MARIDA LOMBARDO PIJOLA, Il Messaggero pp. 1-10 13/12/2010, 13 dicembre 2010
SALTARE DAI BALCONI O DARSI FUOCO, COSI’ I GIOVANISSIMI SFIDANO LA VITA
Il gioco è: facciamo a chi riesce a uscirne indenne. Si gioca a morire o a farsi del male in molti modi, alcuni più di moda, alcuni meno. Va molto provare a strangolarsi, reprimere il respiro, privarsi del cibo.
Oppure saltare tra i balconi, arrampicarsi sui muri o sotto i ponti; si va affermando il gioco del bonzo (provare a darsi fuoco); appena più elitario quello di sdraiarsi sulla sede stradale o le rotaie, sfidando le auto o i treni. Il buon giocatore dev’essere narciso, compulsivo, incosciente, privo di freni inibitori. La regola consiste nel manipolare il limite dell’autotutela, spingerlo sempre più in là, come si fa nel gioco delle biglie. Le istruzioni si apprendono prevalentemente in Rete. Spopolano manuali sui temi: come vessare il proprio corpo, come giocare d’azzardo con la propria vita, come sperimentare il rischio nel modo più trendy. A questo scopo, si possono consultare appositi siti, monitorizzare Youtube, scambiare consigli in chat. Se li sentite parlare con gli amici di ”space monkey”, ”pro-Ana”, ”soft-air”, di ”parkour”, ovvero alcune delle tante locuzioni indecifrabili com’è loro vita, sappiate che dibattono su come sfregiare la propria integrità, senza nemmeno misurare il rischio.
Nel manuale del branco, (che per svecchiare ora si può chiamare crew), sono tante le opzioni da aggiungere a quella più classica, lo sballo di alcol e droghe. Da quelle più pericolose, tipo che poi alla fine sei vivo per miracolo, alle varianti meno impegnative, come spararsi addosso pallottole di plastica, o dedicarsi alle forme di autolesionismo più comuni. ”L’esperienza del limite”, la definiscono gli psicoterapeuti Magda Di Renzo e Federico Bianchi di Castelbianco, rivelando ciò che ignoriamo dei nostri figli, e che loro hanno scoperto in anni di sedute all’Istituto di Ortofonologia di Roma e in un sondaggio su 8.000 giovani di tutt’Italia tra i 12 ed i 18 anni. Hanno raccolto tutto in un testo dal titolo ”Mille e un modo per diventare adulti” (edizioni Magi), e lo hanno presentato in un dibattito nel corso del Festival delle Idee ”Diregiovani-Direfuturo”, organizzato dall’Ido a Palazzo dei congressi. «I ragazzi si muovono in aree che noi non possiamo nemmeno immaginare -spiega Bianchi- non sempre consapevoli delle conseguenze. Solo se gli adulti riusciranno a comprendere il loro mondo è possibile prevenire e canalizzare le loro energie in azioni positive». E dunque dagli adulti dipende l’opzione: capovolgere o meno quel mondo inquietante e sconosciuto, rovesciandolo in altri mondi speculari. Come quello, per esempio, dei 34.000 ragazzi di 800 scuole che spumeggiavano eccitati e rutilanti all’Eur nel loro concerti, video, mostre, spettacoli di danza di circo di teatro, determinati nel tener testa a 25 politici come Meloni, Polverini, Zingaretti, per spiegar loro come mai sette ragazzi su dieci (risulta dal sondaggio), non si fidino delle istituzioni. Ma allora chi sono davvero, i nostri figli? Questi, quegli altri, oppure tutti scompaginati in una doppia identità?
Nel loro Mistero, c’è sempre un gruppo più o meno integralista nel quale cercano appartenenza, protezione e identità, e che li suddivide in un ordine quasi militare, riconoscibile da una divisa: truzzi, coatti, pariolini, gli emo che predicano bisessualità, autolesionismo, suicidio. Riti geometrici, chiusi, circolari, che si evolvono a velocità frenetica. La musica, il rap, il metal, i graffiti, e quelli meno innocui: il policonsumo di alcol e droghe mischiate tra di loro, la dipendenza da Internet che sempre più spesso sconfina nel disturbo, il cybersex, ovvero gli scambi sessuali via web cam con conoscenti e sconosciuti, talvolta a pagamento. Il corpo viene usato per rassicurarsi riguardo al suo valore sul mercato. Oppure per disegnarci sopra una nuova identità: tatuaggi, piercing, tagli coi cocci di bottiglia o le lamette, oggetti infilati sotto le unghie o sottocute, capelli strappati. Ustioni: benzina, fiammifero, fiammata, e poi vediamo se riesco a spegnere prima del rogo. Con lo ”space monkey”, invece, si tratta di strangolarsi reciprocamente fino allo svenimento per stordirsi, ottenendo l’effetto anossia, che assomiglia a quello dello sballo. Variante, detta ”canna dei poveri”, è il trattenimento del respiro fin quasi al soffocamento, seguito dal rilascio repentino dell’ossigeno. E poi c’è la dea Ana, che raccoglie uno sterminato esercito di ragazzine attorno al culto pagano dell’anoressia. Per chi vuole rovinarsi la salute, sui siti ”pro-Ana” vengono diffusi consigli su come diventa anoressiche o bulimiche, istruzioni per il digiuno, stratagemmi diabolici per deperire, immagini scioccanti di donne scheletro paragonate a ninfe o farfalle. L’incolumità, invece, si può mettere a rischio provando a schivare in tempo utile un’auto oppure un treno, attesi in posizione supina sulla strada o le rotaie, oppure con certe grossolane imitazioni di Parkour, disciplina metropolitana nata in Francia negli anni 80, antenata del ”balconing”, il tuffo dai balconi alle piscine. Ci si esercita in salti spericolati giù dai muri, passeggiate su parapetti, scavalcamento dei balconi, arrampicamento lungo siti impervi in cima ai quali magari incidere un writing con la firma. Tutto, invariabilmente, sotto l’occhio vigile di un telefonino che riprende e poi scarica in Rete. Con il ”soft-air”, invece, si gioca alla guerra sparandosi addosso con fucili ad aria compressa, e così provocandosi ”solo” lesioni ed ematomi, sempre che l’occhio sia protetto o fuori tiro.
Il senso? «Cercano di gridare la propria rabbia contro il mondo, l’emozione che sentono negata, l’incapacità di comunicare con gli adulti», spiega Magda Di Renzo. Invocano soccorsi. Si segnalano. Rivendicano adulti curiosi, capaci di scoprire, conoscere, ascoltare. Adulti esploratori.