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 2010  dicembre 14 Martedì calendario

LA SINDROME DEL TRADITORE

Il deputato Antonio Razzi, tradendo la memoria di Enrico Toti prima ancora che i dipietristi con la scelta di votare la fiducia al governo, ha detto che no, lui «non lancerà la stampella come Pietro Micca» . Se quella stampella avesse avuto in mano Alessandra Mussolini, ieri pomeriggio, l’avrebbe tirata addosso a Piero Fassino.
Cronaca diretta. L’ex segretario diessino sta rovesciando un po’ di pattume napoletano addosso al Cavaliere quando la nipote del Duce lo interrompe: «La colpa è della Iervolino!» . Rasoiata di risposta: «Onorevole Mussolini, l’onorevole Carfagna l’ha già definita egregiamente, quindi la smetta» . Non l’avesse mai detto! Come una erinni, l’Alessandra parte furiosa all’attacco per piombare sul parlamentare democratico e affondargli le unghie sul viso. Un commesso, le mani alzate per non toccare la deputatessa, le si pianta sulla strada. «Chiedo scusa» , si corregge Fassino. «Onorevole Mussolini, l’onorevole Fassino si è scusato con lei» , cerca di calmarla Fini. Lei tenta ancora uno sfondamento, poi si placa. Al punto che più tardi si farà largo fra i deputati della sinistra per raggiungere l’onorevole torinese. Due chiacchiere. Pace fatta. In realtà la parlamentare pidiellina napoletana ce l’ha soprattutto con la ministra delle pari opportunità. Spiegherà più tardi in Transatlantico: «Le ho detto: hai visto cosa hai fatto? Sei una cretina. E lei mi ha spalancato quegli occhioni da civetta» . «Vajassa» a lei! Come aveva osato, bollarla come una «vajassa» ? In realtà, il giorno dopo la prima baruffa fra le due donne, Francesco Durante aveva spiegato in un raffinatissimo pezzo sul Corriere del Mezzogiorno, che «vajassa» ha un significato diverso da come l’ha inteso Alessandra: «Vajassa verrebbe dall’arabo baassa: "serva". Da questa stessa radice si è sviluppato, lungo una direttrice più nordica (segnatamente francese e provenzale), anche il termine bagascia, che però, come ognun sa, ha un significato diverso, che a vajassa si può attribuire, e a fatica, soltanto per estensione e per traslato: quello di "donna disonesta"» . Insomma, la Mara non aveva affatto dato all’Alessandra della «bagascia» : «Nel Napoletano non è mai presa la voce Vajassa in questo significato, ma soltanto di serva» . Macché: la nipote del Duce non si è convinta affatto. Al punto che, incrociato alla buvette il ministro Paolo Romani, rincara: «Hai visto cosa ha fatto quella cretina, adesso vado a prenderla a calci» . In realtà, la Mussolini non si sarebbe lasciata convincere neanche da Benedetto Croce in persona. Perché «dietro» non c’è solo una rivalità fra due donne campane che non si sopportano ma il sospetto del «tradimento» . Il grande tema protagonista della giornata di oggi. Così ambiguo e affascinante, a modo suo, da richiamare la presenza del «Giuda Iscariota» di dodici anni fa. Cioè Silvio Liotta, il deputato diniano che nell’ottobre 1998 fece cadere il governo di Romano Prodi. Appena appare, è circondato. Come finirà stavolta? L’esperto sentenzia: «Anche stavolta si deciderà per un voto, e anche stavolta bisognerà aspettare che passi la notte» . Spiegò un giorno di tanti anni fa Giuliano Ferrara su «Micromega» , col gusto del paradosso che ha, che «tradire è bello, ma bisogna essere all’altezza del proprio tradimento» . Del resto, ribadiva Claudio Martelli, accusato dai compagni rimasti fedeli a Craxi di aver pugnalato l’uomo che gli aveva dato spazio e onori, «anche Lutero, prima, era cattolico» . Tesi che raccoglieva con gran divertimento quel provocatore di Francesco Cossiga: «Il primo voltagabbana della storia San Paolo sulla via di Damasco. Un gigante» . Ecco, nelle reciproche accuse su chi ha tradito chi, se siano più traditori quelli che hanno deciso di lasciare Berlusconi accusando lui di aver tradito prima l’idea del «partito liberale di massa» poi quella del Popolo della libertà plurale o se siano più traditori quelli che dopo essere stati eletti «contro» il Cavaliere sono oggi sul punto di donargli quei loro voti che potrebbero consentirgli di gridare vittoria e continuare a restare lì, a Palazzo Chigi, si avverte spesso una drammatica carenza di statura. Enrico La Loggia, per rimediare, tira in ballo Dante. Celeberrimo anni fa per la foga che metteva nell’azzannare i nemici di Sua Emittenza al punto di guadagnarsi da Francesco Merlo il soprannome di «dobermann del Cavaliere» (un dobermann in gessato col panciotto, i polsini e la pochette) La Loggia pareva recentemente tornato ai tempi in cui, democristiano, era così moderato ma così moderato che lo chiamavano «Richetto ’ u babbiuni» . Macché, oggi azzanna come un tempo. Attacca Gianfranco Fini alla gola citando infine l’Alighieri «che metteva coloro i quali hanno tradito la fiducia altrui in un girone dell’inferno: l’Antenora, citando il cardinale Ruggieri. Oggi Fini, ieri Ruggieri» . Il traditore del conte Ugolino. Un paragone che, vista la fine di Ugolino («La bocca sollevò dal fiero pasto /quel peccator, forbendola a’ capelli...» ) potrebbe non aver entusiasmato il presidente del Consiglio. Il quale, piuttosto, sembra gradire molto (stando ai sei applausi che gli riserva) l’intervento di Massimo Corsaro. Che, proprio mentre Fini abbandona la sua postazione tirandosi addosso le ironie successive di Maurizio Lupi, rende onore al cognome guerresco scatenando la più violenta invettiva contro il presidente della Camera. Rinfacciandogli una per una tutte le cose sulle quali ha cambiato opinione, fino a chiudere: «Forse avete ragione, non sarà corretto che i giornali vi diano dei traditori per le vostre scelte politiche, ma una cosa è certa, presidente Fini: lei ha tradito le emozioni e questo gli italiani non glielo potranno mai perdonare» . Alla buvette, mentre il dibattito va avanti, Walter Veltroni incrocia Domenico Scilipoti. Quello che, per spiegare come mai piantava in asso il partito più ferocemente antiberlusconiano cioè quello dipietrista per votare probabilmente la fiducia a Berlusconi, ha detto che il partito non aveva mai spinto la sua «proposta di legge sull’agopuntura» . L’ex segretario, per restare in tema, lo punzecchia: «Allora?» . Siparietto: «Sono in preda ai dubbi...» . «Ognuno ha una propria etica, pensaci» . «Spero che qualcuno mi illumini!» . «Guarda che non ti illuminerà nessuno...» «Beati voi che non avete dubbi. Io li ho» . Commento finale veltroniano: «Scilipoti è in preda a una crisi mistica...» . Dice Alessandro Manzoni in «Storia della colonna infame» : «È men male l’agitarsi nel dubbio, che il riposar nell’errore» . Certo è che quando Montecitorio si svuota, dopo la replica del premier, è chiaro che non saranno pochi a dormire sonni agitati. Quelli che devono ancora decidere. Quelli che hanno già deciso, come Roberto Menia. Il deputato triestino ribattezzato per anni «Roberto Mena» perché se c’era da battersi non si tirava indietro, tutto poteva immaginare nella vita, tranne di essere accusato dal Cavaliere di trescare con la sinistra: «Lei ha affermato che esiste un’unione tra la sinistra e i traditori del mandato elettorale: saremmo diventati improvvisamente tutti comunisti. Le chiedo: può decidere lei chi è nel centrodestra e chi non lo è?» . Tira fuori un vecchio giornale, lo mostra all’aula rinfacciando a «Libero» di avere pubblicato le foto dei «traditori» : «Trent’anni mi era capitata più o meno la stessa cosa, però era un giornale di estrema sinistra» . Chi non dormirà benissimo, probabilmente, è Antonio Di Pietro. Sono due, dei suoi, quelli che oggi dovrebbero votare la fiducia all’odiato Cavaliere. Gli ultimi, dopo Valerio Carrara che nel 2001 fece il salto della quaglia prima ancora che aprissero il Senato e Sergio de Gregorio che lo fece nel 2006, di una storia di candidature sbagliate. Chissà se andando a letto si ricorderà di una vanteria della lontana campagna elettorale nel Mugello: «L’altra sera vado a un incontro di agricoltori, Mi dicono: lei sostiene di essere un contadino? La mettiamo alla prova. C’era un banco pieno di ortaggi, me li fanno nominare uno a uno. Poi mi dicono: sì, però c’è qualcosa che non c’entra su questa tavola. Se lei indovina la votiamo. Io guardo e mi cade l’occhio sulle uova di galline mugellesi e in mezzo a queste uova, ecco qua, gli dico, ci sono queste uova di papera giovane!» . Chissà quando imparerà a scegliere gli uomini...
Gian Antonio Stella