posto «la Verité, l’Eternelle et magnifique Verité» in cima alla scala dei valori dell’informazione, fu l’archetipo dei periodici illustrati stampati in Francia. Soprattutto fu l’ispiratore de «L’Illustration», pubblicato settimanalmente a Parigi dal 4 marzo 1843 con il sottotitolo Journal universel; i fondatori Édouard Charton, Adolphe Joanne e Alexandre Paulin, tutti e tre uomini di legge e Jean-Jacques Dubochet, stampatore, senza richiamare esplicitamente il modello inglese, ne ricalcarono infatti l’impostazione e le finalità. Nell’editoriale del primo numero affermarono: «ce que veut ardemment le public aujourd’hui, ce qu’il demande avant tout le reste, c’est d’être mis [le plus] clairement que possible au courant de ce qui se passe». L’attualità dunque qual principale obiettivo. Il giornale – 75 centesimi la copia; 30 franchi e 40 l’abbonamento annuale, compreso il costo della spedizione postale – esprimeva l’«affirmation du pouvoir de la bourgeoisie»: ovvero di una borghesia non priva di mezzi e di cultura, che ambiva disporre di «un musée à domicile», vale a dire di «un catalogue» di fatti rilevanti raccontati con fedeltà e con il giusto pathos mediante vignette accuratamente delineate con il «crayon». «L’Illustration» dei primi anni fu meno fortunato del magazine londinese. Costretto dopo soli dodici mesi ad aumentare l’abbonamento annuale a 35 franchi, tardò a catturare un largo mercato, soprattutto a motivo della minore libertà d’espressione vigente nella Francia prequarantottesca. Simile la situazione in Germania, dove la stampa illustrata fu monopolio della città di Lipsia. Il primo numero di «Die Illustrirte Zeitung» vide la luce il 1° luglio 1843 in soli 5000 esemplari (8000 meno del concorrente francese). Promotore di questo ebdomadario rarissimo, destinato a un mondo in cui il solo punto d’incontro era la lingua, fu Johan Jacob Weber, ideatore pur anco del vecchio «Das Pfennig Magazine». Editore specializzato in libri illustrati in una terra ove le arti grafiche avevano robuste radici secolari, questi ebbe il merito di lanciare i “mestieri” del disegnatore e dell’incisore pur anco nel settore del giornalismo tedesco: ch’era manifestamente favorevole all’unificazione germanica. Le «connaissances utiles» dei primordi cedettero il passo agli eventi politico-culturali, ovvero all’attualità “illustrata”, che di settimana in settimana avrebbe nutrito il prezioso archivio di parole e immagini composto ad futuram memoriam, per un presente in fieri. I nuovi giornali illustrati di Parigi e di Torino Nel 1848, “le primavere” dei popoli europei segnarono una svolta: i tre settimanali, in Inghilterra, in Francia e nei Paesi germanici, divennero più propriamente i veicoli di una vera e propria pedagogia della Storia: il giornalismo illustrato, nutrito delle idee, delle aspirazioni nazionali e dei fatti interni ora guardò anche oltre frontiera, assumendo la funzione di «commentaire visible» delle vicende straniere. La guerra di Crimea con i reportages internazionali illustrati produrrà ulteriori novità: le immagini di guerra «travesties en gravure», ovvero l’attualità “calda”, irromperà nei salotti, nelle case, nei caffè. E deposte le armi, i giornali figurati cominceranno a diffondere l’immagine dell’inquieta politica europea, delle mutevoli alleanze e delle strategie che ridisegneranno i confini del vecchio mondo, cambiando la carta geografica disegnata dal Congresso di Vienna. In questo contesto l’editore parigino Achille Bourdilliat, il 18 aprile 1857 varò un nuovo ebdomadario, «Le Monde illustré» (contro il quale l’«Univers illustré», pubblicato parimenti in riva alla Senna nel 1858, non riuscirà a competere). A «Le Monde», paladino del potere imperiale, e specialmente sostenitore della politica estera di Napoleone III, non mancarono agevolazioni dall’alto, che ricordavano le aborrite privative dell’ancien régime. Tuttavia il foglio, ricalcato sul modello dell’«Illustration» - a sua volta assai simile al «London» -, non riuscì a scalzare il predecessore. Né valse alla sua maggiore diffusione il prezzo contenutissimo: 18 franchi l’abbonamento annuo, 30 centesimi la singola copia distribuita a Parigi, 35 se venduta nei dipartimenti. Il prudente magazine filo imperiale non inventò nulla di nuovo; cominciò tuttavia a valersi indirettamente della fotografia - «ce moyen précis et rapide», capace di «faire passer sous les regards de chaque pays ce qui s’offre ou s’accomplit de curieux pour les autres points du globe» - il cui soggetto veniva opportunamente ridisegnato, poi inciso nel legno dall’intagliatore e quindi passato sotto il torchio. La stampa illustrata conquistava a poco a poco le simpatie del ceto popolare mediocremente alfabetizzato, superando con l’immediatezza dell’immagine lo scoglio dei limiti culturali e gli ostacoli derivanti dall’impazienza dei lettori non propriamente affascinati dalla scrittura. Ne era consapevole Théophile Gautier, il celebre autore del Capitan Fracassa, che nell’editoriale del povero suo «Univers» aveva tenuto a precisare: «Notre siècle n’a pas toujours le temps de lire, mais il a toujours le tems de voir; où l’article demande une demi-heure, le dessin ne demande qu’une minute. Il suffit d’un coup d’oeil rapide pour s’approprier l’enseignement qu’il contient, et le croquis le plus sommaire est toujours plus compréhensible et plus explicite qu’une page de description». Del mélange «d’actualité» raccontata dalla penna del cronista e «di distraction» tracciata dallo schizzo del disegnatore, «The Illustrated London News» rimase insuperabile capofila. Accresciute le pagine e aumentato il formato, moltiplicò la tiratura, e nel 1851 uscì a Parigi nella variante francese «The Illustrated London News en français» sbarrando più da presso la via agli imitatori dell’«Illustration». A Torino, «Il Mondo Illustrato» nato nel vivace laboratorio dell’editore Pomba, subito schiacciato dall’intransigenza di una censura occhiuta e dall’ostilità del milieu clericale, non era durato che due anni (19 settembre 1846-dicembre 1848). Risuscitato all’ombra dell’impresa garibaldina il 7 luglio 1860 dall’Unione Tipografico-Editrice, qual «giornale universale adorno di molte incisioni intercalate nel testo», era definitivamente morto il 28 dicembre dell’anno seguente a causa delle difficoltà finanziarie connesse allo scarso numero degli abbonamenti, che dai 4000 del 1848 s’erano ridotti nel 1861 a meno della metà. Il prezzo ammontava a 80 centesimi la copia, e l’abbonamento annuo a 32 lire, scontate nella sola Torino a 30 lire: troppo per le tasche del ceto medio-basso dei possibili estimatori. Il messaggio figurato Simili, ma non privi di una loro identità, i nostri giornali avevano una caratteristica comune: con il “panorama” reale o d’invenzione in capo alla prima pagina rimarcavano infatti la loro origine geografica. «The Illustrated London News» mostrava una veduta di Londra dal Tamigi, «L’Illustration», fedele al suo modello, uno scorcio di Parigi dalla Senna e «Die Illustrirte Zeitung» la visuale di una Lipsia metafisica. «Le Monde Illustré» esibiva invece un ibrido di monumenti parigini enfatizzato da una ridda di putti e simboli, e dalla metafora del globo; «Il Mondo Illustrato», abbandonata l’immagine romantica delle aspirazioni quarantottesche, metteva in scena un’orgogliosa antologia delle architetture celebri d’Italia, e l’allegoria della Nazione unificata. Il traslato e la realtà, messaggeri della Storia divulgata con la forza espressiva e universale del disegno. Nella «profession de foi d’un chroniqueur» in apertura al «Journal Illustré», uscito dai torchi nel 1864, Timothée Trimm affermerà: «La gravure est de toutes les langues, elle est comprise par toutes les nationalités [...]. Elle est souveraine, absorbante, impérieuse; et le texte, quel qu’il soit, ne doit être que son très humble subordonné». La «plume» dunque in subordine al «crayon». Il concetto era ribadito dall’editore del «Giornale Illustrato», venuto alla luce quello stesso anno 1864, che confermando: «le crayon [...] est la langue universelle, la langue comprise également par ceux qui ne savent pas lire», contrapponeva alla matita «la plume, ce canon tirant des lignes sur l’avenir»: ove la scrittura, di non immediata comprensione per alcuni, appariva tuttavia potente come un’arma: ma «une arme [...] la plus propice à la pacification et au progrès de l’universel». Gli artisti Numerosi e di varia formazione gli autori delle fortunate gravures che compongono la «banque d’images» dei settimanali ottocenteschi. Della prima generazione di disegnatori/incisori, al servizio di «The Illustrated London News» fecero parte Sir John Gilbert, Birket Foster, George Cruikshank: la squadra inglese, fatta via via più folta, con l’ingresso di nuovi collaboratori (tra cui i fratelli Henry Richard e James Thomas Vizetelly, l’uno pubblicista, l’altro pittore), si trovò tosto a competere con la schiera degli «envoyés spéciaux», spediti sul campo dalle varie redazioni europee, e in specie dagli editori dell’«Illustration», che si proponevano di consentire alla moltitudine dei lettori «de suivre» come in un film ante litteram «le jeu des nations et les trépidations d’une planète» in subbuglio. Il giornalismo britannico “alto”, con i reportages della guerra di Crimea diffusi dal «Times», era stato il precursore del «racconto in diretta». La stampa illustrata francese emula delle novità d’Oltremanica, non aveva esitato a spedire corrispondenti e illustratori a fianco dei garibaldini in Sicilia: con Charles de La Varenne erano partiti per Palermo il disegnatore Jules Duvaux e il pittore-giornalista Ulrich de Fonvielle il quale s’era addirittura spinto oltre, aggregandosi ai Mille come volontario (consegnando il ricordo della sua esaltante esperienza ai Souvenirs d’une chemise rouge, 1861). Ogni sabato nella maggior parte dei foyers francesi si insinuava un convitato di carta foriero delle notizie e dei «grands bouleversements» che l’indomani avrebbero fatto la Storia. Il messaggio passava rapido attraverso i tratti efficaci del pittore Godefroy Durand di Düsseldorf, allievo del Coignet, i bozzetti di Hector Giacomelli, acquerellista e incisore all’acquaforte, gli schizzi di Pieter Heinrich Theodor Tétar van Elven, olandese dal tratto geniale e gran viaggiatore. Tra i migliori disegnatori del momento, accreditati presso la stampa europea illustrata, Jean-Adolphe Beaucé, specializzato in scene di battaglia e di vita militare, dalla Crimea era approdato in Italia, intervallando il lavoro di cronista talentuoso a quello di apprezzato illustratore di romanzi celebri, dai Trois mousquetaires di Alexandre Dumas a Notre-Dame de Paris di Victor Hugo. Il belga Jean-Baptiste-Henri Durand Brager, gran reporter avant l’heure che nel 1840 aveva assistito al rimpatrio delle ceneri di Napoleone, aveva raccontato l’assedio di Sebastopoli e i paesaggi orientali, raffigurando poi, nell’«Illustration» del 1856, il memento di se stesso munito di lapis, taccuino, binocolo e fucile: ovvero il proprio autoritratto con gli strumenti dell’arte (e la scaramantica arma da fuoco) che l’avrebbero accompagnato nell’imminente avventura italiana. Alla cronaca illustrata “seria” prestarono la loro dimestichezza con il lapis anche alcuni caricaturisti che, senza cedere al burlesco, al pari dei colleghi contegnosi, come il creator Konrad Gross del «Die Illustrirte Zeitung», si fecero fotografi della nuda verità. Tra costoro, Stop (Louis-Pierre-Gabriel Morel-Retz), Cham (Amédée de Noé) e Paul Gavarni (Sulpice-Guillaume Chevalier), bizzarri collaboratori del «Charivari», diedero il loro contributo all’«Illustration», mentre l’arguto Casimiro Teja, passato dal «Fischietto» alla direzione del «Pasquino», regalò di tanto in tanto a «Le Monde illustré» dei Lungosenna e al «Mondo illustrato» della sua Torino una perla della propria abilità. Così come alcuni pittori, come Carlo Felice Biscarra (fondatore nel 1855, con l’avvocato Rocca, del Circolo degli Artisti, che in embrione già esisteva dal 1847), i quali sporadicamente si fecero cronisti, a parziale imitazione del luganese Carlo Bossoli, grandioso e prolifico interprete del Risorgimento italiano, che, ingaggiato dall’editore londinese Day and Son, aveva dato prova del suo talento con il superbo album di vedute della Crimea. Ombre e luci Specialmente in Francia, «paradis reconnu des “vieux papiers”», l’immagine dei giornali ottocenteschi europei, avulsa dal suo contesto, è entrata da molto tempo e purtroppo con una certa frequenza nel circuito degli scambi e, da «illustration d’un props écrit contemporain», è diventata mero elemento di «décoration». Altrove il depauperamento delle collezioni è stato causato da eventi esterni: pacifici, come i non sorvegliati traslochi, o violenti, come i bombardamenti in Germania e in Italia durante l’ultimo conflitto. Sulla raccolta del Circolo degli Artisti la furia della guerra fortunatamente non s’è abbattuta, e tuttavia nei formidabili “luoghi della memoria” che abbiamo passato in rassegna per rievocare l’epopea risorgimentale, l’insipienza di ignoti “amatori” della gravure non ha mancato di produrre come altrove lacune incolmabili. Pensiamo, ad esempio, all’ Entré de LL. MM. L’Empereur Napoléon et le Roi de Sardaigne à Turin, le 15 juillet 1859 – inconsueta veduta, dalla piazzetta Reale a via Roma, dell’enfasi fugace seguita a Villlafranca – o, al trionfale Arrivée de M. Farini, gouverneur de l’Émilie à Turin, il 18 marzo 1860, o all’ Ouverture du Parlement sarde à Turin, il 2 aprile del medesimo anno, riprodotte dall’«Illustration» parigina nella rassegna iconografica di Ada Peyrot (Torino nei secoli, 1965), alla quale sfuggirono peraltro altre immagini “torinesi” celate nelle pagine più rare di un giornalismo europeo irripetibile. Le molte luci restringono fortunatamente il cono d’ombra delle assenze. Nonostante i loro “vuoti”, «Le Monde illustré», «The Illustrated London», «Il Mondo illustrato», «Die Illustrirte Zeitung» e «L’Illustration» custoditi in via Bogino hanno fornito linfa sufficiente al nostro Risorgimento illustrato, scandito dalla successione di episodi salienti e risaputi e di altri minori e meno noti. Che non è e non vuol essere la storia compiuta «di un tempo memorabile», ma una piccola antologia fuori dalle metafore di momenti unici e di figure vitali, narrati con occhio penetrante e mano esperta dai maestri dell’arte grafica europea dell’Ottocento, cronisti perspicaci e comunicatori insuperabili, ai quali ci affidiamo senza sovrapporre il nostro chiacchierìo alla loro voce. Rosanna Roccia Serena Sgambati