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 2010  dicembre 14 Martedì calendario

LA CED E QUEL PASSO FALSO SULLA STRADA DELL’EUROPA

In una risposta lei ha affrontato la questione della Ced e della mancata ratifica italiana al Trattato. Posso aggiungere quanto mi venne detto da Paolo Emilio Taviani, in occasione di un nostro incontro a casa sua a Roma, negli anni Ottanta. Il motivo della mancata ratifica italiana fu il seguente: nessun dubbio sul fatto che l’Italia avrebbe ratificato il Trattato Ced. C’era la volontà e c’erano i numeri. La ratifica venne procrastinata per motivi di opportunità politica, in quanto l’ambasciatore Quaroni scriveva da Parigi e metteva in guardia il governo italiano, asserendo che a Palazzo Borbone il Trattato Ced molto difficilmente sarebbe stato ratificato, specialmente nella primavera del 1954, dopo gli eventi bellici in Indocina. La Dc, pertanto, memore del lungo ed estenuante dibattito a Montecitorio in occasione della ratifica del Patto Atlantico, preferì attendere la ratifica francese, onde evitare un probabile lungo dibattito sulla Ced, che si sarebbe poi rivelato inutile qualora i francesi non avessero ratificato il Trattato. Ciò che poi avvenne. Per Taviani la questione di Trieste fu secondaria, in relazione alla mancata ratifica italiana della Ced.
Stefano Pilotto Trieste
Caro Pilotto, ricordo ai lettori che Taviani fu ministro della Difesa nel governo di Giuseppe Pella, caduto nel gennaio del 1954, e conservò l’incarico in quello di Mario Scelba, costituito in febbraio. Fu quindi l’uomo politico che ebbe un ruolo importante quando Pella inviò due divisioni alla frontiera con la Jugoslavia, nei pressi di Gorizia, per rispondere a certe minacciose dichiarazioni di Tito. Ma fu anche quello che era stato direttamente coinvolto, sin dagli inizi, nei negoziati per la creazione della Ced (Comunità europea di Difesa). Trieste e Ced furono probabilmente, in quei mesi, le questioni a cui dovette maggiormente dedicare la sua attenzione. I suoi ricordi, quindi, sono importanti e meritano di essere registrati. Ma non vi è uomo politico che nella ricostruzione degli eventi di cui fu protagonista non cerchi di perorare la propria causa e di provare l’irrilevanza delle critiche che gli sono state mosse. Quando lei incontrò Taviani negli anni Ottanta, il leader democristiano sapeva che alcuni storici (fra cui in particolare Pietro Pastorelli) avevano studiato il cruciale periodo del 1954 in cui l’Italia ottenne la zona del Territorio libero di Trieste con una intesa firmata a Londra il 3 ottobre, ma non fece nulla per impedire ch
e la Ced cadesse all’Assemblea nazionale francese in una trappola tesa da comunisti e gollisti. Lo sapeva e non voleva passare alla storia, insieme a Mario Scelba, come il complice del maggiore scacco sofferto dal processo d’integrazione europea nel corso della sua storia. Il riferimento a Pietro Quaroni non mi sembra, a questo proposito, decisivo. Quando segnalò a Roma il rischio che la Francia non ratificasse il trattato, l’ambasciatore a Parigi fece il suo mestiere di osservatore realista che non si faceva illusioni sui sentimenti europei della IV Repubblica. Ma De Gasperi, malato e prossimo alla morte, reagì a quelle previsioni esortando il governo ad agire il più rapidamente possibile. Sperava che la ratifica italiana avrebbe reso la classe politica francese più attenta e responsabile. Se si fosse trovata nella condizione di dovere ratificare per ultima, la Francia infatti avrebbe dovuto pesare attentamente il danno che la mancata ratifica avrebbe avuto per la sua immagine europea. Invece poté dire che anche l’Italia, comunque, non aveva dato prova di particolare entusiasmo.
Sergio Romano